La montagna può generare una nuova e virtuosa fase di crescita economica e sociale, grazie all’idroelettrico può ambire a un ruolo di primo piano nello sviluppo delPaese. La Federbim è pronta ad affrontare la sfida attraverso una corretta gestione dell’acqua e delle sue risorse che sono alla base di tanti aspetti del nostro sviluppo economico.
Lo sappiamo, la montagna e la sua gente rappresentano uno spaccato di storia del nostro Paese, un patrimonio d’inestimabile valore ambientale, sociale e culturale che rischiava di scomparire senza interventi mirati a disincentivare l’abbandono delle “terre alte”!
Oggi, l’ecosistema montano, che ricopre il 54% della superficie nazionale, può svolgere un ruolo strategico per il futuro economico dell’Italia; infatti, gli impianti idroelettrici che utilizzano la fonte rinnovabile più abbondante, pulita ed efficiente del mondo, si trovano in ambienti alpini e appenninici incontaminati e selvaggi, lontano da insediamenti industriali e agricoli.
L’integrazione di lavori tradizionali e del turismo sostenibile con attività moderne come la produzione di energia da fonti rinnovabili, se supportate da infrastrutture importanti e politiche economiche attente, può creare in montagna più ricchezza che in pianura.
L’importante è avvicinarsi in modo consapevole a questa indispensabile risorsa naturale che è l’acqua: purtroppo la nostra compagna di vita che si manifesta in ogni campo della società, dalla scienza alla fede, dal sapere all’economia, è un elemento quasi “invisibile” nelle nazioni ricche e sviluppate, la sua presenza passa quasi inosservata, aprire il rubinetto è un gesto scontato per noi che siamo abituati ad averne grande disponibilità.
In Italia il garante per una gestione oculata dell’acqua e dell’energia prodotta in ambiente montano è la Federazione Nazionale dei Consorzi di Bacino Imbrifero Montano, che vuole riconquistare quell’attenzione e quella cura per i bacini che l’uomo aveva perso per strada, valorizzando il rapporto sinergico tra attività economiche, culturali, sociali e la tutela della qualità ambientale.
Dove c’è acqua c’è energia
In montagna l’acqua ha modellato il paesaggio e contrassegnato lo sviluppo socio-economico delle comunità: l’uomo in principio ne sfruttava la potenza per trasformare l’energia idraulica in energia meccanica nell’ambito di un’economia di sussistenza, ad esempio per avviare le macine dei mulini e ottenere la farina di grano e castagna.
L’energia di caduta ottenuta dai corsi d’acqua segna anche i primi passi verso il progresso industriale, rivestendo un ruolo primario nei processi di produzione e di trasformazione dell’industria metalmeccanica e di quella manifatturiera.
Solo con l’inizio della Seconda Rivoluzione Industriale, l’evoluzione della ruota idraulica in una turbina motrice portò il nostro Paese a generare e distribuire energia idroelettrica per soddisfare la crescente richiesta delle città e delle attività della pianura. Inizialmente, le comunità montane non videro riconosciuti diritti di utilizzo economico delle centrali idroelettriche nonostante l’energia prodotta provenisse proprio dai loro bacini imbriferi.
Le sorgenti venivano imbrigliate e incanalate per alimentare le turbine delle dighe ma a beneficiarne erano solo società private che difficilmente investivano gli ingenti utili sul territorio. Questa mancata redditività economica contribuì all’abbandono dell’ambiente montano; insieme all’acqua anche la gente si spingeva verso il fondovalle, le automobili sostituirono i muli rendendo più rapidi i collegamenti, le strade veloci accorciarono le distanze avvicinando la gente alle città e allontanando i piccoli villaggi montani dal mondo reale, isolandoli sempre più, portandoli a un progressivo spopolamento.
Anche le pesanti perdite in vite umane dovute alla guerra, il boom economico e le cambiate dinamiche sociali e culturali del Novecento, contribuirono all’abbandono della montagna. A livello sociale, l’improvvisa introduzione della modernità in un mondo legato alla tradizione, cambiò lo stato delle cose, soprattutto i giovani sentirono l’esigenza di migrare alla ricerca di uno standard di vita migliore mentre il silenzio diventava sovrano in mezzo ai monti.
Questo esodo però si è fermato, c’è stata un’inversione di tendenza, i territori dei bacini imbriferi montani non subiscono più l’impoverimento demografico dei decenni scorsi, dal 2004 la popolazione montana è cresciuta dell’1,3% e continua ad aumentare grazie ad un futuro promettente sia in termini di ricchezza e qualità della vita.
Un panorama incoraggiante dove l’idroelettrico può contribuire al benessere dei centri montani: ancora oggi è la principale fonte energetica alternativa ai combustibili fossili, circa 2.000 centrali ad acqua fluente coprono il 15% del fabbisogno nazionale.
In un territorio dove si respira più solidarietà e coesione sociale, la Federbim, classe 1962, è alla ricerca di un punto d’incontro fondamentale tra le ragioni dell’economia e quelle della tradizione e della natura, contrastando il luogo comune che la montagna produce solo un’economia di sussistenza. Il futuro della collettività non va ricercato solo nel sostegno delle produzioni di qualità e nell’incoraggiamento allo sviluppo del turismo sostenibile locale, ma anche attraverso la miglior gestione dell’energia idroelettrica prodotta in montagna e diffusa nel resto del Paese.
I concessionari di derivazioni d’acqua pubblica, che hanno opere di presa all’interno dei bacini imbriferi stessi, versano un sovracanone annuo ai Consorzi B.I.M. che serve a ripagare in parte i Comuni montani dai danni dovuti alla presenza di bacini, impianti e reti di distribuzione idroelettrica.
Queste somme vengono investite sul territorio per opere di carattere pubblico e collettivo, per il progresso sociale ed economico della popolazione e per il finanziamento di opere di sistemazione montana che non siano di competenza dello Stato. La cooperazione tra i Comuni è una condizione essenziale per la Federazione Nazionale dei Consorzi di Bacino Imbrifero Montano, che a sua volta si fa portavoce delle richieste e degli interessi generali dei 63 Consorzi B.I.M. che a loro volta coinvolgono circa 2000 Comuni.
Vogliamo ricordare che i Consorzi B.I.M. svolgono azioni in campi vastissimi, fanno propri i bisogni locali, concretizzano soluzioni a problemi caratteristici delle zone disagiate di montagna, comunque del territorio di loro competenza. Chiudiamo con un ultimo pensiero, quello degli amanti dell’outdoor: l’ambiente dove esercitano i B.I.M. è quello che già conosciamo, invasi artificiali e impianti di generazione idroelettrica, immersi in scenari da favola che sono anche interpreti di piacevoli passeggiate lungo le loro sponde, tanto da diventare capisaldi dei nostri week-end escursionistici.
Notizie utili
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI CONSORZI DI BACINO IMBRIFERO MONTANO
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Testo e foto di Redazione Trekking