Un trekking di 2500 chilometri, a passo di mulo, per raccontare l’Italia rurale: il progetto Woodvivors
Un viaggio lento alla scoperta delle tradizioni contadine e della cultura rurale, in compagnia di due mule e un asino, con l'obiettivo di realizzare un documentario che racconti il mondo contadino, con i suoi ritmi e le sue storie antiche.
Il trekking è un modo di viaggiare e di scoprire: attraversare i territori a passo lento, permette di coglierne sfumature e storie che possono essere svelate solo prestandoattenzione.
Si parla di viaggio lento o esperienziale, per contrapporlo a quello di massa, mordi e fuggi, poco interessato a conoscere davvero i luoghi visitati.
Il trekking però può essere anche una filosofia di vita, rallentare il ritmo per riappropriarsi dei propri tempi, un richiamo alla semplicità e alla lentezza.
Semplice come il procedere della vita nelle campagne e in quell’Italia rurale in cui lo scorrere del tempo è segnato ancora dai ritmi della natura, dal passare delle stagioni e dai tempi degli antichi mestieri che resistono alla frenesia.
Proprio per raccontare la civiltà contadina che ancora segue i propri tempi sopravvivendo all’urbanizzazione, Francesco Paolo Lanzino ha organizzato un lungo trekking che andrà alla scoperta di un sapere coltivato per centinaia di anni, che rischia ora di andare perduto per sempre.
Un itinerario di 2500 chilometri che inizierà da Pantelleria per arrivare fino in Piemonte, seguendo in buona parte il tracciato del Sentiero Italia CAI, un percorso di riscoperta delle tradizioni contadine dell’Italia rurale.
Un viaggio a piedi in compagnia di due mule e di un asino, animali che simboleggiano il lavoro nelle campagne. L’obiettivo sarà mostrare quei territori in cui ancora le nostre radici sopravvivono, nonostante le minacce dello spopolamento delle campagne.
Durante le tappe di questo lungo trekking sarà realizzato un documentario che farà riscoprire queste tradizioni antiche. Un progetto per raccontare uomini, antichi mestieri e territori di un’Italia che rischia di scomparire ma che potrebbe diventare una grande opportunità per i giovani e tutti coloro che cercano una vita più sostenibile.
Ci facciamo raccontare da Francesco Paolo Lanzino le origini e lo sviluppo di questo progetto.
Francesco, com’è nata la tua passione per il trekking e quando hai iniziato ad interessarti all’Italia rurale e alla civiltà contadina?
Sin da piccolo pratico sport all’aria aperta, nello specifico quello della vela.
Crescendo ho iniziato ad utilizzare le competenze acquisite di orientamento e meteorologia per poter viaggiare in autonomia e autosufficienza lungo alcuni dei sentieri più rinomati in Europa.
Nel 2016 durante un’escursione sui Nebrodi avvenne un incontro che mi ha segnato particolarmente ed ha fatto scattare in me una riflessione su ciò che resta della civiltà contadina. Giacomo Mancuso vive in autosufficienza con i suoi muli, le sue pecore, le sue api in una vallata tra i Nebrodi.
Le abilità di Giacomo come contadino, mulattiere ed apicoltore e il suo impegno per sostentarsi indipendentemente con i suoi animali e la sua terra sono a dir poco straordinarie.
Ho passato qualche giorno da Giacomo, mi ha mostrato la vita di campagna ed è stato lui che mi ha spronato a partire alla scoperta del mondo contadino.
Per realizzare questo progetto, che sfocerà in documentario, avrai realizzato molte ricerche e studi. Com’è la situazione dell’Italia agricola oggi, con i suoi mestieri e le sue tradizioni?
Negli ultimi anni mi sono dedicato ad alcuni lavori tipici della civiltà contadina come l’allevamento ovino e caprino, la vendemmia, la stagione delle potature proprio per prepararmi al viaggio e trovare ispirazione per la stesura del documentario.
Sicuramente il progressivo spopolamento di campagne e dei paesi rende sempre più fragile il patrimonio culturale del mondo rurale italiano, affidato agli anziani che hanno vissuto un altro tempo e ai pochi giovani che raccolgono il testimone.
Questa situazione in Italia è complicata dalla moltitudine di culture estremamente diverse seppure sempre radicate nel territorio, un vero e proprio tesoro. Questo prezioso bagaglio culturale di tecniche, tradizioni, ricette, musiche e superstizioni, solitamente tramandate oralmente, rischia di scomparire per sempre.
Com’è nato questo progetto e come ti è venuta l’idea di seguire il Sentiero Italia CAI per raccontare questo lato nascosto dell’Italia?
Nel 2017 ho avuto la fortuna di affrontare uno dei miei trekking in compagnia di un mulo. Da subito ho preso coscienza del fatto che sarebbe stato un viaggio molto diverso dai precedenti, seppur sui sentieri siciliani, che conoscevo già bene.
Il mulo, in quanto protagonista indiscusso della civiltà contadina, ti consente di entrare in contatto con gli anziani abitanti dei luoghi che attraversi, facendogli riaffiorare i ricordi del loro passato molto spesso già quasi dimenticato.
Il sentiero Italia CAI, percorrendo l’intera penisola italiana lungo le sue aree montane e rurali, è un vero e proprio filo che unisce tutte queste piccole realtà, apparentemente solitarie ma in realtà unite proprio da questo sentiero che ricalca le orme delle antiche vie percorse dai mercanti e dai pellegrini per muoversi lungo la penisola italiana.
Siamo fieri ed orgogliosi di poter vantare una collaborazione con il CAI e con il gruppo del SICAI che saranno al nostro fianco durante tutto il viaggio fornendoci supporto logistico e sul campo.
Il progetto si chiama “Woodvivors – l’Italia a passo di mulo”, da dove nasce il nome e perché hai scelto il mulo come compagno di cammino?
darsi alla macchia [fare perdere le proprie tracce] ≈ buttarsi (o darsi) alla campagna, latitare, nascondersi, (lett.) rinselvarsi.
Viviamo in una società che, in nome della sicurezza, anno dopo anno proibisce e mette vincoli sulle produzioni alimentari. Così fare la salsa in casa, cuocere il formaggio sul fuoco vivo, allevare un maiale per fare salumi diventa illegale. O meglio, è vietato dalla legge commerciare questi prodotti.
Eppure il pastore Polifemo dell’Odissea, libro alla base della cultura occidentale, faceva il pastore, il ricottaro!
Ecco, tutto questo legiferare sta rendendo un mestiere antico come la nostra cultura, impossibile ai più, se non addirittura illegale.
Per fortuna, ancora oggi, ci sono persone che hanno deciso di non riconoscersi in questo “progresso” e continuano a vivere ai margini di questa società che ci viene imposta, portando avanti, nonostante le mille difficoltà, mestieri, tradizioni, usi e costumi, canti, balli, credenze e superstizioni.
Ecco, loro sono i Woodvivors, i macchiaioli a cui un giorno tutti dovremo tanto.
Il mulo è un animale sterile la cui origine si perde nell’antichità, è un incrocio tra l’asino stallone e la giumenta. Esso rappresenta il ponte che ci lega al passato.
Le persone anziane che lo vedono per le strade, mi fermano e raccontano le loro storie legate all’ animale. Il mulo è un simbolo per le vecchie generazioni che rappresenta il lavoro. Veniva utilizzato per arare, trasportare e per macinare il grano. Adesso queste funzioni sono state completamente sostituite dalle macchine, ecco il perché della mia scelta.
Il mulo è probabilmente l’animale che ha contribuito più di tutti allo sviluppo della civiltà per come si presenta ai giorni nostri.
Il mulo, infatti, è forse l’animale che dalla sua nascita e terra d’origine più si è adattato a variazioni geografiche, culturali e funzionali attraverso diverse e lontane fasi storiche, grazie alla sua capacità di adattarsi a pressoché qualunque territorio, di cibarsi di erbe spontanee e di godere di un incredibile resistenza allo sforzo fisico.
Quale è l’obiettivo del progetto, cosa vorresti trasmettere a chi guarderà il documentario?
Possiamo imparare qualcosa dal passato? Esiste un modo diverso, più ciclico, che non si basi solo sul profitto, che tenga conto delle stagioni e del territorio, di intendere la produzione di beni di prima necessità?
Cosa rimane degli antichi mestieri, delle antiche saggezze? Queste sono le domande che ci spingono ad intraprendere questo progetto al fine di produrre una testimonianza della vita rurale nel 2021 come una vera e propria ricerca antropologica sul campo.
La realizzazione e produzione di un film/documentario, consente inoltre il miglioramento della leggibilità culturale della penisola italiana.
Non si tratta di una ripresa asettica del passato, ma uno studio critico, che parte dalle nostre radici per arrivare al presente, guardare al passato per costruire un futuro sostenibile, valorizzando le peculiarità dei territori che compongono il Paese.
Come hai organizzato il viaggio a livello logistico, quali sono le tappe principali e quali persone incontrerai lungo il cammino?
Abbiamo diviso il percorso in 115 tappe da circa 20 km, che affronteremo nel corso di sei mesi. Le mule e i viaggiatori si muoveranno lontano dai grossi urbani, lungo le dorsali appenniniche, seguendo il sentiero Italia CAI.
Ad accompagnarci ci sarà un furgone, fondamentale per le necessità della produzione cinematografica, che ci seguirà a fondovalle e con cui i viaggiatori si incontreranno ogni due tre giorni per essere riforniti di tutto ciò che hanno bisogno: cibo, fieno per le mule, batterie cariche e memorie vuote.
L’itinerario potrebbe essere percorso in quattro mesi, ma abbiamo deciso di concederci un po’ più di tempo per avere la possibilità di soffermarci nei luoghi di maggior interesse o di riprendere un processo produttivo dall’inizio alla fine.
Abbiamo pianificato solo alcuni incontri principali e ci siamo messi in contatto con diverse guide locali che ci aiuteranno nella nostra ricerca di coloro che ancora ricordano i mestieri e gli stili di vita tradizionali, ma abbiamo mantenuto un’organizzazione flessibile, in modo da adattarci agli incontri che faremo lungo la strada.
L’itinerario affronterà svariate regioni: Sicilia, Calabria, Basilicata, Campania, Abruzzo, Lazio, Molise, Marche, Umbria, Emilia-Romagna, Toscana, Liguria per giungere in Piemonte.
Il tutto attraversando i maggiori parchi italiani: Pantelleria, Madonie, Nebrodi, Etna, Aspromonte, Sila, Pollino, Appennino Lucano, Gran Sasso, Majella, Monti Sibillini, Foreste Casentinesi, Appenino Tosco-Emiliano ed Alpi Apuane.
Manca ormai poco alla partenza, pronto a metterti in cammino? Quando potremo vedere il documentario?
Non vedo l’ora di partire, questo per me è il momento più stressante, poiché bisogna organizzare tutto nei minimi dettagli. Sono quasi pronto, con il resto dell’equipe stiamo organizzando gli ultimi preparativi e sbrigando tutto ciò che serve per non avere intralci durante il percorso. Il documentario sarà pronto per la fine del 2022, e come data di uscita stiamo valutando il 2023.
Seguici sui nostri canali social!
Instagram – Facebook – Telegram