Dall’estremo Nord, che custodisce una delle più grandi baie della Terra in cui si specchia la città di Antsiranana, vecchio porto da guerra francese al tempo delle colonie, viaggiamo fino a Tolanaro, poco più a Sud del Tropico del Capricorno contornati dai Mari del Sud, infine l’ago della bussola puntato ancora verso Sud con deviazioni ora sul versante oceanico, ora verso la costa Ovest lungo il Canale del Mozambico.
Il Parco Nazionale della Montagna D’ambre è raggiungibile da Antsiranana dopo 40 chilometri di strada asfaltata che termina al villaggio di Joffreville. I permessi di accesso a questo parco si ottengono tramite il WWF di Antsiranana.
I 18.000 ettari di foresta pluviale coprono un massiccio basaltico culminante nei 1475 metri del Pic d’Ambre, costituito da un complesso vulcanico del quaternario che si palesa nei laghi di cratere che impreziosiscono l’area forestale: il Petit Lac (Mahasarika), il Grand Lac (Malio), il Lac Texier (Manonja) e il Lac Maudit (Taranta).
Il clima è di tipo tropicale umido come attestano gli oltre 2000 mm di piovosità media annualmente registrati alla Station des Roussettes. Il parco è attrezzato per “l’eco-turismo” con aree per il campeggio e una trentina di chilometri di sentieri. Partiti da Joffreville, percorrendo la pista che conduce al parco, si ha già modo di osservare varie specie di gechi (Phelsuma madagascariensis, Uroplatus ebenaui) e camaleonti (Furcifer pardalis e Furcifer oustaleti, il gigante di questa famiglia) nei cespugli e sui banani. All’entrata del parco tra gli alberi di Canarium e Ravensara alti anche 40 metri, le palme, le felci arborescenti del genere Cyathea, i Pandanus e le Dracenae che costeggiano il sentiero, sfrecciano i lemuri di Sanford e i lemuri coronati e si cominciano ad avvistare le 74 specie di uccelli finora recensite, metà delle quali endemiche, tra cui ricordiamo l’ibis crestato, il rallo di Cuvier e il pigliamosche del paradiso.
Nel pieno della stagione umida, tra novembre e maggio, il monsone che ha lambito la costa africana orientale soffia forte da Nord-Ovest e rende i sentieri molto scivolosi; una visita risulta oltre modo interessante poiché la Grande Cascade e la Petite Cascade sono più spettacolari per la piena dei loro corsi d’acqua.
A circa 100 chilometri a Sud di Antsiranana, raggiungibile in circa 2 ore percorrendo la strada nazionale numero 6 in direzione Ambilobe, troviamo Ankarana, una riserva speciale istituita per proteggere un massiccio calcareo che si eleva a 400 metri di quota sulla piana circostante. Entrare nei canions forestali che attraversano Ankarana è un’esperienza imperdibile per l’amante del trekking. Si parte da Mahamasina e si penetra nella foresta mista semi-decidua del canion di Antsirohandoha dopo un lungo sali-scendi nel letto del fiume Besaboba: in periodo di magra totale lascia ammirare le sue cascate a anfiteatro e alcune voragini scavate nei banchi delle colate di basalto. Nei canions l’umidità permette a molte specie di alberi di mantenere il fogliame nonostante la lunga stagione secca, che va da maggio a novembre, e favorisce l’attività degli uccelli e dei lemuri: il lemure sportivo (Lepilemur septentrionalis) avvistabile con facilità nel canion d’Antsirohandoha e il raro sifaka nero di Perrier (Propithecus diadema perrieri).
Terminato il canion si piantano le tende al Campement des Anglais lungo la Route Grimm che proviene dal bastione settentrionale del massiccio. In brevissimo tempo si riceve la visita dei lemuri coronati e delle manguste che reclamano le banane e l’acqua attinta da un ruscello in una grotta adiacente. La salita sul tetto del massiccio calcareo richiede una giornata alla fine della quale si giunge ai bordi di una voragine tra una distesa di guglie e massi erratici calcarei tra i quali cresce la vegetazione xerofila: alberi bottiglia, pandani, liane striscianti e euforbie coralliformi si sono adattate a vivere senza acqua. Sul fondo dell’abisso ammirabile dagli tsingy (nome malgascio dei taglienti pinnacoli calcarei) c’è il Lac Vert: sulle riva si apre il sistema di grotte e sifoni sotterranei che trapassa la base del massiccio di Ankarana.
Questa riserva è soggetta ad una protezione legale totale in quanto ospita l’ultima foresta intatta di Nossy Be. L’isola si raggiunge proseguendo da Ankarana verso Ambilobe e poi sempre sulla nazionale numero 6 fino a Antsahampano, da cui ci si imbarca per Nossy Be.
Situata all’interno di un’area collinare vulcanica, che ha come confine l’impervia costa sud-orientale dell’isola, presenta la caratteristica pluviometria a breve stagione secca tra giugno e agosto e pioggia nel resto dell’anno con il tipico picco tra dicembre e gennaio. La vegetazione annovera alti alberi e un profluvio di epifite come le orchidee del Bulbophyllum e Angraecum, Asplenium nidus e Platycerium bifurcatum mentre la fauna è ben rappresentata dalle volpi volanti e dai lemuri neri.
Femmina di lemure macaco – Lokobe (Ph Riccardo Nincheri)
Queste due aree protette si affacciano entrambe sullo stupendo scenario della Baia di Antongil; la prima è tra quelle di istituzione più recente, inaugurata nel settembre 1997 con il sostegno finanziario della americana Wildlife Conservation Society. Maroantsetra è la città da cui è possibile visitare Masoala e l’isoletta, raggiungibili con un breve viaggio in barca.
In alcune località della Penisola di Masoala esistono tutte le infrastrutture per poter campeggiare e intraprendere trekking nelle aree forestali accompagnati dagli Agenti di Protezione Natura, per scoprire gli artropodi, i rettili e gli anfibi che si mimetizzano all’interno delle ascelle fogliari dei Pandanus e sulla corteccia dei giganteschi Canarium, Ocotea, Symphonia e Dalbergia, il palissandro malgascio che i nativi chiamano legno di rosa. Masoala protegge 230.000 ettari di foresta pluviale ed è uno dei maggiori massicci forestali del Madagascar, regno del vari rosso (Variecia variegata rubra) uno dei primati più rari della Terra. Si può raggiungere anche il suo confine occidentale in una giornata, partendo da Maroantsetra e attraversando fiumi e canali che solcano le risaie; la piroga va affittata preliminarmente all’imbarcadero sul fiume Antainambalana, a 10 minuti di distanza dal centro città.
Il villaggio-capolinea da raggiungere, prima di partire per il trekking in foresta, si chiama Andranofotsy: si dorme nelle palafitte degli accoglienti Betsimisaraka, l’etnia costiera locale. Da non perdere a Nossy Mangabe, l’isola di granito dalle spiagge rosa, l’avvistamento del vari bianco e nero (Variecia variegata) chiamato dai malgasci varikandrana, e del geco a coda piatta, qui molto comune.
Situato sulle alte terre malgasce dell’Imerina, al centro di una regione da cui è passata la riunificazione del Madagascar ad opera del re Andrianampoinimerina con l’assoggettamento delle bellicose etnie locali Bezanozano e Sihanaka, protegge uno degli ultimi lembi di foresta umida a licheni che ricopre la regione collinare conosciuta come tanety. È raggiungibile dalla capitale imboccando la strada nazionale numero 3 che alterna tratti collinari a discese nelle bassure dove i risicoltori Merina mostrano di non avere niente da invidiare ai loro omologhi e antenati delle Isole della Sonda. Grazie a Fanamby, ong locale, esiste la possibilità di alloggiare in comodi bungalow e visitare le aree protette dove è assai facile udire i vocalizzi e avvistare l’indri, il lemure più grande dell’isola. Nelle bassure, il bordo della foresta dorata per la presenza di lunghi licheni che penzolano dai rami, abitano alcuni tra i più rari rappresentanti dell’entomofauna malgascia (scarabeidi, lepidotteri, fasmidi e il Trachelophorus giraffa dal lungo torace articolato).
Si giunge alla riserva percorrendo la strada nazionale numero 2 oppure con il treno scendendo alla stazione di Andasibe.
La presenza dell’indri, babakoto in malgascio, lemure che non si è ancora riusciti a allevare in cattività, neppure nelle immense gabbie costruite all’interno di Analamazaotra, con la speranza che le foglie predilette della Symphonia e della Ravensara compensassero il suo rifiuto della cattività, ne ha fatto una meta di elezione, ma è tutta l’area a presentare una biodiversità impressionante e “tangibile” dal momento che basta una semplice passeggiata diurna o notturna nei sentieri che costeggiano il laghetto presso l’entrata per avvistare decine di specie di rettili e anfibi.
Situata attorno ai mille metri di quota annovera una decina di specie di lemuri e oltre 100 specie di uccelli, tra cui tre della rara ghiandaia terrestre del Madagascar.
Situato sulle pendici dell’Ankaratra, vasto massiccio costituito da lave basaltiche relativamente recenti profondamente incise da vallate fertilissime, a Manjakatompo il visitatore troverà un campo base di elezione per intraprendere trekking tra i 1500 e i 2500 metri, fino alle praterie dello Tsiafajavona, culmine del massiccio.
Alla Stazione Forestale di Manjakatompo, raggiungibile dalla città di Ambatolampy percorrendo la nazionale numero 7, ha inizio l’escursione al sito storico di Nosiarivo: penetrati nella foresta di alberi nani avvolti da muschi, tra i quali fanno capolino i bulbi delle orchidee alpine, e facendo attenzione a non calpestare le delicate briofite che punteggiano il sottobosco, si giunge prima a una spaziosa radura, forse creata dall’impatto degli incessanti alisei, ricca di insetti rarissimi, infine presso un luogo ieratico, meta di pellegrinaggi, dove è seppellito un andriana (aristocratico malgascio della dinastia asiatica Merina, artefice dell’unificazione dell’isola).
Morondava è una grande città dell’Ovest malgascio, selvaggio e sconosciuto perché poco popolato: è un territorio immenso anticamente governato dalla regina dei Sakalava, ancora oggi celebrata nelle feste tradizionali. Non stupitevi se all’arrivo nei villaggi vi accoglieranno ancora con danze e canti di gioia… A Antsirabe si lascia, ormai a notte inoltrata, la nazionale numero 7 e con la numero 34 si raggiunge Malaimbandi; si è da tempo nella savana torrida e polverosa e manca ancora un tratto di nazionale numero 35 proveniente da Ambositra per raggiungere, all’alba, il capolinea: la gare dei taxi-brousse di Morondava. La famosa allée dei baobab giganti, alberi colonnari alti fino a 30 metri con la base spugnosa del tronco tanto inzuppata d’acqua che in caso di siccità si riduce in poltiglia per sfamare e dissetare gli zebù, è lì a portata di… taxi; un po’ più lontana, a 60 chilometri da Morondava, raggiungibile con una pista in terra battuta (strada nazionale! numero 8) che termina a Belo Tsiribihina, l’area protetta di Kirindy. L’avifauna vivente nella brousse attorno all’allée des baobabs merita una intera giornata. Kirindy copre 10.000 ettari di foresta frequentata da manguste, fossa, tenrec e sifaka di Verreaux.
Istituito per proteggere un’area di 80 chilometri quadrati dove l’erosione ha modellato gli spessi banchi di arenaria giurassica creando un impressionante dedalo di canions, l’Isalo si trova lungo la strada nazionale numero 7 che collega Antananarivo a Toliara. Dalla sede del parco partono molti sentieri: uno permette di salire in circa un’ora su un tavolato roccioso inciso da un canion dove l’acqua ha formato uno spettacolare bacino immerso nella frescura dei pandani e delle palme (la “piscine naturelle”), altri raggiungono scarpate e foreste dove vivono i Lemur catta e i sifaka di Verreaux. È possibile compiere lunghi trekking pernottando nei campeggi allestiti in tutto il parco; tra questi ricordiamo quello che in tre giorni, accompagnati da guide esperte anche nella cucina locale, conduce alla spettacolare “grotte des Portugais”.
Chiamata così in onore del naturalista francese Alfred Grandidier, la famiglia delle Didieraceae, comprende 4 generi endemici del Sud e dell’Ovest dell’isola che presentano l’aspetto di un cactus e formano vere e proprie foreste. Una di queste si trova nei pressi di Toliara, affacciata sul canale del Mozambico e punto terminale della strada nazionale 7. Dalla periferia Nord si raggiunge a piedi il ponte sul fiume Fiherenana, generalmente in secca tra giugno e settembre. Se si ha fortuna si possono notare, nel letto del Fiherenana, le donne intente ad attingere l’acqua dalla falda fluviale raggiunta scavando profonde buche nelle sabbie depositate dalle piene. Oltrepassato il ponte si entra nella foresta di alberi piovra (Didierea madagascariensis) e euforbie solcata da piste percorse dai caratteristici carri trainati da zebù e dimora di una ricca avifauna.
Istituita nel 1939 come Riserva Naturale Integrale, Andohahela è stata trasformata in Parco Nazionale nel 1997 per proteggere una superficie di 76.020 ettari a cavallo tra Tolanaro e Amboasary-sud. Si raggiunge percorrendo la nazionale numero 7 fino a Ihosy, poi la numero 13 fino a Ambovombe e successivamente Tolanaro, sulla costa Est. è costituita da 3 aree: la prima racchiude un’enorme estensione di foresta pluviale che riveste i picchi più alti delle catene dell’Anosy, culminanti nei 1957 metri del Pic Trafonaomby, la seconda è una delle poche foreste protette di bush a baobab e didieracee del Madagascar compresa tra la strada nazionale e un tratto del fiume Mananara alimentato dalle costanti piogge che cadono nell’area. Infine la terza salvaguarda dagli incendi un’ampia popolazione di rara palma triedra (Neodypsis decaryi). La “faglia pluviometrica” tra le due maggiori aree è impressionante!
L’ingente quantità di pioggia che si forma attorno alla cresta montuosa della prima area, sul cui versante orientale si scarica per tutto l’anno l’umidità veicolata dagli alisei del Sud-Est, crea un vero deserto nella zona pedemontana occidentale: nell’arco di una giornata partendo dalla ventilata Tolanaro e percorrendo un itinerario tra i baobab e gli alberi-candelabro (Alluaudia) della seconda area, particolarmente torrida, si va incontro a un incredibile shock termico da cui ci si riprende comunque una volta rientrati in città la sera, davanti alle famose ostriche di Chez Gina. L’esplorazione del parco continua, dato il fattore limitante delle sue dimensioni e dell’eccezionale acclività dei suoi rilievi: 4 specie di lemuri diurni e ben 8 specie notturne vi vivono ormai indisturbate. Consigliamo decisamente l’escursione nella sua rain forest a partire dal villaggio di Isaka Ivondro. Un’avventura nell’Isola Rossa alla scoperta del suo originale patrimonio biologico non può non concludersi nella baia di Tolanaro, un luogo ideale per darsi appuntamento con altri amanti del trekking in una delle regioni meno esplorate della Terra, dove tutti gli incontri sembrano possibili, anche quello con il maggiore membro dei Procellariiformes: l’albatro dalle sopracciglia nere, che ammiriamo mentre si lascia trasportare dalle correnti ascensionali provocate dallo shock delle masse d’aria contro le gigantesche onde dell’Oceano Indiano.
Testo e foto di Riccardo Nincheri