Un viaggio in tre tappe nei luoghi descritti dal naturalista inglese nei suoi libri, una “terra zeppa di vulcani ammantati di giungle”. Qui Gerald Durrell mosse isuoi primi passi circondato da una miriade di bizzarri animali selvatici in via di estinzione che insieme ai suoi “segugi di Bafut” catturò e imbarcò sulla sua “arca sovraccarica”.
Mentre “sui pendii più bassi del Monte Camerun, dove la strada scende verso l’oceano fino a Tiko” il viaggio di Durrell e dell’amico John si avviò al termine, rimanendo loro soltanto l’incombenza di caricare la carovana zoologica sulla nave che li ricondusse in Gran Bretagna, noi decidiamo di prolungarlo per spingerci fino alla frontiera liquida tra Camerun e Guinea Equatoriale, costituita dal gigantesco fiume Ntem.
Il dipartimento Océan offre all’ecoturista molti parchi e riserve dove vive ancora indisturbata la grande fauna centro-africana: noi vogliamo vedere alcuni animali che mancano al nostro innocuo “carniere” fotografico, come i piccoli elefanti di foresta e le antilopi acquatiche, i turachi giganti e gli accigliati mandrilli, cugini dei drilli che tanto affascinarono il giovane Durrell, e infine le gigantesche tartarughe liuto che depongono le uova sulle spiagge dorate di Campo Beach. Dopo aver visitato quest’ultima regione la panoramica sulla natura del Camerun risulta più completa e tentiamo un bilancio.
L’eredità di Durrel
Abbiamo constatato che le creature descritte nei famosi libri di Durrell fanno ancora parte del mondo naturale centro-africano, ben protetto entro i confini dell’immenso parco di Campo, nella esuberante foresta litorale di Douala-Edea che si specchia nell’estuario del fiume Sanaga e in quella che circonda le fantastiche cascate della Lobé, le uniche di tutta l’Africa che si gettano direttamente nell’oceano.
Ovunque, nei parchi visitati così come al giardino zoologico e botanico di Limbé, siamo rimasti soddisfatti dall’evidenza che l’eredità di Durrell, impegnato con una delle sue più famose ‘crociate’ per la conservazione di uno degli ecosistemi più ricchi del Camerun, la rain forest, è stata effettivamente raccolta.
Gli zoologi camerunensi, alcuni dei quali formati in Europa proprio nel suo centro sulla protezione della fauna selvatica sull’isola di Jersey, facendo tesoro dei suoi insegnamenti proseguono infatti alacremente il suo lavoro, anzi stanno addirittura trasformando la protezione della fauna in un nuovo eccezionale motore di sviluppo per il loro paese, ormai a buon diritto affermatosi come “locomotiva dell’Africa Centrale”.
Purtroppo però né la realizzazione di aree protette né i programmi di sviluppo sostenibile finanziati da agenzie occidentali ci sembrano offrire la risposta definitiva ai problemi di conservazione della biodiversità del Camerun. Infatti l’abbattimento selettivo delle foreste, nel quale venivano riposte le speranze dei conservazionisti, resta una grande minaccia per l’area del sud-est dove operano trenta compagnie di legname internazionali, italiane comprese: malgrado il danno diretto sia limitato, il problema è rappresentato dall’apertura di nuove strade in aree prima inaccessibili, attraverso le quali penetrano i cacciatori di ‘”ushmeat”, perlopiù scimmie e antilopi, con la possibilità accresciuta di realizzare una miriade di piccoli insediamenti, avamposti della civiltà che avanza.
Notizie utili
Tra febbraio e maggio si situa il migliore periodo per visitare il paese, soprattutto i parchi del nord dove la savana è sgombra di alte erbe e gli animali si avvistano meglio. Centro e sud hanno clima equatoriale tipico, con alternanza di due stagioni secche (novembre-febbraio e giugno-agosto.) con gli intertempi piovosi. In agosto il tempo è molto variabile a Kribi mentre piove abbondantemente a Limbé che, è bene tenerlo presente, si trova sotto il monte Camerun, uno dei luoghi più piovosi al mondo come registrato annualmente dalla stazione meteo di Debunscha.
Leggi anche le puntate precedenti:
Camerun: sulle orme di Gerald Duller – Parte 1, impressioni d’Africa
Camerun: sulle orme di Gerald Duller – Parte 2, la “Rain Forest”
Testo e foto di Riccardo Nincheri