Arriva l’autunno: si può guarire dalla sindrome da FUNGO?

19 marzo 2020 - 12:07

Comincia nel bosco l’autunno dell’Appennino. E qui iniziano le confessioni di un fungaiolo non pentito.

Sono restio a rivelare i miei segreti, neppure sotto tortura. Non tradirò mai il mio re, sua maestà il Porcino. Sono un fungaiolo convinto e non sarò certo io a rompere il silenzio che aleggia intorno al dire e non dire dei veri cercatori di funghi. Ho provato innumerevoli volte a smettere in questa mia ostinazione e gelosia, senza successo. Non sono un fungaiolo pentito! È più forte di me e la mia compulsione mi porta a compiere ogni anno gli stessi gesti, quando arriva l’autunno. L’ansia che cresce in me con le prime gocce settembrine la riesco a contenere con fatica, segnando sul calendario “fungino” i giorni di pioggia e di sole, con un occhio di riguardo alla luna.

Non è facile indovinare il giorno giusto per “andare a funghi” e vincere la concorrenza sul tempo senza correre il rischio di tornare a casa a mani vuote. Non potete immaginare l’angoscia che provo quando soffia il vento di tramontana! Basta poco per rovinare un promettente raccolto, una bulata in termini “tecnici”. Questa ossessione mi è stata passata da papà e mamma già in tenera età, quando a 6 anni iniziavo a capire di funghi e con loro a competere per riempire il çestin! Penso che questo chiodo fisso sia geneticamente trasmissibile, insito in uno dei nostri 46 cromosomi, chissà dove nel doppio filamento del DNA. Per questo non si può guarire dalla sindrome da fungaiolo, non credo si possa smettere di andare per funghi! Nessun terapeuta può essermi d’aiuto.

Sono dipendente da queste spore che si trovano nei boschi di faggio, castagno, rovere e abete. Naturalmente sto parlando delle spore e del micelio del Porcino, il fungo per antonomasia che può indossare quattro diverse vesti: quella dell’estivo Boletus reticolatus, il più buono, quella del Boletus areus, il vero “fungo nero”, quella del Boletus edulis, il più famoso, infine quella del Boletus pinophilus, detto dalle mie parti, in Liguria, anche bertone… che li batte tutti in quanto a bellezza!

So bene che questa mia fissazione per il Porcino nuoce al prossimo, quando inizia la crescita autunnale divento antipatico e sospettoso, ma purtroppo come dicevo, di malattia si tratta. C’è un però, diciamo pure una medicina alla mia dipendenza fungina. Infatti, l’altra mia passione, quella dell’escursionismo nella natura, controbilancia questa mia idea fissa per il boleto.

Questa mia debolezza per il trekking offre il fianco a chi vuole trarmi in inganno chiedendomi di guidarlo sull’Appennino per ascoltare il richiamo del bosco, e non per cercare funghi! In questo caso tolgo l’abito del fungaiolo geloso e sospettoso e vesto quello dell’escursionista generoso.

Solo così vi accompagnerò sul mio Appennino ligure, dove oltre al vago sentore profumato di fungo si possono ammirare, dipingere e fotografare i cromatismi degli alberi fatti di tinte forti, dove al rosso e al marrone fanno eco il giallo e l’arancione: una tavolozza di colori che solo Madre natura sa offrire in autunno nei grandi boschi di latifoglie. Se poi nel vostro passeggiare smaschererete i folletti del bosco, ricordatevi che senza distinzione, sia i funghi commestibili che velenosi (non raccoglieteli) rappresentano bellissimi soggetti per l’obiettivo della nostra macchina fotografica.

Forse ho capito: si può essere cercatori di funghi e al tempo stesso cercatori di emozioni. D’accordo, mi sono convinto, seguitemi nel bosco: non esiste ambiente più bello per scattare da vicino la cartolina ricordo della natura che si rinnova e muta colori. Bisogna però saper osservare!

Testo e foto di Enrico Bottino, fungaiolo non pentito

 

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