La Groenlandia, è una terra poco conosciuta, di cui spesso si sente parlare per le particolari condizioni climatiche ed ambientali e che, spesso, rimane esclusa dalle più note destinazioni di viaggio. Con questo reportage l'obiettivo è quello di far riscoprire alcuni aspetti inediti di una terra che ha molto da offrire a chi va alla ricerca di una natura selvaggia ed autentica, che non sia contaminata dalla presenza dell'uomo.
Ogni iceberg è in sé un’opera unica per le forme stravaganti e sempre diverse e per le numerose tonalità di colore del ghiaccio.
Da Narsaq, la terza città più estesadel sud con i suoi 1700 abitanti sulle rive del fiordo di Narsaq Sund, si naviga attraverso uno spettacolare fiordo circondati da iceberg fino al campo fisso di Qaleraliq, in una spettacolare spiaggia di sabbia fina davanti a due fronti del ghiacciaio Qaleraliq che terminano in mare.
In passato, questi fronti glaciali ne costituivano uno unico, più grande, ma a causa degli effetti del cambiamento climatico e del progressivo ritiro, si è diviso in due fronti diversi.
Attraverso una desertica valle sabbiosa, si prosegue a piedi fino al lago Kangerluatsiup, uno dei più grandi del sud della Groenlandia, fino a raggiungere la tundra e la cima senza nome di una montagna di 400 m con spettacolare vista della calotta polare, delle famose formazioni rocciose dalla forma spigolosa e frastagliata che emergono dal mare di ghiaccio chiamate “nunataks”, e dell’oceano Artico.
Qui di tanto in tanto si avvistano i caribù, mammiferi ruminanti artiodattili della famiglia dei Cervidi (Rangifer caribou), di aspetto simile alla renna, ma di stazza più robusta e con corna più sottili, originari delle zone boscose dell’America settentrionale.
Di notte il silenzio viene rotto dai tonfi assordanti dei blocchi di ghiaccio che si staccano dalle pareti del ghiacciaio.
Il giorno seguente si sbarca su un lato del fronte glaciale per risalire il ghiacciaio verso il plateau, percorrendo senza difficoltà zone di crepacci che creano un incredibile aspetto labirintico reso ancora più suggestivo dai colori del ghiaccio che va dal bianco all’azzurro al blu, per scoprire le peculiarità dell’Inlandis.
Lo sguardo si perde all’interno dei sifoni del ghiacciaio, enormi canali di scolo dove sboccano i fiumi ghiacciati formando buchi che possono arrivare fino a 200 m di profondità.
Con i ramponi ai piedi e l’attrezzatura personale (circa 8 kg, da trasportare individualmente) si fa rotta verso un nunatak interno, camminando su una delle superfici ghiacciate più antiche del pianeta, esplorando cumuli di rocce e pietre e numerosi crepacci.
Quasi un viaggio in una natura primordiale, una rottura con le esasperazioni del mondo reale, un momento per riflettere su se stessi. Ognuno trova la sua strada, a modo suo.
Il rispetto è l’insegnamento di queste terre aspre e selvagge, dove la natura non si piega. A piedi si cammina verso l’interno del ghiacciaio continentale, attraversando aree coperte di neve e terreni diversi fino a raggiungere un nunatak nascosto, non visibile dalla costa, fino a raggiungere un luogo non predefinito dove allestire un campo tenda sul ghiacciaio.
Dopo la notte sul ghiaccio, si prosegue a piedi verso la costa con splendide vedute sul fiordo e successivamente in gommone si naviga scortati dalle balene fino alla città di Narsaq, dove si esplorano il mercato eschimese, il porto, il mercato delle pelli, la chiesa, il museo e la distilleria della birra.
Col gommone si giunge a Qassiarsuk, dove con un breve trekking si arriva alla fattoria di Tasiusaq, dove abitano sette persone in totale isolamento sulle sponde del fiordo di Sermilik solitamente bloccato dal ghiaccio proveniente dal ghiacciaio Eqaloruutsis.
Qui si pescano i salmoni, importante risorsa ittica della zona. In kayak si pagaia circa due ore nella “baia degli iceberg”, soli in una delle più scenografiche aree di tutta la Groenlandia.
Nella strada del ritorno merita una sosta Qassiarsuk, anticamente chiamata Brattahlid, dove si stabilì Erik il Rosso quando iniziò la colonizzazione della Groenlandia nel 985.
La Groenlandia è la terra degli Inuit, discendenti dei thule, uno dei due ceppi del popolo artico degli Eschimesi, 100 mila persone suddivise oggi tra Alaska, Nord Canada e Siberia russa, di origini mongoliche emigrate dall’Asia centrale in epoca preistorica, di bassa statura, tozzi con arti corti, faccia appiattita ed occhi a mandorla, cacciatori e pescatori nomadi vestiti di pellicce di animali che vivono d’estate sotto tende di pelli e d’inverno negli igloo.
Cacciano renne, caribù e grandi mammiferi marini (foche, trichechi e balene), spostandosi a terra su slitte trainate da mute di cani e in mare su kayak di pelli.
Taciturni e solitari, più propensi a pensare che non a parlare, vivono in piccoli villaggi sulla costa, sfruttando con perizia ogni risorsa offerta da un ambiente povero e ostile, rispettano con rigore la natura.
Ma la Groenlandia è anche la terra del sole di mezzanotte in estate, quando una luce perenne rischiara giorno e notte, delle lunghe notti polari invernali, del suggestivo spettacolo delle aurore boreali e della sorprendente esperienza data dalle cosiddette Fate Morgane, dove i riflessi di acqua, ghiaccio e neve provocano nel nulla visioni irreali come città inesistenti, verdi foreste e velieri naviganti sui ghiacci.
E per finire la terra estrema dei maggiori ghiacciai dell’emisfero settentrionale, molti dei quali scendono in mare con una velocità giornaliera di 20-30 m e fronti di chilometri dai quali si staccano con sinistri frastuoni mastodontici iceberg galleggianti alti fino a 100 metri, profondi quasi un chilometro, come nella suggestiva baia di Disko, chiamata la “città degli iceberg” e protetta dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità.
Testo e Foto Laura Colognesi e Maurizio Levi