Il 2020 ci ha insegnato il valore del cammino

23 dicembre 2020 - 9:53

Quest’anno abbiamo passato in casa molto tempo, soprattutto a marzo, quando c’è stato il primo lockdown nazionale e nel giro di pochi giorni siamo passati bruscamenteda uno stile di vita normale alle restrizioni più dure.

Improvvisamente ci siamo trovati in casa, per lavorare, studiare e vivere con la possibilità di uscire solo per andare a fare la spesa o in farmacia.

Quando attraversiamo periodi difficili abbiamo sempre la possibilità, e la necessità, di staccare la spina almeno per qualche ora: un giro per negozi, una cena fuori oppure una serata al cinema, nulla di tutto ciò però era possibile.

Dopo le prime settimane, quando c’è stato un ammorbidimento delle misure restrittive, molte persone hanno riscoperto l’importanza per il benessere fisico e mentale di un gesto semplice come camminare.

L’attività motoria consentita era solo in prossimità della propria abitazione e comunque entro i confini comunali, così abbiamo scoperto la bellezza di visitare vicoli, parchi o giardini a pochi passi da casa, esplorando a piedi anche solo il nostro quartiere.

Un nuovo significato al gesto del camminare

I primi giorni c’era diffidenza, traumatizzati da un evento così drammatico, eravamo incerti, cercavamo vie e strade poco frequentate e, se incontravamo qualcuno lungo la strada, cercavamo una traiettoria alternativa per rimanere a distanza.

Quei pochi passi bastavano però ad assaporare nuovamente il senso di libertà, con la primavera alle porte e le giornate di sole sempre più frequenti, migliaia di italiani hanno cominciato a camminare con l’obiettivo di liberare la testa, recuperare un po’ di energia fisica ma, soprattutto, mentale.

Una prima volta per molti cittadini, camminare non solo per arrivare in un luogo ma semplicemente per sentirsi liberi e dare respiro alla mente. Il potere curativo del cammino ha aiutato le persone a superare le difficoltà, le ansie e lo stress vissuto durante giorni più duri del lockdown.

La primavera ha portato poi un ulteriore allentamento delle restrizioni, i contagi in calo e una situazione sanitaria che tornava sotto controllo hanno permesso di ritornare ad una vita abbastanza normale, compresa la possibilità di superare i confini regionali.

Il virus però ancora circolava, con meno intensità rispetto a marzo, ma la situazione era delicata. I luoghi di assembramento, specie se al chiuso, sono quelli a maggior rischi contagio, quindi da evitare il più possibile.

I treni, gli autobus e le metropolitane, nonostante le capienze ridotte per garantire il distanziamento e l’obbligo di indossare le mascherine, sono rimasti mezzi poco affidabili.

In città le persone hanno iniziato a muoversi a piedi o in bicicletta, nel giro di poche settimane anche le amministrazioni locali hanno cominciato a parlare di mobilità dolce.

Molte città hanno accelerato la creazione di piste ciclabili e aree pedonali, il Governo ha deciso di introdurre dei bonus per l’acquisto di biciclette e monopattini elettrici.

Il vecchio modo di spostarsi nei centri urbani è apparso immediatamente vecchio, poco allineato al momento e soprattutto ad un futuro delle mobilità che sarà certamente molto diverso.

I cittadini preferivano camminare per andare al lavoro, per fare la spesa e soprattutto per tenersi in forma, cercando di mantenere un equilibrio mentale.

Il cammino come medicina, anzi come prevenzione delle medicine, l’effetto curativo di uno stile di vita attivo è cosa nota, ma questi mesi di restrizioni lo hanno fatto apprezzare ad una platea ancora più ampia di persone.

 

Anche vacanze e viaggi hanno cambiato volto

In prossimità dell’estate la voglia di aria aperta è cresciuta, anche in questo ambito però la pandemia ha cambiato completamente le carte in tavola.

Le località balneari affollate, i bar e ristoranti delle città d’arte presi d’assalto, le code per entrare in un negozio o in un centro commerciale, perfino gli ingressi in mostre e musei sono diventati attività a rischio.

Luoghi di assembramento, cui prestare attenzione indossando dispositivi di protezione e mantenendo le distanze. Precauzioni, lo ripetiamo, essenziali per tutelarsi e tutelare gli altri dalla diffusione del contagio, ma che hanno reso attività normali e spensierate molto più faticose e stressanti.

Dopo mesi di limitazioni ai movimenti, ai viaggi e alle vacanze, migliaia di italiani hanno cercato esperienze a contatto con la natura, viaggi all’aria aperta, in cammino con uno zaino in spalla oppure in sella ad una bicicletta.

Lo stop ai viaggi internazionali ha spinto le persone a visitare, spesso per la prima volta, le bellezze naturalistiche del nostro paese. Infatti, in un anno piuttosto nero per il comparto turistico, il mondo dei viaggi outdoor e del turismo slow ha tenuto nonostante l’assenza di turismo straniero.

Una ricerca sul turismo dei cammini e della bicicletta, presentata nell’ambito della fiera Fa’ La Cosa Giusta, ha mostrato come questa estate ben 29000 credenziali siano state firmate su cammini storici e via delle fede del nostro paese, con grande successo per i cammini più brevi, di 3 o 4 giorni, come la Via degli Dei, il Cammino dei Briganti o la Via del Sale.

Indicativo anche il dato anagrafico, con un perfetto equilibrio tra pellegrini più giovani e più adulti, un successo trasversale che ha superato le barriere geografiche. Questo bisogno di natura, di cammino in aree verdi ed incontaminate, non era tanto legato ad una necessità fisica quanto ad un bisogno di ritrovare benessere mentale.

Emblematico di questa tendenza è stato l’ottimo risultato dell’Abruzzo, per la prima volta sul podio delle regioni con il maggior numero di presenze, grazie alla straordinaria offerta di itinerari da fare a piedi e in bicicletta, nella cornice di una natura ricca e incontaminata.

Anche i parchi e le aree protette hanno avuto numeri eccezionali, come tutte le regioni attraversate dall’appennino, visitate da migliaia di  viaggiatori e turisti che hanno ridato linfa vitale alle economie dei piccoli borghi di montagna.

 

La voglia di camminare e di tornare nei borghi 

Un anno che ha cambiato le nostre prospettive su molte cose, anche sulle città. Molte aziende, e anche pubbliche amministrazioni, per la prima volta si sono orientate in modo massiccio verso lo smartworking.

Una tendenza affermata da anni in paesi come Stati Uniti che, in Italia, si è normalizzata solo con il primo lockdown. Così molti professionisti e lavoratori, coadiuvati da mezzi tecnologici impensabili fino a pochi anni fa, hanno iniziato a lavorare da casa.

I datori di lavoro hanno scoperto di poter ottimizzare i costi senza perdere produttività, mentre i lavoratori hanno recuperato ore di riposo e per la vita privata che, prima, erano impiegate principalmente per raggiungere il posto di lavoro

Non è tutto oro quel che luccica, infatti lavorare da casa rischia di essere alienante, rimanere intere giornate chiusi in casa, senza separare lo spazio del lavoro da quello per la vita privata rischia di essere frustrante. Molti lavoratori hanno chiesto di poter rientrare qualche giorno in ufficio per spezzare alla routine.

Qualcosa però è successo, di scontato e inaspettato allo stesso tempo, con l’apertura dei confini regionali migliaia di persone sono tornate nei paesi di origine.

Alcuni nelle regioni del sud, altri in paesi di provincia e grazie allo smartworking hanno scoperto la meraviglia di poter vivere e lavorare in piccoli paesi e borghi, con tutti i vantaggi per la qualità della vita e il benessere che questi luoghi hanno.

In estate le città si sono svuotate più del solito, già da luglio le vie del centro di Milano sono apparse deserte, ma a settembre non si è verificato il solito rapido ripopolamento dei centri urbani.

Molti lavoratori hanno deciso infatti di continuare a lavorare da casa, però on in città quando ma nei paesi d’origine, con tutti gli indiscussi vantaggi collegati: vicinanza alla famiglia, qualità della vita, benessere fisico e psicologico e, non ultimo, abbattimento del costo della vita.

 

Abbiamo imparato a riprenderci i nostri tempi e spazi

Possiamo dire che gli italiani hanno scoperto il piacere del cammino, del contatto della natura, di vivere al proprio passo senza forzare costantemente i propri ritmi.

Una lezione importante che non va persa, uno stile di vita quotidiano più attivo e a contatto con la natura, ha un enorme impatto positivo sulla salute fisica e mentale.

Da qualche anno ormai, diversi Governi stanno puntando sulla mobilità sostenibile e il verde urbano per cercare di migliorare la qualità della vita delle comunità.

Negli ultimi decenni la società occidentale è diventata sempre più sedentaria, il risultato è stata una crescita esponenziale delle patologie croniche e debilitanti che rendono le popolazioni molto più esposte agli effetti mortali e debilitanti delle epidemie.

Secondo l’OMS la prevenzione è essenziale per ridurre la diffusione e la letalità di futuri virus, se sapremo far tesoro della lezione che ci ha impartito quest’anno potremmo affrontare, come collettività, un avvenire più luminoso.

 

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