Andare alla scoperta dell’ambiente naturale seguendo il filo conduttore dei grandi alberi che osservano, apparentemente immobili ma vivi, la realtà che si modifica, a volte dando l’impressione di essere invulnerabili è un’esperienza affascinante. E se sappiamo ascoltarne la storie, concrete e reali, possiamo imparare molte più cose di quello che i nostri occhi e la nostra fantasia riescono a vedere.
Il castagno era simbolo di una vita di stenti e povertà, testimone di riti e abitudini che cadenzavano la quotidianità della gente delle nostre montagne. Una cultura che appartiene al passato, ma che rivive nei nostri boschi attraverso i seccherecci, le antiche mulattiere, i mulini e gli strumenti della tradizione, gelosamente preservati nel corso del tempo.
Il lavoro dell’uomo nel castagneto coinvolgeva tutta la famiglia e richiedeva un impegno costante per seguire ogni singola fase del ciclo di vita delle piante e per sfruttare al meglio i preziosi doni che l’albero era in grado di offrire all’uomo. Rituali antichi, fatica e lavoro, rispetto dei delicati equilibri ambientali e segreti che i contadini hanno lasciato in dono a questa pianta con fiducia e riconoscenza.
Oggi il castagneto, invita gli escursionisti a percorrere sentieri ombrosi e freschi, ammirando i tronchi contorti e scavati dal tempo, e a ristabilire un contatto con “l’albero del pane” e con il suo habitat, distribuito sia sulle Alpi che sugli Appennini, a quote comprese tra i 300 e i 1000 metri.
In Irpinia, nell’alta Valle del Calore e del Sabato, patria della castagna di Montella, si coltiva una speciale variante che è stata riconosciuta prodotto DOP. Ma anche in Garfagnana sin dai tempi dei Romani il castagno aveva una grande importanza. Oggi la farina di castagno, di Neccio, ha avuto il riconoscimento del marchio DOP.
In Piemonte, nella zona delle Rocche del Roero, terra di vini e eccellenze, si può percorrere il sentiero della Castagna Granda. Spingendoci più a nord, un altro itinerario dedicata a questo frutto del sottobosco è il sentiero delle castagne che da Bressanone conduce a Bolzano, alla scoperta di gusti e scenari tipici della cultura altoatesina. In Calabria, nella Sila Grande, da non perdere i Giganti di Cozzo del Pesco: si tratta di 102 castagni monumentali, talmente grossi che alcuni hanno una circonferenza alla base di ben 12,81 metri, in linea retta con un palazzo di 4 piani.
A Sant’Alfio si trova uno degli alberi più vecchi del mondo, probabilmente il più antico d’Europa, ammirato da personaggi illustri e studiato da diversi botanici, concordi nel datarlo dai due ai quattro mila anni di vita.
Il castagno, grazie alle sue dimensioni e il vasto fogliame, secondo una leggenda probabilmente frutto della fantasia popolare, riparò dalla pioggia una regina (forse Giovanna d’Angiò) e il suo seguito di cento cavalieri. Questa cupolifera misura 22 metri di altezza e circa 22 metri di circonferenza del tronco, seppure sia oggi costituito da tre fusti, rispettivamente di 13,20 e 21 metri.
Testo di Enrico Bottino