Una nuova legge europea sul clima per la neutralità climatica del continente
Parlamento Europeo, Commissione UE e Consiglio hanno trovato un'accordo per una legge sul Clima che accompagni il continente verso la neutralità climatica. Le date fondamentali sono il 2030 e il 2050, che segneranno il dimezzamento e poi l'azzeramento delle emissioni nette di CO2. Le associazioni ambientaliste hanno giudicato il provvedimento ancora insufficiente per raggiungere gli obiettivi stabiliti dagli accordi sul Clima di Parigi.
L’Unione Europea ha trovato ieri un accordo per una nuova legge europea sul clima, per rafforzare l’azione di contrasto ai cambiamenti climatici.
Dopo settimane ditrattative il Parlamento Europeo, la Commissione UE e il Consiglio sono giunti ad un accordo che prevede nuovi obiettivi per i prossimi anni.
In particolare sono stati fissati obiettivi più ambiziosi nel calo delle emissioni fissate per l’anno 2030 ed è stato confermato l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica del continente entro il 2050.
Passa dal 40 al 56% la percentuale di riduzione di emissioni di CO2 che l’Unione Europea dovrà raggiungere entro il 2030, un importante traguardo per raggiungere l’obiettivo della neutralità fissato per la metà di questo secolo.
Il 2050 dovrà infatti segnare l’inizio delle emissione nette zero di CO2, questo significa che la somma tra l’anidride carbonica prodotta dalle attività umane e quella assorbita, per esempio dalle foreste, dovrà essere pari a zero.
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La Commissione, che aveva chiesto numeri più ambiziosi, ha ottenuto l’istituzione di un Comitato Consultivo Scientifico Europeo sul Clima che avrà il compito di monitorare i progressi climatici europei e il rispetto degli obiettivi intermedi. Inoltre questo organo avrà un ruolo consultivo nelle politiche industriali ed economiche europee.
Presto l’accordo diventerà Legge Europea
Questo accordo sarà formalizzato in una Legge Europea nelle prossime settimane ed è un importante passo per il cosiddetto Green Deal Europeo, quel piano approvato nel 2019 dal Consiglio Europeo col fine di portare l’Europa verso la neutralità climatica, attraverso un processo trasversale di transizione ecologica.
Proprio nel solco del Green Deal sono arrivati i primi provvedimenti di sostegno alla riconversione industriale dell’Unione Europea, oltre ai diversi bonus e incentivi che gli Stati hanno riconosciuto all’edilizia privata per un globale efficientamento del patrimonio immobiliare.
Anche per la mobilità, fondamentale in questo processo, sono già stati previsti bonus e incentivi per accompagnare la transizione verso un trasporto pubblico sostenibile, basato sull’elettrico, l’idrogeno e la mobilità urbana dolce: incremento del trasporto pubblico, delle piste ciclabili e delle aree pedonali.
La pandemia ha ulteriormente accelerato questo processo, infatti l’enorme piano finanziario Next Generation EU, messo in atto dall’Unione Europea per spingere la ripresa post pandemica nell’eurozona ha la transizione ecologica e la sostenibilità tra i suoi capisaldi.
Questo significa che buona parte dei fondi e dei finanziamenti riconosciuti agli Stati Membri dovranno essere destinati a progetti per la conversione ecologica delle economie nazionali.
Obiettivi misurabili e attuabili nel giro di pochi anni, che vanno dalle energie rinnovabili, al superamento delle fonti di energia fossili, all’edilizia fino alla tutela degli ecosistemi naturali.
La delusione del mondo ecologista
L’entusiasmo per questo accordo è stato però smorzato dalle organizzazione ambientaliste dei diversi paesi europei, che hanno giudicato il piano deludente.
Non sono stati accolti alcuni fondamentali obiettivi indicati dagli scienziati e nemmeno le richieste del Parlamento Europeo, in pratica è stato un accordo al ribasso che rischia di non raggiungere gli obiettivi prefissati.
Infatti, secondo WWF e Legambiente, non sono presenti nell’accordo alcuni passaggi fondamentali, come la cancellazione di incentivi per le industrie inquinanti e dei sussidi pubblici ai combustibili fossili.
Su questi temi ha pesato molto la posizione del Consiglio Europeo, organo composti dai rappresentanti degli Stati Membri, che non ha accolto la richiesta di togliere ogni supporto economico ai combustibili fossili.
Ancora oggi, infatti, una quantità considerevole dell’energia elettrica prodotta nell’Unione Europea proviene dallo sfruttamento del carbone: circa un quinto del totale.
La Polonia, per esempio, deve alle centrali a carbone il 70% del suo fabbisogno energetico, perfino la Germania produce il 25% della sua elettricità con questo combustibile.
Ecco perché questo provvedimento non è riuscito a passare nel Consiglio Europeo, organo ancora troppo espressione degli Stati Nazionali, che deve assumere buona parte delle sue decisioni all’unanimità o maggioranza qualificata.
L’approvazione dell’accordo, avvenuta formalmente il 21 aprile, arriva il giorno precedente al vertice sul clima tra quaranta stati organizzato dal Presidente USA Joe Biden per fare il punto sulle azioni globali di contrasto al cambiamento climatico.
Un accordo che, probabilmente, ha avuto un’accelerazione per cercare di concludere l’iter prima di questo appuntamento internazionale, ma che dovrà essere completato da ulteriori provvedimenti ancor più concreti e ambiziosi.
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