Valanga uccide tre alpinisti al confine tra Italia e Svizzera, sopravvissuti sotto shock

Tre scialpinisti sono rimasti uccisi da una slavina a Punta Val Grande, in Piemonte, inutili gli airbag anti-valanga. Gli altri due membri del gruppo salvati dai soccorsi: "Li abbiamo visti scomparire sotto la neve".

13 gennaio 2025 - 11:30

Tragedia valanga in Punta Val Grande: tre sci alpinisti perdono la vita

Una valanga improvvisa ha travolto ieri un gruppo di sci alpinisti nella zona di Punta Val Grande, sulle Alpi Lepontine, al confine tra Italia e Svizzera.

L’incidente, verificatosi a quota 2.856 metri nel territorio di Trasquera, ha causato la morte di tre persone, mentre due sono riuscite a salvarsi, pur profondamente scosse dall’accaduto.

Le vittime sono Matteo Auguadro, 48 anni, velista e Matteo Lomazzi, operaio di 34 anni, entrambi di Verbania,  e Gaudenzio “Enzo” Bonini, 65, di Ghiffa, titolare di un’autoscuola.

Uno dei due sopravvissuti ha dichiarato: “Ho visto i miei amici scomparire sotto la neve, è un incubo“.

Un’escursione che si trasforma in tragedia, la ricostruzione 

Il gruppo, composto da cinque esperti alpinisti, aveva programmato un’escursione nella Val Divedro, sul versante piemontese delle Api Lepontine.

Dopo una prima discesa con gli sci, si erano diretti verso l’Alpe Veglia, abbandonando i sentieri battuti per esplorare un territorio meno frequentato.

Nonostante la preparazione e le attrezzature adeguate, la montagna si è rivelata implacabile.

Il gruppo, dopo una lunga salita con gli sci e successivamente con i ramponi, ha raggiunto Punta Valgrande e ha affrontato un tratto insidioso caratterizzato da accumuli di neve notoriamente instabili.

Mancavano pochi passi alla vetta quando, all’improvviso, la valanga si è staccata.

È probabile, secondo la ricostruzione, che il peso degli alpinisti abbia innescato il distacco della massa nevosa.

In pochi istanti, tre di loro sono stati inghiottiti dalla massa nevosa.

I due sopravvissuti sono stati trascinati per pochi metri e sono riusciti a lanciare l’allarme e ad avvicinarsi al punto in cui i loro compagni erano scomparsi.

Le tre vittime invece si trovavano nella parte più esposta del pendio e sono stati trascinati a valle per quasi 500 metri.

Quando le squadre di soccorso sono arrivate sul posto, non c’era più nulla da fare per gli altri tre membri del gruppo.

Il bollettino dell’Arpa Piemonte, emesso il giorno precedente, segnalava un livello di rischio valanghe “marcato” (grado 3 su una scala di 5).

Il documento metteva in guardia contro i pericoli degli accumuli di neve ventata e sottolineava la necessità di un’attenta valutazione degli itinerari.

Nonostante le avvertenze, i cinque amici, esperti scialpinisti, avevano deciso di proseguire, equipaggiati di tutto il necessario per garantire la massima sicurezza.

Soccorsi tempestivi, ma inutili, così come gli airbag anti valanga

Nonostante l’arrivo rapido dei soccorritori e l’uso di dispositivi come Artva, pale e sonde, le condizioni delle vittime erano disperate.

Gli airbag antivalanga, che avrebbero dovuto aiutarle a rimanere in superficie, si sono attivati durante la caduta, ma non sono stati sufficienti a salvarle.

Il servizio di QN

Gli sforzi per rianimarli si sono rivelati vani, e i corpi sono stati recuperati nel pomeriggio.

I due sopravvissuti, rimasti illesi fisicamente, sono stati trasportati a Verbania, dove saranno ascoltati dalla Procura per fornire ulteriori dettagli sull’accaduto.

Il presidente del Soccorso Alpino piemontese, Luca Giaj Arcota, ha commentato la tragedia: “La montagna non consente mai di abbassare la guardia. Oggi piangiamo la perdita di tre alpinisti esperti che avevano fatto tutto il possibile per minimizzare i rischi, ma contro la forza della natura non sempre è possibile vincere“.

 

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