Karakorum: sulla via del K2

19 marzo 2020 - 16:04

La lunga marcia tra i ghiacci del grande Karakorum.

Il trekking nei territori remoti del Pakistan settentrionale rappresenta un viaggio straordinario e complesso, duranteil quale si percorrono lunghe distanze attraverso la regione di ghiacciai di alta montagna più estesa del pianeta, il Baltistan.

Nelle settimane di marcia si segue il corso dei fiumi proglaciali, inerpicandosi su scarpate e attraversando morene detritiche, mentre si sale gradualmente di quota, fino a entrare nel maestoso paesaggio glaciale, in cui ci si orienta tra i maggiori massicci granitici del Karakorum.

Un ambiente estremo e selvaggio, nel quale la fatica lascia spazio all’entusiasmo della scoperta di paesaggi straordinari e dai forti contrasti, che riflettono l’anima di un Paese contraddittorio e poco conosciuto, crocevia di popoli, antiche culture e lingue. Un’esperienza unica nella vita, dove sono indispensabili capacità di adattamento e spirito di avventura.

Karakorum: la lunga marcia

In questo viaggio di ventitré giorni nella regione montuosa del Baltistan, si compie un attraversamento in tutta lunghezza del ghiacciaio Baltoro, che conduce alla regione di ghiacciai di alta montagna più estesa del pianeta e sul quale si elevano sette delle venticinque cime più alte del mondo, di cui quattro ottomila.

Dopo il volo panoramico da Islamabad per l’aeroporto di Skardu, si viaggia in fuoristrada risalendo la lussureggiante valle di Shigar, fino alla cittadina di Askoli, punto di partenza per trekking e spedizioni alpinistiche. Da qui inizia il percorso a piedi in un paesaggio lunare, tra montagne scure e giganti d’argento, costeggiando in un continuo saliscendi le franose sponde del fiume Braldu, fino alla lingua terminale del ghiacciaio Biafo.

Ora la via prosegue sui detriti morenici, che penetrano verso est, serpeggiando in un ambiente sempre più aspro e selvaggio, contornato dalle imponenti torri granitiche di Trango, dalle scaglie rocciose della Cattedrale e dalle nevi perenni del Masherbrum, fino a confluire nell’immenso anfiteatro glaciale di Concordia, dove la vista spazia nel più ampio complesso di vette e ghiacciai del pianeta.

In questo mondo opalescente e ingannevole i versanti scintillanti del Gasherbrum IV guidano verso nord, tra i seracchi del ghiacciaio Godwin-Austen, fino ai contrafforti del Broad Peak, e da qui alle pareti del K2, la grande montagna. Tra le vele di ghiaccio, il cammino ritorna a sud verso il trono dorato del Baltoro Kangri, superando i profondi crepaci del ghiacciaio Vigne e oltrepassando le alte vie di roccia del Gondogoro, per ridiscendere nell’omonimo versante e adagiarsi sulla valle di Hushe.

Un trekking difficile e impegnativo, che riunisce i panorami più spettacolari del Karakorum e che costituisce la più avvincente esperienza tra i ghiacciai, ma che richiede conoscenze alpinistiche e accurata preparazione.

Ghiacciaio Baltoro: immensità e desolazione

L’itinerario di attraversamento del ghiacciaio Baltoro prevede da quattro a nove ore di cammino giornaliere, durante le quali si procede fuori dai sentieri con andatura lenta e costante, per dare modo al corpo e alla mente di abituarsi agli ambienti sempre più ostili, caratterizzati da improvvisi cambiamenti atmosferici, importanti sbalzi termici e altitudini elevate.

Passo dopo passo, ci si ritrova in un vasto mondo di valli inaccessibili, dove ci si orienta tra aridi tappeti sabbiosi, torrenti e ghiacciai nereggianti, seguendo faticosamente le orme dei portatori, che si muovono veloci verso i campi base delle spedizioni. In questi unici luoghi di ritrovo le esperienze si fanno racconti e si attende, nelle lunghe notti di stelle e silenzi, il calore del sole al mattino. Per poi procedere, all’indomani, verso nuovi orizzonti straordinari.

Il grande Karakorum

Nata dallo scontro tra gli antichi continenti di Eurasia e India, e con oltre diecimila chilometri quadrati di altitudini, la regione montuosa del Karakorum racchiude l’essenza della natura più selvaggia, percepibile in tutta la sua complessità nei vasti panorami che si estendono lungo quattrocento chilometri di alte creste granitiche a nord-ovest dell’Himalaya e a nord del fiume Indo.

In un territorio dove la dominanza degli elementi si esprime con la massima potenza, ci si sente schiacciati dal peso di una bellezza incontenibile, innalzata oltre ogni idea di grandezza. Immersi in questi scenari, la contemplazione si trasforma in suggestione e, mentre il cammino procede tra il crepitio dei ghiacci e il boato delle valanghe, la fatica incontra la dimensione fisica e riconduce l’uomo con la propria naturalità.

K2: preludio all’infinito

A nord dell’immenso anfiteatro glaciale di Concordia, sulla via della stella polare, 8611 metri di materia primordiale plasmata da forze creatrici si elevano dai ghiacci verso la volta celeste, dominando l’orizzonte e sovrastando la selva di vette circostanti.

Maestosa opera della natura e apoteosi di perfezione geometrica, la piramide del K2 è un sogno eterno e fatale. I suoi ripidi versanti, che l’inverno detiene inviolati, raccontano di vittorie e tragedie. Simbolo di una rinascita epocale, è stata oggetto di orgoglio e dibattito sulle pagine sportive della storia tricolore.

Dalla sua scoperta la montagna delle montagne ha rappresentato il desiderio di esplorare aldilà del mondo conosciuto, riflettendo l’infinito interno all’uomo che la osserva e che in essa cerca una conquista già iniziata dentro di sé.

Un mondo inesplorato

L’arco montuoso del Karakorum racchiude una grande area del pianeta poco esplorata e ricca di biodiversità vegetazionale e faunistica. In questi territori selvaggi permangono rari ambienti incontaminati, dove trovano habitat numerose specie endemiche, che vivono distribuite e isolate in differenti zone altitudinali. Dalle aree verdi prive di vegetazione ad alto fusto, che ricoprono le morene alle quote più basse e contraddistinguono la steppa alpina arida, si giunge ai campi di artemisia, che rivestono le immense solitudini pastorali situate entro i tremila metri di altitudine. Le zone boschive subalpine, ambienti naturali degli ungulati come l’Ibex himalayano, sono caratterizzate dalle praterie e dalle foreste semi-umide alpine, che verdeggiano in primavera, ricoprendosi di betulle, ginepri, rododendri e salici.

In questi scenari naturali coesistono numerose specie di animali a rischio, tra cui l’orso, la lince e il leopardo delle nevi, che sfuggono a qualsiasi percezione, mentre i branchi di lupi vagano liberi negli spazi impervi e rivelano il loro ruolo di principali predatori.

Oltre i cinquemila metri di altitudine le rigide condizioni ambientali delle nevi perenni e dei deserti freddi, limitano la presenza animale all’avifauna e impediscono la crescita di ogni tipo di vegetazione, definendo un territorio scarno e dai vasti orizzonti. Nonostante le difficoltà degli ambienti che differenziano l’intera regione, si osservano i segni dell’attività prorompente di una natura ricca e varia, che pretende di essere conosciuta e tutelata.

I popoli del Nord: il gruppo etnico dei Baltì

Chiusi fra le catene delle montagne e confinati per secoli in un lungo isolamento, il gruppo etnico dei Baltì ha organizzato la propria esistenza in una terra solitaria, trovando strategie di sussistenza nell’agricoltura e nell’allevamento in valli e gole impervie.

Le mutevoli condizioni climatiche, tra aridità desertica e rigidità glaciale, hanno limitato la nascita degli insediamenti alle oasi, sorte su strette terrazze alluvionali entro i tremila metri di altitudine, oltre i quali esistono solamente i pascoli estivi delle mandrie di Dzu.

Erede delle tradizioni tibetane, di cui utilizza l’antico dialetto, questo popolo conserva l’anima spirituale della terra dalla quale proviene, nonostante la conversione alla religione islamica di maggioranza sciita. Veli colorati e morbidi cappelli di lana coprono i loro occhi, scuri come le nuvole delle tempeste e rivelatori di animi resilienti, che gli hanno permesso di adattarsi a questi territori ostili, eternamente contesi ed economicamente bisognosi.

In situazioni di difficoltà, la speranza in un futuro economicamente migliore viene dal lavoro come guide e portatori nelle spedizioni dirette al cuore della regione, lontano da tutto e da tutti, dove l’aria è sottile e lo sguardo si spinge oltre ogni confine.

Sulla via del ritorno

Nel Karakorum la vita si arrende al volere degli dei delle montagne, che scrutano gli uomini procedere in panorami di straordinaria bellezza, isolati nella propria fatica e sostenuti da un sogno. Il ritorno, tra gioia e malinconia, porta con sé la consapevolezza che si è completato qualcosa di unico. Così, mentre si discende lungo le valli, il corpo ritorna al suo stato di benessere naturale e l’animo si gratifica, arricchito di un’esperienza che si radicherà nella propria vita per sempre.

La descrizione delle tappe…

Karakorum: in cammino sulla via del K2

 

Testi e foto di Francesco Frascaro