Turismo e le sue dinamiche in bianco e nero
Il turismo e le sue dinamiche. Tra dubbi e certezze!
È ormai storia che, a partire dalla fine degli anni ‘80, in coincidenza con l’abbandono di ogni strategia coordinatadi promozione turistica, tra tutte l’abolizione di un Ministero dedicato, da parte dei vari governi che si sono succeduti alla guida di questo paese, l’Italia abbia perso – non per sua colpa ma per clamorosi errori di gestione – molto del suo appeal sul mercato mondiale del turismo.
Nel 1989 eravamo ancora il primo paese al mondo per incoming turistico, con circa 90 milioni di arrivi, e al secondo posto arrancava la Francia praticamente doppiata (45 milioni di arrivi) e a seguire tutti gli altri.
Negli anni della crisi 2007/2013, anche a causa della totale assenza di investimenti nella promozione e nella valorizzazione conservativa del proprio patrimonio, l’Italia è precipitata in un autentico baratro, più che dimezzando le presenze e finendo dietro a Francia, Spagna, Regno Unito ma anche sotto la Germania.
Rimarrà nella storia, nonostante le successive smentite, l’uscita di Tremonti, “grande” ministro dell’economia che, nel 2010, ebbe a dire “Con la cultura non si mangia e non si vive” riferendosi al continuo taglio di fondi a favore del nostro patrimonio culturale e turistico.
Tra dubbi e certezze
I dati attuali, aggiornati ai primi mesi del 2018, presentano uno scenario altalenante: l’Europa nel suo insieme è la destinazione privilegiata dal turismo internazionale, con 620 milioni di arrivi, circa il 50% dei flussi mondiali complessivi.
La Francia è, ormai da molto tempo, il primo mercato di riferimento con 85 milioni di arrivi; la Spagna è stabilmente seconda con 60 milioni di arrivi e, finalmente, l’Italia è risalita al terzo posto con poco meno di 48 milioni di arrivi. Seguono Germania, Regno Unito, Russia, Austria, Grecia e Croazia, queste ultime soprattutto grazie all’offerta balneare.
A livello planetario, l’Italia si colloca al quinto posto perché nella classifica mondiale si inseriscono anche USA, al secondo posto, e Cina al terzo.
Per quanto riguarda invece il numero di “presenze” (cioè i pernottamenti turistici complessivi, con dati aggiornati al 31-12-2017) c’è un cambio al vertice tra le prime due, con la Spagna che registra un totale di 471 milioni di presenze (+3,6% sull’anno precedente), la Francia con 431 milioni (+6,6% rispetto al 2016) e al terzo posto ancora l’Italia, che nel 2017 registra 425 milioni di presenze con un incremento del +5,4% sul 2016.
Seguita a ruota dalla Germania con poco più di 400 milioni di presenze.
Un altro dato interessante, leggendo i numeri, è riferito ai flussi turistici di persone provenienti da Nazioni esterne alla Comunità Europea. Ad esibire il dato più importante di accoglienza di turisti provenienti da altri continenti è ancora la Spagna, che nel 2017 ha registrato ben 307 milioni di presenze extraeuropee, pari al 19% del totale comunitario. In Italia sono state 207 milioni, quasi il 50% del dato complessivo delle presenze turistiche del Bel Paese.
I numeri dell’Italia
I rapporti specializzati in analisi della domanda/offerta turistica identificano per il nostro Paese nove segmenti turistici primari, in ordine decrescente per volumi: Culturale / Balneare / Montano / Agriturismo / Enogastronomico / Crociera / Termale / Business / Congressuale.
La Germania si conferma come nostro primo mercato di riferimento con 53,3 milioni di presenze, mentre per la prima volta, nel 2017, la Cina entra nella top 10, con 5,4 milioni di presenze.
I territori italiani più frequentati dai turisti sono le città d’arte del Centro-Nord, con Roma che ha ancora un ruolo dominante rispetto alle altre destinazioni urbane, seguita da Milano che si conferma da anni in crescita e che ha ricevuto grazie a Expo una spinta importante; seguono e la costa adriatica veneta e romagnola. Torino nel 2017 entra per la prima volta nella top 10.
Un altro importante elemento unisce infine la maggior parte delle regioni: la dipendenza dal mondo di lingua tedesca.
In quattordici regioni italiane la Germania è il primo mercato incoming, in altre cinque costituisce il secondo o il terzo mentre solo nel Lazio e in Valle d’Aosta non è presente tra i primi tre.
A questo punto, a chiunque viene facile ipotizzare quali possono essere le regioni ai vertici della classifica: il Lazio con la sua “città eterna”, o la Toscana con i suoi gioielli architettonici e le atmosfere della campagna… sbagliato!
La regione italiana più attrattiva per i turisti che arrivano da ogni parte del mondo è il Veneto.
Con oltre 19 milioni di arrivi e oltre 69 milioni di presenze, surclassa qualsiasi concorrenza con statistiche che, però, devono far riflettere su quanto è deficitaria, a livello nazionale, la politica di valorizzazione e promozione turistica complessiva.
A scapito di grandiose emergenze e opportunità che tutto il nostro territorio possiede.I dati di incoming del Veneto sono più che tripli rispetto a quelli della Campania, che registra 19 milioni di presenze, e superano di quasi cinque volte quelli della Sicilia che registra poco meno di 15 milioni di presenze.
La spesa dei turisti
Secondo i dati del World Travel and Tourism Council, la nostra industria turistica vale 70,2 miliardi di Euro (ovvero il 4,2% del Pil) che salgono a 172,8 miliardi di Euro (il 10,3% del Pil), se si aggiunge anche tutto l’indotto. Dal punto di vista occupazionale sono circa 2,7 milioni i lavoratori nel settore.
Per quanto riguarda l’incoming, la spesa turistica degli stranieri, nel 2017, registra un altro record raggiungendo quota 36,4 miliardi di Euro, più del 50% dell’importo complessivo.
La torta della spesa incoming vede al primo posto il Lazio, con 6,4 miliardi di Euro lasciati dagli stranieri, poi la Lombardia e il Veneto con circa 6 miliardi e, a distanza, la Toscana con 4,1 miliardi, poi il Trentino Alto Adige e l’Emilia Romagna con 2 miliardi.
La prima regione del Sud è la Campania con 1,8 miliardi di Euro, seguita dalla Sicilia con circa 1,5 miliardi, che si trova in compagnia di Piemonte e Liguria attestati sulla stessa cifra.
Il meridione, tutto insieme, attrae appena 5 miliardi, sostanzialmente un miliardo in meno di quanto incassano, da sole, il Veneto e la Lombardia.
Perché il Veneto?
Mare, Dolomiti, Venezia.
Questo cocktail perfetto di suggestioni fa del Veneto la più visitata delle Regioni italiane, l’unica nella Top Ten delle Regioni Turistiche in Europa, che vede al primo posto le Canarie (Spagna) con oltre 90 milioni di “notti” passate nell’arcipelago dai turisti, poi l’Ile de France e Parigi con 77 milioni di “notti”, ancora la Spagna con Barcellona e la Catalogna – 76 milioni di pernottamenti, a pari merito la costa adriatica della Croazia e le Isole Baleari (Spagna) con 70 milioni di pernottamenti, e, al sesto posto, il Veneto con 69 milioni, davanti all’Andalusia (Spagna) e alle francesi Provenza-Costa Azzurra e Rhone Alpes. Al decimo si piazza la regione inglese Inner London, con 45 milioni di pernottamenti e, fuori dalle prime dieci, la Toscana con 44 milioni di presenze.
Dalle magie uniche di Venezia, passando per l’accoglienza dei grandi numeri balneari di Jesolo, Caorle, Bibione, per arrivare ai capolavori di pietra delle Dolomiti, di cui il Veneto detiene il 70% della superficie complessiva, c’è un “universo turistico minore” che poi tanto minore non è.
Il Veneto è un insieme, armonico e ricchissimo, di offerte turistiche: città d’arte come Verona, Padova e Vicenza, luoghi unici al mondo come le isole di Murano, Burano e Torcello, ma anche territori vocati alla più alta enogastronomia come le colline del Prosecco nel trevigiano, la zona del Soave nel veronese.
E poi il turismo sport-active sul Lago di Garda, a Cortina d’Ampezzo, sull’altipiano dei Sette Comuni e in altre vallate montane per gli appassionati di montagna, e quello termale di Abano e Montegrotto, nel padovano.
Diversificazione, ma anche grande impegno nella promozione complessiva del prodotto turistico “Veneto” in tutte le sue sfaccettature, questa la strategia vincente che nessuna delle altre regioni è ancora stata in grado di attuare con le stesse dinamiche. Qualche esempio?
Roma è Roma, e nulla sembra centrare con le pur incredibili valenze dei suoi tanti territori: le zone etrusche, spesso abbandonate al degrado come le antiche necropoli di Norchia; ma anche patrimoni archeologici sconosciuti come Norba e le sue mura megalitiche, e ambienti naturali straordinari tra cui le aree vulcaniche di Manziana e la vallata di Monterano con la sua città fantasma.
Aree appenniniche che potrebbero proporre montagna “autentica”, e luoghi come Calcata, Civita Castellana, Viterbo… un immenso patrimonio che scivola, lentamente, nell’oblio, mentre nel resto del mondo ogni piccola emergenza storica, culturale, naturalistica diventa “valore aggiunto” per le proposte turistiche.
La Lombardia non è da meno. Milano è una città internazionale capace di attrarre grandi flussi e offrire molto, dal Duomo all’Ultima Cena leonardiana passando per l’hospitality e l’enogastronomia di lusso.
E sul resto?
Sui capolavori rupestri della Valcamonica, unici al mondo? Sul fascino delle grandi montagne tra la Valtellina e la “regione dei laghi”? Sulle suggestioni antiche di alcuni angoli di pianura padana impreziositi dalla abbazie cistercensi? Poco o nulla si fa e si sa.
Il peggio: il caso Sicilia
La magnifica isola è il simbolo della disfatta turistica causata da: mancanza di visione globale del mercato turistico; mancanza di programmazione; mancanza di promozione coordinata.
I suoi sei siti Unesco rappresentano quasi un ottavo del patrimonio nazionale. Possiede testimonianze di una storia e cultura bimillenaria, ed emergenze ambientali e naturalistiche – Etna, aree costiere, isole annesse – uniche al mondo. Eppure, tra le grandi regioni, è il fanalino di coda del turismo italiano, con circa due milioni di arrivi per turismo.
Attira meno di un quinto dei turisti – oltre 11 milioni – che frequentano le spagnole Isole Baleari, sicuramente interessanti per le proposte legate alla vacanza al mare, ma il loro appeal finisce lì…
Ma in Sicilia i turisti non ci arrivano perché è lontana dai flussi turistici?
Certo, poiché i dati dicono che, oltre ai voli di linea, anche i voli charter sulle Baleari sono in numero 14 volte superiore a quelli su Palermo, Catania, Trapani o Comiso. Ma i voli aerei sono una conseguenza della programmazione e della promozione, non un dettaglio che si evolve “per caso”!
Eppure il Parlamento della Regione Autonoma Siciliana costa il doppio di quello della Lombardia e un sesto dell’intera Camera dei Deputati nazionale, e la Regione Sicilia, da sola, spende oltre un terzo dell’intero ammontare – 1,5 miliardi di euro – dei soldi pubblici destinati agli Enti Regionali.
Il meglio: il caso Trentino Alto Adige
Subito dietro al Veneto, nella classifica dei luoghi più gettonati dal turismo sia italiano che straniero, non troviamo però altre grandi regioni piene di tesori storico-architettonici, bensì un piccolo territorio ricco solo di montagne, prati, boschi, e anche di tantissime attività sportivo-ricreative da praticare nell’ambiente naturale… con circa 50 milioni di presenze annue, il piccolo Trentino Alto Adige e la sua Natura rigogliosa rappresentano il sogno di tutti i turisti che vogliono vivere in modo dinamico e attivo il proprio tempo libero!
Ma allora perché non compare nella classifica delle regioni più turistiche d’Europa?
Semplicemente perché, trattandosi di due Provincie Autonome, i dati vengono letti disaggregati. Analizzandoli insieme, con 30 milioni di presenze nella Provincia Autonoma di Bolzano e 20 milioni in quella di Trento (dati aggiornati 31-12-2017) il Trentino Alto Adige soffia il decimo posto alla regione di Londra nella classifica europea di incoming turistico.
Ma c’è un altro dato importante: Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio sono grandi regioni con una grande massa di abitanti; il Trentino Alto Adige, nel suo complesso, ha il numero complessivo di abitanti di una singola città di media grandezza.
Perciò, se come dato di riferimento si considera il numero di presenze turistiche in relazione agli abitanti della specifica regione, il Trentino Alto Adige balza inesorabilmente in testa alla classifica dei luoghi più gettonati dal turismo in Europa, con 43 presenze turistiche per ogni abitante residente.
Per fare un riferimento importante, e smentire la leggenda metropolitana che vorrebbe la piccola regione alpina virtuosa perché “mantenuta” dallo Stato Italiano, il Trentino Alto Adige risulta, nell’elenco dell’erogazione dei soldi pubblici destinati agli Enti Regionali, la più parsimoniosa e all’ultimo posto della classifica dei contributi erogati dal governo centrale alle Regioni Italiane, con un importo complessivo di 8,1 milioni di Euro… un quindicesimo di quanto erogato alla Sicilia.
Qualche riflessione
Partendo dal presupposto che, per quanto affascinanti siano le scenografie alpine di Trento e Bolzano, e ottimamente organizzato il comparto turistico di questa regione (ancorché privo di qualunque scalo aereo diretto), non è possibile fare un confronto con l’immenso patrimonio culturale siciliano, né con la varietà di proposte naturalistiche e ambientali, dall’Etna alle sue meravigliose coste, passando per una moltitudine di ambienti geoclimatici.
Inoltre, la stagionalità balneare è decisamente più lunga di quella montana, perciò, come può spiegarsi il differenziale tra i 50 milioni di presenze turistiche del Trentino Alto Adige in rapporto ai 14,5 milioni della Sicilia?
Qualche risposta: nella piccola regione alpina, come si è visto dal dato presenze turistiche/abitanti, il turismo è, da almeno mezzo secolo, un’attività industriale che esige innanzitutto tutela e valorizzazione del patrimonio comune (in questo caso la Natura), e quindi programmazione, investimenti sul futuro, un sistema coordinato e omogeneo di comunicazione e promozione, contestualmente alla qualificazione delle infrastrutture turistiche e ricettive e al miglioramento e ottimizzazione dell’accoglienza.
È evidente a chiunque si occupi di mercato turistico, leggendo e studiando i “numeri”, quanto il nostro Paese potrebbe ricavare da una politica coordinata e di lungo termine sulla valorizzazione/promozione omogenea di questa immensa, ma ancora molto sottovalutata, risorsa.
Con buona pace di quanto ancora danno credito all’aforisma tremontiano, pronunciato quando già si percepivano i prodromi dell’esplosione turistica che ha contagiato il mondo nell’ultimo decennio, e di cui l’Italia, per scelte ottuse e poco accorte, ha beneficiato solo in minima parte.
Ma ben prima e ben di più della promozione, dovrebbe essere nell’agenda di ogni Regione la riqualificazione, riorganizzazione, valorizzazione della risorsa Turismo, a prescindere dalle scelte che chi dirige il sistema-Paese fa o farà per favorire e rilanciare questo settore.
Gli ultimi governi, nonostante il recente e positivo volontarismo di Dario Franceschini, hanno fatto più danni che benefici al mondo del turismo italiano… e dio ci protegga da quelli che, in questi giorni, alcuni parlamentari europei hanno definito “i nuovi barbari”, e che, tra litigi, incomprensioni, equivoci, ambiguità e fame di potere, si apprestano a governarci!