Seguire le orme del lupo appenninico che fino a qualche anno fa era in pericolo di estinzione, scrutare il cielo alla ricerca del volo maestoso delle aquile reali.
E poi sorprendersi alla vista di alberi maestosi che normalmente si trovano ad altre altitudini in montagna, perdersi tra i profumi e i colori della vegetazione mediterranea e scoprire le preziosa rarità del microcosmo ipogeo delle Grotte, ricchissimo di vita dalle forme più impensate.
Speyeria aglaja (Ph.: Elisa Rossini)
Con le sue 105 specie di uccelli nidificanti, 40 specie di mammiferi, 29 tra rettili e anfibi e oltre 1250 specie vegetali, il Parco Naturale della Grotta della Rossa e di Frasassi è un vero gioiello di biodiversità.
Camminando lungo i sentieri, i boschi e le rocce dell’area protetta, ci si immerge in un universo senza tempo.
Negli anni, si è riusciti a conservare specie in pericolo e, grazie all’ Osservatorio sulla biodiversità, ogni anno se ne scoprono di nuove, alcune delle quali esistono solo qui.
Un’avventura affascinante che merita di essere raccontata e soprattutto visitata, con l’aiuto delle guide del Parco, per non perdersi nulla della sua ricchezza naturalistica.
La varietà delle specie di uccelli da sola fa ben intendere quale sia l’importanza del Parco dal punto di vista della biodiversità.
Nell’area protetta si contano infatti ben 105 delle 124 specie nidificanti presenti in tutta la Provincia di Ancona.
Ph.: Elisa Rossini
Il vertice della catena alimentare – l’Aquila reale – è presente proprio nella gola di Frasassi, dove nidifica l’unica coppia dell’intera provincia.
L’Astore , il Biancone , il Nibbio reale , il falco Lanario e il falco Pellegrino sono gli altri rapaci diurni presenti.
Per quanto riguarda i rapaci notturni fanno capolino nel Parco la Civetta, il Barbagianni, l’Allocco e il Gufo comune, ma è stata anche confermata la presenza del Gufo Reale.
Ammonite (Ph.: Elisa Rossini)
Per quanto riguarda i mammiferi è accertata la presenza di un altro grande predatore dell’Appennino italiano, il lupo.
L’area negli ultimi anni è stata ripopolata da questo animale grazie alle iniziative adottate per proteggere la specie e alla presenza sempre più rilevante delle sue prede più comuni: il cinghiale , il daino, il capriolo e anche il cervo.
Sono presenti inoltre il gatto selvatico e la puzzola, oltre alla volpe, la faina, la donnola e il tasso.
Scoiattolo ed istrice la fanno da padrone tra i roditori, ma esistono anche specie più rare come il topo quercino.
Per quanto riguarda i mammiferi insettivori è presente l’animale simbolo del Parco, il riccio, e poi la talpa cieca e il toporagno.
Monte Picco (Ph.: Elisa Rossini)
Un discorso a parte meritano le cavità ipogee, un ecosistema unico, un mondo sotterraneo ricco di vita.
Le specie di chirotteri presenti sono una decina.
La colonia di pipistrelli fa del Parco una delle aree protette di maggiore importanza in Europa, con oltre 12000 miniotteri.
Nel mondo nascosto del sottosuolo vivono poi tra gli altri il geotritone e il niphargus, un raro e minuscolo crostaceo che popola i laghetti delle grotte.
Ma poi anche il ragno Nesticus Eremita, e alcune specie endemiche troglobie.
Tra gli anfibi vi sono 3 stazioni riproduttive di Salamandrina dagli occhiali e alcune stazioni di Tritone italico, specie rare e minacciate di estinzione in tutta Italia.
Anche la flora del parco si segnala per la sua varietà e per la sua unicità.
Non mancano periodicamente comunicati ufficiali che raccontano di nuove specie endemiche che vengono censite nel territorio dell’area protetta.
In questo piccolo paradiso della biodiversità si distinguono i vari habitat a cui corrispondono ecosistemi diversi.
Lilium bulbifera (Ph.: Elisa Rossini)
In collina sono presenti boschi di carpino nero e boschi di roverella in alcuni casi con cerro.
Nella parte montana si sviluppano invece boschi di faggio.
Per quanto riguarda l’ambiente delle gole, la vegetazione è mediterranea con il leccio, la robbia selvatica, il terebinto, la fillirea, il corbezzolo, l’asparago e lo stracciabraghe .
Una peculiarità riguarda il faggio, albero che di solito cresce a partire dai 700 metri di altitudine.
La Gola di Frasassi, grazie al suo microclima peculiare, regala ai visitatori l’esperienza di vedere esemplari di queste piante anche a 200-300 metri di altitudine.
Grillo, Leptophyes sp. (Ph.: Elisa Rossini)
Anche nella Valle Scappuccia questo albero tipicamente montano scende di quota ed è visibile già intorno ai 350-400 metri.
A partire dalla fine del Novecento si sono effettuate operazioni di rimboschimento con pino nero d’Austria, il pino da pinoli (P. pinea), il pino marittimo, il pino d’Aleppo, l’abete bianco, l’abete greco, i cedri ed i cipressi.
Il segreto prezioso del Parco è poi rappresentato da alcune specie botaniche rarissime: la Moehringia papulosa, che nel mondo è presente solo nelle Gole di Frasassi, della Rossa e del Furlo, la Potentilla caulescens, il Rhamnus saxatilis, la Saxifraga australis e la Ephedra major, un relitto di Era Terziaria.
Le praterie a Festuco-Brometalia con splendida fioritura di orchidee e Thero-Brachipodieatae, presenti nelle praterie di monte Valmontagnana, Poggio S. Romualdo, onte Murano, monte Scoccioni e monte Pietroso, fondamentali per i mammiferi e per gli uccelli del parco, sono habitat floristici prioritari di conservazione nel Parco a livello europeo.
a cura di Elisa Rossini
Non c’è modo migliore per scoprire le bellezze del Parco, che percorrerlo nei sui sentieri immersi fra rocce, scorci di rara bellezza e lo scorrer lento ed incessante di fiumi e torrenti.
Uno dei sentieri più caratteristici è sicuramente l’anello di Valle Scappuccia, un itinerario di circa 11 chilometri (a/r) percorribile in 3 o 4 ore, adatto anche a famiglie con bambini amanti dell’avventura.
Lungo il Sentiero del Papa (Ph.: Elisa Rossini)
In questo viaggio sicuramente vi tornerà utile la carta escursionistica del Parco oppure una guida ambientale che, con occhio esperto, vi conduca alla scoperta della natura.
Il percorso (IT02) si snoda attraverso una piccola valle a Nord del paese di Genga, scavata nei millenni dal torrente Scappuccia e racchiusa dalle pareti del Monte Picco, Monte Termine e Monte Piano: rappresenta il luogo ideale per godere dei profumi e dei colori che sono espressione della ricchissima biodiversità del Parco.
Lasciata l’auto nel parcheggio sotto il castello di Genga, si scende una scalinata di pietra che conduce all’imbocco del sentiero n. 107, il cui primo tratto è dedicato a Papa Leone XII, che nacque proprio in questo piccolo paese delle Marche e soleva attraversarlo per raggiungere l’abitato di Monticelli, seconda tappa del nostro percorso.
Genga vista dal Sentiero del Papa (Ph.: Elisa Rossini)
Il sentiero è largo e pianeggiante, consentendoci di ammirare alcuni scorci del castello di Genga, immerso nel verde.
Incastonata sulle pareti rocciose alla nostra destra possiamo osservare la santoreggia montana, pianta aromatica della tradizione contadina ed il profumatissimo elicriso, con foglie argentee e capolini gialli.
Dopo un breve tratto di strada asfaltata, lasciata alla nostra destra la chiesa di Monticelli, si prosegue sulla carrareccia in salita, per circa 1 km: terminata l’ascesa, possiamo contemplare un fitto bosco, composto da conifere, lecci, roverelle, varie specie di aceri ed arbusti di biancospino e rosa canina.
Non è raro udire in lontananza il verso del picchio rosso maggiore oppure del picchio verde.
Se il terreno è lievemente fangoso, osservando con attenzione non è difficile osservare impronte di capriolo, cinghiale, tasso, istrice e, se siamo davvero fortunati, individuare quelle del lupo!
Giunti al valico che separa Colle Bertone dal Monte Piano, al bivio con il sentiero n. 142, proseguiamo seguendo il sentiero n. 107 che scende e curva a sinistra.
Ci troviamo ad un’altitudine di circa 500 m. e, nonostante la quota relativamente bassa, incontriamo splendidi faggi che accompagnano la nostra discesa.
La loro presenza è dovuta ad un fresco microclima che si crea grazie alla presenza di pareti rocciose che circondano la valle ed al torrente Scappuccia che la percorre, consentendo così la crescita del faggio che altrimenti, troveremmo a quote ben più elevate.
Alla fine del pendio, il bosco si apre in una radura: facendo attenzione a non calpestare le rare orchidee, è possibile scorgere l’empusa pennata, una splendida mantide che cerca di mimetizzarsi fra gli steli secchi, oppure osservare il volo leggiadro delle farfalle.
Si riprende il cammino, proseguendo per il sentiero ben evidente che in alcuni punti interseca il torrente Scappuccia, rendendo più avventuroso il nostro passo fra un ponte di ciottoli ed un salto.
Dopo pochi metri, ecco che il sentiero si stringe ed attraversa uno splendido antro scavato nella roccia dall’azione millenaria del torrente: attraversarlo è quasi un’esperienza mistica, fra lo scorrere dell’acqua e le goccioline che si staccano dalle pareti rocciose.
Sirfide su orchidea (Ph.: Elisa Rossini)
Usciti dalla piccola valle incantata, il nostro percorso termina sulla strada asfaltata: da qui possiamo scegliere se ritornare sui nostri passi, se chiudere l’anello proseguendo verso l’abitato di Capolavilla e scendere fino al castello di Genga oppure, per i più temerari, proseguire il sentiero 107 e salire fino al Monte Predicatore.
– Elisa, presentati. Chi sei e cosa fai nel Parco?
Laureata in Scienze Naturali, sono educatrice ambientale e guida naturalistica dal 2009. Durante le escursioni nei sentieri del Parco cerco di trasmettere la mia passione per la natura ad adulti e bambini, accompagnandoli con curiosità nell’ambiente che ci circonda. Ogni luogo che visitiamo ha una sua storia, fatta di aneddoti, tradizioni locali, elementi naturali da toccare e scoprire, per interpretare la natura.
– Se dovessi indicare una pianta come simbolo della biodiversità del parco, quale sceglieresti?
Sicuramente la Moehringia papulosa, una piccola e straordinaria pianta endemica della Regione Marche, presente unicamente in solo tre stazioni, di cui due nel Parco: Gola di Frasassi e Gola della Rossa, la terza è ubicata all’interno della Gola del Furlo nella provincia di Pesaro-Urbino.
Nonostante la sua delicatezza, presenta una straordinaria capacità di sopravvivenza, crescendo incastonata nella roccia, su rupi calcaree da subverticali a strapiombanti, ed in anfratti rocciosi.
– E se dovessi indicare un animale?
Sicuramente sceglierei l’aquila reale, maestoso rapace che ogni anno nidifica all’interno delle gole calcaree del Parco. Una menzione speciale la merita il lupo.
Grazie ad un piano di salvaguardia a livello nazionale, che ha protetto gli ultimi esemplari rimasti in Italia, è riuscito progressivamente a ripopolare spontaneamente le nostre montagne, dalle quali era scomparso a causa di secoli di persecuzioni, animate da superstizioni popolari.
– Che cosa incuriosisce di più i visitatori del Parco che conduci lungo i sentieri alla scoperta di piante e animali? Che cosa ti chiedono?
Ogni sentiero del Parco ha una storia millenaria da raccontare ai suoi visitatori. Spesso mi chiedono come si sono formate le maestose gole calcaree e le grotte, per rimanere poi sorpresi dagli animali che possiamo trovare all’interno di una grotta: delicatissime colonie di pipistrelli, insetti ed aracnidi con forme e colorazioni particolari, perfettamente adattati alla vita al buio.
Purtroppo durante un’escursione, specialmente in gruppo, non è semplice osservare gli animali che popolano il Parco ma, percorrendo gli itinerari con un occhio ed un orecchio attento ai particolari, è possibile identificare le impronte lasciate dagli animali o udire il caratteristico verso del capriolo.
La presenza di aculei è indice del passaggio di un istrice, una particolare penna azzurra è appartenuta sicuramente alla ghiandaia, mentre le pigne rosicchiate sono opera di scoiattoli! I visitatori sono inoltre affascinati dalle leggende popolari, usi e tradizioni che ruotano attorno alle piante che troviamo lungo i sentieri: dall’erba di San Giovanni contro il malocchio, alla letalità della cicuta, fino al liquore a base di frutti di prugnolo.