Castel di Guido: agricoltura biologica in un’oasi naturalistica e archeologica

19 marzo 2020 - 15:13

Agricoltura biologica in un’oasi naturalistica e archeologica. Camminare all’ombra di querce secolari o lungo distese di ulivi, assaggiare – e portarsi a casa – la frutta fresca e l’olio buono, scoprire siti archeologici che raccontano la vita di antichi aristocratici romani.

Castel di Guido non è solo – con i suoi oltre duemila ettari di estensione – la più grande azienda agricola pubblica italiana, ma anzitutto un’oasi di tranquillità a due passi da Roma, dove rilassarsi e scoprire un tesoro di storie, sapori e profumi. A piedi o in bicicletta, è possibile immergersi nella storia e nella natura dell’agro romano, la campagna alle porte della capitale amata dagli antichi e ritratta da pittori di ogni epoca.

Le vacche maremmane pascolano liberamente ed è possibile vederle lungo i sentieri della tenuta (Ph Aldo Frezza).

L’azienda, con secoli di storia alle spalle e dopo molte traversie, si sta oggi rinnovando. L’obiettivo è ambizioso: diventare un punto di riferimento nella produzione a chilometro zero di cereali e grani antichi, di olio e miele bio, valorizzare l’allevamento dei pregiati bovini maremmani, recuperare autentiche perle gastronomiche come la caciotta e il provolone, prodotti a partire dal latte fresco di Frisona.

Animali e piante della campagna
di Castel di Guido: in questa foto l’airone cenerino (Ph Massimo Piaentino).

L’attività agricola bio è destinata a innescare un circolo virtuoso: il maggior rispetto per l’ambiente – necessario per una produzione di qualità – non può che favorire la conservazione e il recupero del patrimonio storico, archeologico e naturalistico. Il risultato si vede già: un territorio dove si può camminare o pedalare respirando l’aria pulita della campagna, esplorare la natura ancora selvaggia dell’Oasi LIPU e i siti archeologici che ne raccontano la storia, e dove presto si potranno acquistare i prodotti freschi e bio dell’azienda agricola, per portarsi a casa il profumo e il sapore dell’agro romano.

La campagna di Roma antica

La Via Aurelia che transitava da quella che è oggi Castel di Guido non era l’itinerario preferito da Marco Aurelio – secondo lo storico Frontone l’imperatore si lamentava del fatto che il selciato facesse inciampare il suo cavallo – ma era pur sempre un passaggio fondamentale lungo una delle più importanti strade dell’Impero.

Lo rivelano la Tabula Peutingeriana e l’Itinerario antonino, che non hanno nulla da invidiare a google maps: la Tavola e l’Antonini itinerarium – registro delle stazioni e delle distanze tra località risalente all’età di Diocleziano – ci raccontano che nell’area di Castel di Guido si trovava l’insediamento di Lorium, la prima stazione di sosta della Via Aurelia al XII miglio da Roma.

Il Gruppo Archeologico Romano, sotto la guida delle Soprintendenza Archeologica di Roma, gestisce gli scavi a Villa di Monte Colonnacce. Le ricerche rivelano sempre nuove sorprese. La Villa era ricca di mosaici e affreschi parietali molti dei quali sono ora conservati al Museo di Palazzo Massimo (Ph Aldo Frezza).

Gli scavi archeologici degli ultimi decenni dimostrano che l’area dell’agro romano era tra i luoghi più amati dalle élite romane per costruirvi le proprie ville, nella tranquillità della campagna ma non troppo lontano dagli affari dell’Urbe. Villa delle Colonnacce e Villa Olivella, la prima ancora in fase di scavo, la seconda non accessibile ma visibile lungo il sentiero che attraversa l’Azienda agricola, ne sono la memoria ai giorni nostri.

Due imperatori sono legati più di tutti a Lorium: Antonino Pio, che vi costruì una villa nella quale morì nel 161 d.C e Marco Aurelio che, vinte le resistenze del suo recalcitrante cavallo, venne spesso qui, dove sposò Faustina, figlia di Antonino.

Dal Medioevo al Novecento

Alcuni degli attrezzi e delle fotografie esposte nel Museo della Civiltà Contadina, nato dalla passione di chi lavorava nell’Azienda nel primo dopoguerra per preservarne la memoria storica (Ph Aldo Frezza)

Lorium continuò a esistere anche dopo il passaggio di Vandali, Goti e Longobardi. La cittadina si salvò perché dichiarata sede vescovile e nel 746 domusculta, cioè azienda agricola con il compito di rifornire Roma di cereali e carne. Il Basso Medioevo fu un’epoca difficile per Castel di Guido, afflitta da malaria e miseria, almeno fino al 1547, quando passò in proprietà della Reverenda Camera apostolica e, infine, per volere di Paolo III, assorbita dall’Ospedale Santo Spirito che intervenne con opere di bonifica. Dal XVII secolo compaiono i mercatores, mercanti che prendevano in affitto grandi proprietà agricole per produrre cereali e carne. Durante il reclutamento venivano assoldati e sfruttati mendicanti, carcerati e pellegrini, tanto da indurre la Chiesa a limitare l’attività e addirittura proporne la scomunica.

Durante il periodo fascista il Comune, allora chiamato Governatorato, ottenne dal Pio Istituto Santo Spirito e Ospedali Riuniti di Roma la concessione di 1.200 ettari: iniziò così la costruzione di un Centro di Lavoro con dormitori, refettorio e servizi. Internati e confinati per motivi politici vennero così impiegati come manodopera a basso costo, sotto la supervisione del Direttore (un brigadiere dei carabinieri).

Alcuni delle fotografie esposte nel Museo della Civiltà Contadina (Ph Aldo Frezza)

Con la caduta del fascismo e la chiusura del Centro di Lavoro, alcuni lavoratori scelsero di restare a lavorare in azienda per approvvigionare gli Ospedali Riuniti dell’Istituto di Santo Spirito. L’attività riprese a pieno e a testimoniarlo sono le fotografie d’epoca e gli attrezzi agricoli del Museo della Civiltà Contadina, ospitato nel casale dell’azienda.

I braccianti provenivano dalle campagne del Lazio, Marche e Abruzzo; erano soprattutto donne che camminavano per ore dirette alle tenute di Santo Spirito. Con la chiusura degli Ospedali Riuniti, alla fine del secolo scorso, finì un’epoca ma fortunatamente se ne aprì una nuova.

L’Azienda oggi: la rinascita bio

La Frisona è destinata alla produzione del latte e, in futuro, di formaggi pregiati come la caciotta e il provolone (Ph Aldo Frezza).

La chiusura degli Ospedali Riuniti non è stata per fortuna l’atto finale per l’azienda. Passata in gestione al Comune di Roma, dopo molte difficoltà, Castel di Guido è oggi la più grande azienda agricola pubblica d’Italia e si sta convertendo in produttore a chilometro zero.

Lungo i sentieri che percorrono la tenuta potremo vedere svolgere le attività che seguono il ritmo delle stagioni: la raccolta delle olive, la pulitura invernale dei campi, la raccolta del fieno in primavera e la preparazione estiva per la mietitura. In azienda sono presenti due allevamenti, uno di Frisona che verrà utilizzato per la produzione di latte bio e uno di Maremmane, che sarà destinato alla produzione di carne DOP. Si produrranno cereali, in particolare orzo e farro, tutti rigorosamente biologici, miele e il prelibatissimo olio extravergine di oliva. Tutte le bontà biologiche, una volta riattivate le filiere, saranno via via rese disponibili per l’acquisto in un apposito mercatino ospitato nei locali dell’azienda.

Il progetto: diventare un riferimento per la produzione bio

Nei piani del comune di Roma l’azienda produrrà bio a chilometro zero e completerà la conversione delle vecchie filiere, come quella dell’erba medica, dei cereali, dell’olio, del miele e della frutta. I prodotti saranno presto acquistabili dal pubblico in un apposito punto vendita. Si potranno trovare tutti i sapori e profumi dell’agro romano, dall’olio extravergine al latte fresco delle frisone, dall’orzo, al farro, ai carciofi. Più avanti nel tempo l’ambizione è quella di riattivare la produzione di alcune antiche delizie: la ricotta, le caciotte con le spezie, il primosale e il burro. Forse torneranno anche le mozzarelle e il provolone che ebbero l’onore di essere riconosciute come le migliori di Roma in un concorso indetto dalla Camera di Commercio della capitale. Si tornerà anche a produrre carne DOP dai pregiati bovini maremmani.

Il territorio agricolo della Capitale è immenso, il più vasto d’Europa, una grande risorsa per diffondere la cultura della sana alimentazione e del rispetto ambientale ma vogliamo che diventi anche un’opportunità per la creazione di nuova occupazione, con un’attenzione particolare ai giovani

I percorsi di visita escursionistici

Un felice ritorno nell’area protetta: il lupo (Ph Romano Visci)

Il territorio agricolo della Capitale è immenso, il più vasto d’Europa, una grande risorsa per diffondere la cultura della sana alimentazione e del rispetto ambientale ma vogliamo che diventi anche un’opportunità per la creazione di nuova occupazione, con un’attenzione particolare ai giovani. Qui di seguito presentiamo due itinerari da percorrere all’interno della tenuta.

Escursione a piedi Anello storico-naturale

Escursione in bici lungo l’Anello di Castel di Guido

Testi di Carlo Rocca, Aldo Frezza e Massimo Piacentino / Foto di Massimo Piacentino e Aldo Frezza

 

 

CASTEL DI GUIDO

natura e tipicità nella storia

Via Aurelia, km 20

00166 Roma

 

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