ABITARE LA MONTAGNA: il legno e la pietra

18 marzo 2020 - 4:49

Non semplici abitazioni ma microcosmi privati, riparo dalla severità e dal rigore della natura, piccole economie domestiche rurali, fonti inesauribili di vita e sostentamento.

Come possano la pietra e il legno racchiudere così tanta energia si può comprendere dalla fatica e passione che l’uomo ha dedicato alla costruzione dei ricoveri di montagna, in un’epoca in cui le vie di comunicazione erano pressoché inesistenti e il trasporto delle materie prime avveniva solo a dorso di mulo.

Elemento facilmente reperibile nei boschi delle Alpi e dell’Appennino, il legno rappresentava la materia di più immediato utilizzo per le abitazioni di alta quota. In questi luoghi, in cui trasportare la pietra costava un impegno troppo grande, il legno era una mano amica che la natura tendeva all’uomo, e non solo per la costruzione di ripari o per alimentare il focolare. Basti pensare all’Appennino e ai tipici sechèisu o abèrgu, immersi nei boschi o integrati nei centri rurali, oppure alle Alpi Cozie dove l’uso del legno era fortemente radicato nella costruzione dei tetti a scandole, coperture spioventi realizzate in larice e lavorate con apposite scanalature per far scorrere più agevolmente l’acqua piovana.

Anche la pietra, da sempre sinonimo di forza, solidità e stabilità, veniva inserita come elemento portante di molte abitazioni di montagna: ad esempio, il basamento su cui poggiano le case walser e i tabià dell’Ampezzano fornisce stabilità alla struttura, mentre i muri perimetrali interni fatti in pietra davano la possibilità di tenere costantemente acceso il focolare dentro le case evitando il rischio d’incendi. I tetti di molte abitazioni di montagna, fabbricati in pietra o ardesia, talmente aguzzi da far defluire velocemente l’acqua piovana e impedire alla neve di far troppo peso, sembrano voler mimetizzare i suoi abitanti con le rocce dei crinali. Altro esempio di utilizzo della pietra sono le caselle, costruzioni realizzate sovrapponendo pietre “a secco” lungo cerchi concentrici che si restringono verso l’alto, “igloo” in pietra perfettamente inseriti nel paesaggio appenninico, utilizzati come ricovero stagionale per i pastori.

Unione di contrasti

Esistono poi esempi di architettura più complessa, come la baita, piccola costruzione con pareti in pietra o legno, con funzioni di dimora permanente o stagionale che si incontra solitamente nelle aree alpine più elevate. A questo concetto è facile associare le declinazioni più diverse dell’abitazione di montagna, masi, malghe e tabià, termini differenti per indicare edifici adibiti a stalla e fienile, utilizzati in origine come dimora temporanea nel periodo dell’alpeggio. È proprio in queste costruzioni che il forte contrasto tra legno e pietra, due materiali così distanti, si unisce in una simbiosi perfetta. Queste costruzioni poggiano solitamente su un basamento in pietra. I muri, in cui i due elementi si alternano e si legano alla perfezione, sono molto spessi per conservare il calore. I tetti aguzzi, in pietra o ardesia, sporgono dalle pareti perimetrali impedendo così che la pioggia o la neve impregnino i muri o entrino dalle finestre. Ottimi esempi dell’unione tra la forza della pietra e il calore del legno, si può dire che l’architettura di questi luoghi raccolga in sé il meglio che la natura offre, in una convivenza ideale tra uomo e montagna.

Testo di Elena Pastorino / Foto di Ivo Pecile, Alta Badia/Freddy Planinschek, Enrico Bottino

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