Tra gli scossoni sonnacchiosi dell’autobus che ci porta dall’aeroporto di Keflavik alla capitale Reykjavik (riuscirò mai a mettere nel giusto ordine le i, j, y?) mi torna in mente questa frase, che constato essere vera. Benché sia notte, i dintorni si mostrano in un lucore quasi alieno, tra ondate di lava solidificata che rendono il paesaggio lunare.
“Che ci faccio qui?”, viene da parafrasare Bruce Chatwin. Basta poco per darsi risposta. È sufficiente svoltare un angolo e fermarsi a respirare nell’aria fredda dell’Atlantico, sotto il volo solenne degli uccelli skua che non esitano ad attaccare chi disturba i loro nidi.
Terra mitica dove ancora camminano antiche divinità sotto forma di acqua e fuoco, che si contendono il predominio di una landa antica sotto un cielo senza eguali. Cascate immense scavano la roccia più dura, mentre i vulcani sonnecchiano sotto coltri di ghiaccio pronti, in un attimo, a fonderli in un maelstrom che travolgerà tutto nella sua corsa al mare. Dalle fenditure della terra si sollevano getti d’acqua così calda da trasformarsi subito in vapore disperso dal vento mentre altrove il terreno è così caldo che eventuali coltivazioni produrranno patate già bollite. Nello stesso tempo, ecco vasti laghi placidi ospitanti innumerevoli varietà di avifauna, lagune glaciali in cui galleggiano indifferenti giganteschi iceberg, sabbia nera su cui si frange un mare gelido, e polle d’acqua calda in cui immergersi beati. Una terra di contrasti. Una terra che sembra una favola, ma che esiste nella realtà e che ancora oggi, in un mondo sempre più piccolo e “domestico”, appare unica e inimitabile. Un condensato di antico e moderno in cui gli elementi naturali si fondono e combattono creando la sensazione di un viaggio nel passato remoto, quando la forza dei vulcani si scontrava con la durezza dei ghiacciai modellando il mondo che conosciamo ora. Una terra mitica, ma che esiste nella realtà: benvenuti in Islanda.
L’Islanda ha un’unica Strada Nazionale, neppure interamente asfaltata, che segue la linea costiera. Tutte le altre strade che s’inoltrano nell’interno sono piste appena tracciate, prive di ponti e di segnalazioni, da percorrere solo con mezzi adeguati. Chi non ha veicoli propri può usufruire del bus di linea che ha un sistema assai capillare e offre una serie di abbonamenti che permettono di spaziare a proprio piacimento lungo gran parte del sistema stradale islandese. Un modo di viaggiare per forza di cose “lento” poiché spesso vi è un solo autobus al giorno, e non è detto che sia ad un orario congeniale. D’altra parte, è un modo che permette di respirare più a fondo i ritmi tranquilli dell’isola, e che obbliga ad avere a che fare con questo popolo solo apparentemente chiuso e riservato. Pescatori e allevatori di pecore? Certo, ma anche crogiuolo di creativi e soprattutto musicisti, a partire dalla voce inconfondibile di Björk, passando per gli innovativi GusGus e alle sonorità evocative dei Sigur Ròs. Un popolo forgiato dalla natura in cui vive.
Acqua, fuoco, terra e aria, leggi la seconda parte del reportage sull’Islanda, in cui si narra dei quattro elementi…