Foreste Casentinesi: un’oasi di storia e natura tra Toscana e Emilia-Romagna
Quando si assaggia per la prima volta il Nocino de La Verna, l’istinto sarebbe quello di buttarlo giù d’un sorso, tanto è dolce e delicato.
Ma, avvertono i francescaniche lo preparano da secoli a partire dalle noci acerbe, ci perderemmo il meglio.
La lunga lavorazione richiede una altrettanto lenta degustazione.
Il suggerimento dei frati vale un po’ anche per il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.
Guardando la mappa, verrebbe voglia di correre da un angolo all’altro, tanti sono i luoghi e le storie memorabili che si trovano nei 36.426 ettari tra Romagna e Toscana.
Eremi aggrappati alla roccia, monasteri immersi nel silenzio, laghi e cascate che hanno visto la civiltà più antica dell’uomo.
E poi le foreste. Non danno solo il nome al parco, ne sono il monumento vivente e silenzioso. E allora bisogna prendersi un po’ di tempo, per scoprire questa terra.
Magari tornarci più volte. Assaporando lentamente. La sanno lunga, i frati.
Il Casentino, la civiltà antica delle foreste
Armonia. Ecco cosa si prova visitando il monastero e l’eremo di Camaldoli.
Il tempo sembra scorrere più lento, scandito dagli impegni quotidiani di preghiera e di lavoro dei monaci.
E la foresta è lì, silenziosa, essenziale alla vita di questa comunità millenaria che ha ricambiato, prendendosi cura di questi alberi antichi.
Fu infatti nelle Costituzioni Camaldolesi che si codificarono per la prima volta le regole per la gestione delle foreste.
Gli eredi di Romualdo, fondatore dell’ordine, ambientalisti ante litteram, continuano ancora oggi quest’opera.
Le due colombe congiunte, incise sull’antica fontana di pietra all’ingresso del monastero, sembrano il sigillo di questa simbiosi tra uomo e natura.
La comunità camaldolese è solo uno degli esempi dell’attrazione silenziosa che il Casentino ha esercitato sugli uomini. I maestosi alberi che si infittiscono sul Monte Penna sembrano un invito alla meditazione.
E così furono per Francesco, che secondo la tradizione ricevette le stimmate nei pressi dell’attuale Santuario de La Verna, aggrappato alla roccia e immerso nella magia degli abeti monumentali.
Alberi altissimi e antichi, che custodiscono il silenzio interrotto solo dalla preghiera dei frati, dal vento e dalle fontane che portano l’acqua dell’Appennino.
L’acqua, testimone della vita della foresta e degli uomini.
Quella delle cascate dell’Acquacheta, ad esempio, nei pressi di San Benedetto in Alpe, sede di un antico monastero dove Dante ebbe rifugio durante l’esilio da Firenze.
Qui trovò il modo di descrivere i mille rivoli nei quali il torrente scende a precipizio per quasi 100 metri.
Acqua amica dell’uomo, come testimoniano i mulini Mengozzi a Fiumicello e Biondi a Castel dell’Alpe, per ricavare energia dal torrente e produrre farina di cereali e di castagne ingrediente immancabile della cucina povera di montagna.
E infine l’acqua del Lago degli Idoli, il più antico sito archeologico casentinese, proprio al confine tra Emilia e Toscana, a Ciliegeta, ai piedi del Monte Falterona.
Il sito fu abitato dagli etruschi che consideravano sacro il monte e gettavano le loro offerte nel lago.
Molte di queste offerte sono giunte fino a noi, viaggiando poi per raggiungere il British Museum di Londra e il Louvre a Parigi, per raccontare a tutto il mondo la storia silenziosa e ricca delle foreste casentinesi.
La biodiversità: il catalogo delle rarità del parco
Se l’Italia è il paese con il maggior grado di biodiversità in Europa, il Parco delle Foreste Casentinesi è la massima espressione di questa peculiarità virtuosa. Alcuni dati, per capire di che tipo di ricchezza stiamo parlando.
Nel parco sono state censite 37 specie di felci e licopodi, più di un terzo di quelle italiane; 44 specie di orchidee, 223 di coleotteri. Le farfalle, termometro della biodiversità, sono presenti con 845 specie.
Tanto per non farsi mancare niente il parco ospita anche un terzo degli anfibi e un quinto dei rettili italiani, oltre a 139 specie di uccelli di cui 77 nidificanti regolari.
Una menzione speciale meritano il lupo e il cervo con una delle popolazioni più importanti d’Italia. In alcuni casi sono stati riscoperti animali che si credevano scomparsi dal territorio, come è il caso del gatto selvatico.
Anche le foreste sono un autentico simbolo della biodiversità e degne come tali di essere preservate.
Sono state istituite a questo scopo riserve integrali per un totale di 924 ettari.
Tra queste merita una menzione la Riserva integrale di Sasso Fratino, prima riserva integrale d’Italia e dal 1985 insignita del prestigioso Diploma europeo per la conservazione della natura, la Riserva della Pietra e quella di Monte Falco.
Camminare nel parco
Le foreste casentinesi hanno accompagnato per secoli il cammino di pellegrini e mercanti.
Le loro orme possono essere ancora seguite lungo itinerari che fanno rivivere questa storia millenaria e la offrono a viaggiatori di oggi, curiosi e affascinati dal racconto silenzioso dei grandi alberi.
Il parco è attraversato da un sistema di sentieri che offre la preziosa possibilità di ritagliarsi un piccolo viaggio su misura.
Si tratta di un vero paradiso per il trekking con 600 chilometri di sentieri, 20 itinerari dedicati alla mountain bike, 9 Sentieri Natura.
L’accesso al patrimonio delle foreste è per tutti, grazie a 2 percorsi ad alta accessibilità percorribili anche da non vedenti e disabili.
Il più noto degli itinerari è il Sentiero dei Tedeschi, nel cuore delle Foreste Sacre, 100 chilometri in sette tappe da Lago di Ponte di Tredozio a La Verna: la Valle dell’Acquacheta, il Monte Falterona, la Foresta di Campigna.
Sono invece 27 le tappe della Alta via dei Parchi che unisce l’intera dorsale del parco tra Emilia, Toscana e Marche. Non solo.