La Via del Sale: in cammino da Varzi a Portofino

18 aprile 2023 - 6:07

“Il mare scalcia come un mulo / lungo il sentiero / la notte cade e fascia gli occhi”

Le parole e il violino di Michele Gazich ne “la Via del Sale” sonolì a ricordarci che non tutte le strade conducono da un paese a un altro, o da valle a monte.

Ve ne sono altre, più rare e preziose, che permettono di viaggiare non solo attraverso territori e regioni, ma a ritroso nel tempo, verso epoche remote, dove i passi avevano il sapore di fatica, pericolo, avventura.

È quello che può accadere percorrendo l’antica Via del Sale, un cammino di 73 chilometri che attraversa quattro province (Pavia, Alessandria, Piacenza e Genova), in cui è facile camminare per silenziosi e deserti tratti, immersi tra boschi incantati o sulle creste delle montagne.

Ma non si è mai soli. Antichi manufatti divorati dalla ruggine, ruderi di vecchie abitazioni affioranti tra il sottobosco di felci, lapidi commemorative di fatti d’armi, stazioni di posta divenute rifugi parlano all’escursionista che sa ascoltare.

Un cammino che ripercorre le impronte sul sentiero, cancellate dal tempo, di un giovane mulattiere, un audace partigiano, un devoto pellegrino o un feroce brigante.

 

La via del sale: perché si chiama così?

Un tempo carovane di muli carichi di sale, trasportavano dalle località marine alla pianura Padana il prezioso elemento, indispensabile per la conservazione dei cibi, la concia delle pelli, la produzione di formaggio.

Venivano percorse le creste dei monti, che offrivano maggiori possibilità di orientamento, tragitto più breve e assenza di guadi. Persa la loro valenza commerciale, queste vie si prestano alla riscoperta, da parte dell’escursionista attento e curioso.

Oggi percorriamo la Via del Sale con spirito e motivazioni diverse da un tempo, partendo dallo splendido borgo medioevale di Varzi vicino a Voghera, per raggiungere dopo tre-quattro giorni le località marine liguri di Recco e Portofino.

Attraversiamo un territorio appenninico sconosciuto ai più, a cavallo di quattro province e tre regioni.

Una terra che ha conosciuto l’abbandono e lo spopolamento, e presenta pertanto il fascino di una natura prorompente e incontaminata. Non a caso, il fiume Trebbia che lo percorre, risulta uno dei meno inquinati d’Italia.

Un percorso con tappe di un certo impegno per lunghezza e dislivello, da affrontare con un minimo di coscienza e allenamento, ma che sanno regalare emozioni inattese e irripetibili.

 

Il melting pot delle quattro province

Il territorio appenninico attraversato dalla Via del Sale appare oggi in larga parte disabitato e libero dalla presenza umana, tanto che da qui è passato indisturbato il lupo, per ritornare sulle Alpi.

Un tempo questi luoghi rappresentarono invece il crocevia di traffici mercantili, possedimenti contesi di nobili casate, dove fiorirono borghi con castelli e sorsero importanti centri monastici.

Da qui passarono eserciti, mercanti, pellegrini, attraversando antiche strade come la via Postumiala Francigena.

Le montagne dividono le acque e uniscono gli uomini”, recita un proverbio in lingua d’Oc. Qui si sono fuse le esperienze di popolazioni diverse, che hanno trovato una sintesi, che ancora oggi rimane ad esempio nell’uso di strumenti a fiato tradizionali come il piffero e la cornamusa.

 

Tracce storiche e di gusto

L’itinerario parte da Varzi, antico borgo commerciale, possedimento dei Malaspina. Qui arrivavano le carovane e avevano luogo intensi scambi.

Il nucleo medioevale presenta ancora numerose testimonianze di antichi fasti, meritando una visita approfondita, senza tralasciare di gustare la sua famosa specialità: l’omonimo salame dalle caratteristiche uniche.

Di genere diverso, ma altrettanto allettanti per il palato, sono i canestrelli (pardon, canestrelletti!) di Torriglia, altra tappa della via. Dolci da gustare rigorosamente a chilometro 0, magari camminando lungo le stradine dell’antico paese, dalla complessa storia.

Possedimento dei Malaspina, dei Fieschi e poi dei Doria, divenne addirittura un principato, per passare successivamente in mani francesi, savoiarde e infine proclamarsi repubblica partigiana.

Si chiude in bellezza con l’universalmente nota focaccia al formaggio di Recco, imitata e mai uguale a quella calda e cremosa, che si può gustare come premio dell’arrivo, di fronte al mare.

 

Le tappe della Via del Sale

La Via del Sale si presta a essere percorsa in ogni periodo dell’anno: un weekend lungo e si parte.

In primavera si fanno ammirare spettacolari fioriture, d’estate l’ombra dei boschi e la brezza dei crinali offre conforto, in autunno le pendici dei monti si rivestono delle mille sfumature del foliage, d’inverno si possono tirar fuori le racchette da neve!

L’itinerario si svolge percorrendo le creste dei monti che conducono al mare, risultando pertanto estremamente panoramico.

Non presenta significative difficoltà tecniche, ma per dislivello, lunghezza delle tappe e ambiente montano risulta un trekking che richiede un minimo di preparazione.

 

Prima tappa – da Varzi a Capanne di Cosola

Località di partenza Varzi (PV) 416 m
Località di arrivo Capanne di Cosola (Cabella Ligure, AL) 1496 m
Difficoltà E-EE
Dislivello + 1445 metri
Tempo di percorrenza 7,15 ore
Lunghezza 20,5 chilometri

Si lascia Varzi dal ponte che attraversa il torrente Staffora, percorrendone per un tratto la riva. Poi il sentiero si innalza in direzione sud, portandoci a raggiungere dopo 6 km Monteforte, piccola frazione un tempo frequentata dai monaci di San Colombano.

Tappa successiva Castellaro. Da qui si inizia a salire in maniera decisa, ma la fatica è alleviata dal percorrere una splendida faggeta.

Ci immergiamo in un mondo di fiaba, dove la luce del sole filtra a tratti tra il fogliame, disegnando atmosfere di sogno.

Il borgo di Varzi – Foto Getty Images

Più in alto, la vegetazione cambia e si percorre un lungo rettilineo tra abeti bianchi, come si attraversasse la navata di una chiesa. Qua e là, emergono dal sottobosco giganteschi tumuli di aghi di pino, dove si affaccendano torme di formiche rufe.

All’improvviso, usciamo dal bosco sfociando sul pian della Mora che ospita l’omonimo rifugio incustodito. Da qui iniziamo a percorrere la cresta della catena montuosa che separa la val Curone dalla val Staffora e la vista spazia lontano, fino all’arco alpino.

Proseguiamo tra boschi e praterie fino ad arrivare al secondo rifugio (Laguione), dove quadri appesi alle rustiche pareti in legno raccontano di antichi episodi.

Un’ultima fatica permette infine di raggiungere il monte Chiappo, la cima più alta della Via del Sale con i suoi 1699 metri.

Punto di incontro di tre regioni (Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna), dalla sua vasta cima erbosa si gode di un fantastico panorama a 360 gradi e nelle giornate più limpide si vede il mare.

Possiamo concederci una pausa per bere e mangiare qualcosa nell’omonimo rifugio, sicuri che ormai l’impresa per oggi è fatta. Ci attende un’iconica discesa su un’ampia mulattiera, che percorriamo come sospesi nel cielo, per approdare al passo di Capanne di Cosola.

 

Seconda tappa da Cabella Ligure a Torriglia

Località di partenza Capanne di Cosola (Cabella Ligure AL) 1496 m
Località di arrivo Torriglia (GE) 769 m
Difficoltà E
Dislivello + 653 metri
Tempo di percorrenza 8 ore
Lunghezza 24 chilometri

Dopo aver attraversato un bosco di faggi che, complice il sole sorto a est, offre fantastici giochi di luce, si sale sulla cima più alta della tappa, il monte Cavalmurone, dalla caratteristica doppia sommità.

Percorriamo adesso uno dei tratti più affascinanti della via.

Percorrendo la mulattiera in cresta, saliamo e scendiamo per le cime che si avvicendano, cullati dal vento e inebriati dal mare di monti davanti a noi, che si susseguono fino a dove il nostro sguardo può arrivare.

Aggiriamo l’imponente piramide sommitale del monte Carmo e scendiamo a un altro valico, quello di Capanne di Carrega, dove ci attende l’omonimo agriturismo, ospitato dalla costruzione che fu stazione di posta per carovane di muli e luogo di incontro di brigate partigiane.

La croce sul Monte Antola

Entriamo in provincia di Genova, percorrendo lo spartiacque tra l’alta val Trebbia e quella Borbera, al confine tra due parchi naturali. In primavera, spettacolari fioriture di narcisi, orchidee, genziana e arnica montana colorano incontaminati prati.

Alternando boschi e tratti aperti, arriviamo con un ultimo sforzo in cima al monte Antola, la montagna dei genovesi. Nelle giornate terse, lo sguardo arriva fino alle Alpi Apuane e alla Corsica.

Una breve discesa ci conduce alle rovine di antichi rifugi e a quello funzionante e moderno, con l’ampia vetrata e la terrazza affacciata sullo specchio azzurrognolo del lago del Brugneto, in fondo alla vallata. Una breve sosta perché la tappa non è ancora finita.

Un percorso nel bosco ci porta alle pendici del monte Prelà, da dove, a pochi metri di distanza, nascono il Trebbia e lo Scrivia.

Quando il bosco termina, ci affacciamo da un’altura e possiamo vedere finalmente l’abitato di Torriglia che ci attende giù in basso, che raggiungiamo con un’impegnativa mulattiera in acciottolato.

 

Terza tappa da Torriglia a Recco

Località di partenza Torriglia (GE) 769 m
Località di arrivo Recco (GE) 2 m
Difficoltà E
Dislivello + 620 metri
Tempo di percorrenza 9 ore
Lunghezza 28,3 chilometri

Ultima e lunga tappa, che è comunque possibile spezzare, o percorrerla in parte, per continuare l’indomani verso Portofino.

Salendo dall’abitato di Torriglia, riconquistiamo la cresta e ci immergiamo in un fitto bosco, dove a stento filtra la luce del sole.

Odore di muschio e funghi ci accompagna per il lungo sentiero. Ma tutto a un tratto, avvertiamo una brezza diversa, più secca, che porta con sé sentori diversi.

Il bosco all’improvviso si apre, compaiono cespugli di ginestra, erica, elicriso e ci affacciamo su una balconata naturale, che si apre sulla val Fontanabuona. In fondo, il cielo confina con il mare.

Sempre sulla panoramica cresta che segue l’andamento della vallata alla nostra sinistra, percorriamo un tratto dell’Alta Via dei Monti Liguri. Siamo sul versante orografico ligure e boschi di castagno si alternano a chiazze di macchia mediterranea.

Arriviamo dopo aver percorso quindici chilometri a Sant’Alberto di Bargagli, dotato di ben due bar-ristoranti. Il tempo di ritemprarsi per riprendere un caratteristico sentiero, che segue nel castagneto un ripido crinale, sostenuto a valle da muretti a secco.

Arriviamo infine al colle del Bado, un’ampia sella erbosa affacciata sull’omonima amena valletta, dove un tempo pascolavano armenti. La percorriamo scendendo gradualmente verso Case Cornua, sull’alto della valle di Sori.

Qui il mare ci appare finalmente a portata di mano. Un tratto di provinciale fino a raggiungere la graziosa cappelletta degli Alpini, da dove riprendiamo il sentiero, che percorre lo spartiacque tra il vallone di Sori e quello di Recco.

Arriviamo fino al monte Castelletto, panoramico punto di affaccio sul golfo Paradiso. Da qui è tutto uno scendere, per sentiero prima e gradinate poi, sull’abitato di Recco.

 

Quarta tappa Uscio – Portofino

Località di partenza Uscio (GE) 420 m
Località di arrivo Portofino (GE) 2 m
Difficoltà E
Dislivello + 561 metri
Tempo di percorrenza 6 ore
Lunghezza 18,8 chilometri

Dalla cappelletta degli Alpini incontrata nella precedente tappa è possibile giungere a Uscio, dove ci si ferma, per ritornare il giorno dopo sulla strada verso Recco, oppure proseguire verso Portofino.

In questo caso, da Uscio si riprende la cresta fino al passo del Gallo.

Il sentiero, per buona parte in ambiente boschivo, si apre più avanti sullo spartiacque, permettendo appaganti vedute: a ovest il golfo Paradiso con Recco e Camogli, a est Santa Margherita Ligure e Rapallo.

Si raggiunge Ruta, con la sua chiesa millenaria, per entrare poi nel Parco Regionale di Portofino, dai curati percorsi. Il famoso porticciolo è ormai alla nostra portata: sarebbe stato banale arrivarci dal mare!

 

Guide consigliate:

La Via del Sale – Su e giù per l’Appennino da Varzi a Recco

di Gianni Amerio – Morellini Editore