Trekking sulle orme dello stambecco: i migliori itinerari per osservarlo

18 marzo 2020 - 4:36

Il vero signore delle Alpi è lui, lo stambecco, superbo nel suo portamento anche nella stagione fredda quando abbandona le vette per scendere sotto i 2000 metri di altezza.

nprimavera è facile avvistarlo poco sopra il limite del bosco, dove trova erba giovane da brucare; con l’arrivo degli escursionisti – ansiosi di percorrere i sentieri dei parchi dopo aver riposto gli scarponi in cantina per tutto l’inverno – questo mammifero dell’ordine degli Artiodattili risale i fianchi delle montagne per trascorre le giornate in luoghi appartati, lontano dalla “confusione” portata dai gitanti.

 

Uomo e stambecco: luci e ombre di un antico legame

La storia di questo ungulato si è intrecciata da sempre con quella dell’uomo, rischiando l’estinzione già nel XVI secolo.

La riscossa dello stambecco iniziò nel 1856 con le prime norme di protezione emanate dai sovrani di Casa Savoia, rafforzate nel 1922 con l’istituzione del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Oggi lo stambecco sta tornando a colonizzare parte del suo antico areale alpino.

Rifugio Vittorio Emanuele II (Archivio PNGP / Luciano Ramires)

Anche nel Parco naturale delle Alpi Marittime, gemellato con il Parco nazionale francese del Mercantour, è facile osservare lo stambecco, che dalla ventina di capi provenienti dal Gran Paradiso è passato a oltre 500 esemplari.

Ormai se ne contano più di 10.000 in tutto l’arco alpino italiano, sebbene la distribuzione dello stambecco sia tuttora abbastanza frammentaria. Fatta eccezione per quella del Parco Nazionale del Gran Paradiso, tutte le attuali popolazioni sono il frutto di reintroduzioni.

“La Valle d’Aosta è l’unica regione della Alpi in cui la specie non sia mai scomparsa nell’Ottocento: re Vittorio Emanuele II fece proteggere nel 1856 gli ultimi esemplari presenti per riservarli alla sua caccia personale”

Il combattimento

Lo incontrai nuovamente nei pressi del Lago di Loie, non lontano da Lillaz, in circostanze quasi misteriose: riuscii infatti ad individuarlo a fatica e ne avvertii soprattutto la presenza. Era un giorno di novembre e con un amico salii al laghetto: una scelta dissennata, dal momento che il sentiero si sviluppava attraverso un pendio in ombra, gelido!

L’autunno inoltrato, l’oro dei larici, il tacere dei ruscelli già bloccati dal gelo creavano un’atmosfera irreale: improvvisamente la quiete di un mondo cristallizzato dall’inverno incipiente venne infranta da sordi tonfi e inquietanti lamenti, amplificati dall’eco generato dalle rocce incombenti.

Dopo qualche istante realizzai che un combattimento tra maschi era in corso in qualche luogo recondito del vallone: più tardi vidi lontanissimo un paio di grandi corna nodose che si allontanavano lungo la cresta della montagna.

Quel giorno mi resi conto di come lo stambecco possa, nei secoli, avere alimentato tante leggende.