Parchi Emilia Centrale: il grande atlante della natura e della storia

27 aprile 2020 - 13:53

Dalla pianura all’Appennino una porta naturale spalancata fra l’Europa continentale e mediterranea

L’escursionista contemporaneo al pari di viandanti e pellegrini medioevali, può immergersi completamente nella storia e nella biodiversità dell’Emilia Centrale. Al ritmo lento del camminare!

In Emilia, natura, storia e cultura s’intrecciano offrendo ambienti delicati ed esclusivi. L’opera dell’uomo ha modellato il paesaggio e ha vincolato la storia delle comunità locali: un’evoluzione naturale e culturale che ritroviamo in pianura, in collina e risalendo verso l’Appennino.

L’eccezionale diversità di climi, quote e habitat naturali, dovuti anche alla complessità geologica e orografica di questa regione, mostra una grande varietà biologica che responsabilizza l’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità “Emilia Centrale” alla conservazione e tutela di questo capitale naturale e umano.

Protagonisti sono i Parchi regionali del Frignano e dei Sassi di Roccamalatina, le Riserve regionali della Cassa di espansione del fiume Secchia, delle Salse di Nirano, della Rupe di Campotrera, di Sassoguidano, dei Fontanili di Corte Valle Re e del Paesaggio naturale e seminaturale protetto Collina Reggiana-Terre di Matilde, oltre ai Siti Rete Natura 2000 inclusi in queste aree.

Ora siamo pronti a muoverci sul filo della storia, al ritmo lento del camminare, per carpire una natura incontaminata, splendidi paesaggi e una sospirata tranquillità.

Alta Via dei Parchi: un corridoio biologico

La giornata è al suo termine, dal sentiero s’intravedono i caprioli prodigarsi in inseguimenti mozzafiato. Siamo sulla dorsale appenninica, lontani dall’ambiente collinare reso coltivabile e fortemente trasformato dall’uomo.

Lungo l’Alta Via dei Parchi, si resta profondamente affascinati dai colori della natura, dalle forme del paesaggio, dalla straordinaria biodiversità. Il nostro però è anche un viaggio di contatto con la storia e la spiritualità dei luoghi che affiorano lungo i sentieri che ricalcano antiche vie.

Le 27 tappe dell’Alta Via consentono il concretizzarsi di una straordinaria opportunità per conoscere le bellezze di due Parchi nazionali, cinque regionali e uno interregionale, con i loro circhi glaciali, laghi immersi nello splendore delle praterie d’alta quota, sterminate foreste dove ha fatto la sua ricomparsa il lupo, limpidi torrenti, rupi vulcaniche e falesie di gesso.

L’itinerario lungo l’Appennino settentrionale è stato migliorato: una nuova segnaletica, una nuova cartellonistica, nuovi punti informativi e anche le strutture ricettive lungo l’Alta Via sono state dotate di elementi coordinati per la promozione e fruibilità del tracciato (mappe escursionistiche, materiale promozionale, guida dell’itinerario, ecc.).

Lungo il Sentiero CAI 00, dalla sesta alla nona tappa dell’Alta Via si entra nel Parco regionale dell’Alto Appennino Modenese, meglio conosciuto come Parco del Frignano, una vasta area a ridosso dello spartiacque tosco-emiliano che culmina con il monte Cimone e che annovera siti naturalistici di prim’ordine, come il bosco di conifere del lago della Ninfa, le cascate del Doccione, il lago Baccio e il lago Santo dominato dal monte Giovo.

La diversità di clima e habitat naturali distribuiti su 15.000 ettari è dovuta alla complessità orografica del Parco del Frignano e alla grande varietà altimetrica, dai 500 metri sul livello del mare agli oltre 2.000 del Cimone. La rete sentieristica consente piacevoli passeggiate alla scoperta di rarità botaniche, geologiche e faunistiche nella penombra del Bosco misto di Doccia, verso i laghi Santo, Baccio e Pratignano, lungo il torrente Scoltenna, oppure sui prati sommitali del Cimone e dei monti Rondinaio, Giovo e Libro Aperto.

Il nostro itinerario:

Parco del Frignano: da San Pellegrino al Lago Santo

 

Camminare nella Storia e nella Natura

Il compito delle aree protette non si esaurisce con la salvaguardia della biodiversità e la conservazione di specie a rischio di estinzione: oltre all’ambiente naturale negli ultimi anni c’è grande attenzione anche per il patrimonio culturale.

Borghi, castelli, aree archeologiche, musei, monasteri, santuari e chiese rupestri, attirano i turisti che, oltre alle attività outdoor, sono interessati anche ai siti di carattere storico-culturale ospitati nei Parchi e nelle Riserve.

Una rinnovata attenzione è quella dedicata ai Cammini d’Europa, chiamati ad un nuovo protagonismo, un caleidoscopio di sensazioni ed emozioni sempre diverse, da vivere in tutte le stagioni. Noi ci soffermiamo sulla Via Romea Nonantolana, che attraversa il Parco dei Sassi di Roccamalatina, la Riserva di Sassoguidano e il Parco del Frignano.

Obiettivo dell’Ente Parchi è anche di tutelare e mettere in rete i beni culturali, come castelli e monumenti religiosi del periodo medievale, insieme alle destinazioni naturalistiche, per rendere la visita una esperienza memorabile e far scoprire all’escursionista risvolti inaspettati dei luoghi attraversati.

La Via Romea Nonantolana, concepita anche per una fruizione cicloturistica, deve il suo nome alla monumentale Abbazia benedettina di Nonantola, punto di partenza del cammino di origine longobarda che poi si biforca in due itinerari distinti.

Il percorso occidentale della Via Romea Nonantolana, lungo la sponda sinistra del fiume Panaro, attraversa il comprensorio del comune di Pavullo nel Frignano e il cuore della Riserva naturale di Sassoguidano: un grande foglio verde disegnato da boschi di querce e castagneti secolari che si allunga verso l’imponente dorsale rocciosa del Cinghio di Malvarone.

L’ambiente è quello della selvaggia valle del torrente Lerna, affluente del Panaro, che si sviluppa tra le rocce per poi aprirsi in un tipico paesaggio calanchivo, tra scoscese pareti e morfologie carsiche.

Da via Sassomassiccio, il Sentiero Verde “Geomorfologico-Botanico” (0.45 ore, solo andata), accompagna l’escursionista verso punti panoramici su bordi di inghiottitoi e sulle scarpate di Sassomassiccio e Sassoguidano.

Sempre dall’ingresso principale della Riserva, il Sentiero Rosso “Storico” (3.30 ore, solo andata) tocca la chiesa di San Paolo, l’oratorio di Sassomassiccio e le borgate Còrnola e La Torre.

Il terzo sentiero tematico, Giallo “Faunistico” (1.30 ore, solo andata), è riservato ai potenziali detective della natura e inizia da via Fondovalle Vecchia.

Il percorso orientale della Via Romea Nonantolana segue la sponda destra del Panaro, interessando il Parco dei Sassi di Roccamalatina, area protetta medio-appenninica che custodisce antichi castagneti e che si distingue dalla pianura per la presenza di tre singolari e imponenti guglie d’arenaria, definite storicamente “sassi”.

Il Parco annovera 100 chilometri di sentieri attraverso strette gole, boschi, rupi, radure, coltivi, castagneti e agglomerati rurali. Le due direttrici della Via Romea Nonantolana convergono a Fanano, nel Parco del Frignano, per poi proseguire verso il crinale appenninico e valicarlo al passo della Croce Arcana, ultimo tratto di salita prima di incontrare la terra toscana.

Il nostro itinerario:

Parco Regionale dei Sassi di Roccamalatina

 

La contea di Matilde

Siamo nelle terre della grande contessa cantata da Dante nel Paradiso. I borghi che costellano i dolci pendii dell’Appennino si riconoscono nelle vicende storiche che videro protagonista la più grande donna del Medioevo, capace di tenere testa con le armi all’Imperatore.

Era l’inverno del 1077 quando Enrico IV per ottenere il perdono e la revoca della scomunica di Gregorio VII, attese tre giorni e tre notti sotto la neve e il freddo davanti al portale d’ingresso del castello di Matilde di Canossa.

Oggi, l’antica direttrice strategica che saliva verso l’Appennino è stata riconvertita in un affascinante percorso escursionistico, la Via Matildica del Volto Santo, che inizia da Mantova, città natale di Matilde, per poi muoversi in un paesaggio di pianura e collina, modellato dalla laboriosità contadina e montanara, fino a raggiungere Lucca, città originaria della famiglia di Matilde.

In Emilia, i principali punti d’interesse sono la rocca di Carpineti, in posizione strategica sulla valle del Secchia e del Tresinaro, il castello di Canossa su una bianca rupe di arenaria, le alte mura del mastio di Rossena che domina i calanchi e i campi coltivati della vallata dell’Enza.

Da Ciano di Canossa, in pianura, l’itinerario sale verso il crinale tosco-emiliano, attraversando il comprensorio di Frassinoro e la parte più occidentale del Parco del Frignano, fino all’Ospitale di San Pellegrino in Alpe.

80 chilometri che accompagnano l’escursionista alla scoperta dei castelli, simbolo di potere tra i secoli XI e XII, ma anche di meravigliose pievi romaniche, come quella di S. Maria in Castello di Toano, oppure la pieve di Pianzo e l’abbazia di Marola, giusto per citarne alcune.

Perle artistiche e monumentali che gli escursionisti possono scoprire a piedi e in bicicletta in un ambiente soprattutto collinare, tutelato dal Paesaggio naturale e semi-naturale protetto Collina Reggiana-Terre di Matilde, 22.000 ettari estesi tra i bacini idrografici del fiume Enza e in parte del fiume Secchia.

Una complessa e varia geodiversità, porterà i turisti a visitare i curiosi vulcanetti di idrocarburi gassosi delle Salse di Regnano, le morfologie calanchive di Canossa e quelle carsiche dei gessi messiniani, le rupi ofiolitiche di Rossena, Rossenella e Campotrera.

Un paesaggio severo, dove solo poche piante pioniere riescano a colonizzare il rilievo che si trova sul versante settentrionale del rio Cerezzola, tutelato dalla Riserva naturale della Rupe di Campotrera: un affioramento ofiolitico, con rari minerali, guardato a vista dalle severe sentinelle di Rossena e Canossa. In questa zona si può percorrere una delle tappe più interessanti della Via Matildica del Volto Santo: la tappa Ciano d’Enza –Bergogno. 

L’itinerario è tabellato con segnaletica CAI orizzontale e verticale e presto ne adotterà una specifica, per tutto il tragitto da Mantova a Lucca, sostituendo la sigla SM (Sentiero Matilde). Da Ciano d’Enza si segue la valle del rio Vico, si guada più volte, fino a incrociare una variante (nr 650) che sale al castello di Rossena (visite guidate), saldo su una roccia rosso serpentino.

Si attraversa la Riserva della Rupe di Campotrera e, tralasciando una seconda deviazione (nr 640), si sale nel bosco fino ai calanchi vicino a Canossa e la sua rocca (Monumento nazionale dal 1878 – MiBACT).

Si prosegue verso levante; merita una deviazione Votigno (nr 652), luogo di pace e serenità. Da Cavàndola, su un’ampia carrareccia si costeggiano le pendici del monte Tesa, fino a Cerrèdolo dei Coppi. Il terminale della tappa è Bergogno, un bell’esempio di borgo appenninico. Tempo di percorrenza 4.30 ore / Dislivello in salita 600 metri / Dislivello in discesa 200 metri

 

La Terra di Mezzo

Il dubbio è lecito. Il britannico J.R.R. Tolkien, autore de Il Signore degli Anelli, pietra miliare del genere fantasy, poteva ispirarsi anche a questi luoghi per scrivere il suo romanzo: le Salse di Nirano potrebbero essere una tappa delle vicissitudini alla ricerca del potente anello creato da Sauron.

L’area protagonista della nostra “avventura a piedi” è ricompresa nella Riserva naturale delle Salse di Nirano: qui si ascolta il borbottio delle bolle di idrocarburi che salgono copiosamente in superficie plasmando i famosi vulcanetti di fango liquido. L’area protetta mostra forse il lato più severo e curioso della Via dei Vulcani di Fango.

La Via dei Vulcani di Fango È un progetto nato nel 2013 per la tutela, la promozione e la valorizzazione del sistema d’area dei vulcani di fango emiliani, per promuovere il turismo sostenibile e lo sviluppo economico degli operatori del comparto ricettivo, agroalimentare e turistico presenti lungo il percorso che si sviluppa tra le province di Modena e Reggio Emilia.

In rete è possibile scaricare l’App con le tappe dell’itinerario che tocca 53 punti d’interesse culturale e ambientale, in particolare la Riserva Regionale delle Salse di Nirano (Fiorano Modenese), la Salsa di Puianello (Maranello), la Salsa di Montegibbio e il complesso termale della Salvarola (Sassuolo), il Sito d’Interesse Comunitario – SIC di San Valentino e Rio Rocca (Castellarano), le Salse di Regnano e della Querciola (Viano) e la Casa di Lazzaro Spallanzani (Scandiano), il celebre scienziato scandianese al quale è dedicato un itinerario escursionistico (100 km) che ripercorre i luoghi da lui visitati e descritti nel 1700.

All’interno della Riserva naturale delle Salse di Nirano non ci si può perdere: 8 diversi sentieri, collegati tra di loro, mostrano i vulcanetti di fango, alcuni in bella vista, altri nascosti dai canneti.

Le salse si possono avvicinare grazie a passerelle in legno; inoltre pannelli illustrativi spiegano ai turisti come si sono formati i piccoli crateri, originati dalla risalita in superficie di acqua salata e fangosa frammista ad idrocarburi gassosi e liquidi, lungo le faglie e fratture del terreno.

Un parcheggio riservato ai visitatori consente di lasciare l’auto e camminare lungo la strada che porta all’ingresso vero e proprio della Riserva. Scopriamo così che la Terra di Mezzo esiste davvero!

 

Acqua, fonte di vita e bellezza

È inverno, nascosto in assoluto silenzio, armato di un teleobiettivo e di grande pazienza, un attento fotografo naturalista osserva il volo di un elegante airone che sfiora l’acqua a caccia della sua preda.

Questa è una passione straordinaria che può conquistare, avvincere chiunque, grandi e bambini. Il mondo legato all’osservazione dell’avifauna è un’infinita scoperta perché infinite sono le specie da osservare nella Riserva naturale della Cassa di espansione del fiume Secchia, lungo quattro sentieri pianeggianti e alla portata di tutti.

L’importante è “armarsi” di binocoli: in inverno gli invasi ospitano soprattutto cormorani e aironi cenerini, in primavera le nitticore, germani reali, esemplari di svasso maggiore, folaga, alzavola, marzaiola, codone, moriglione e gallinella d’acqua, in autunno è il turno degli uccelli migratori che fanno tappa nella Riserva prima di raggiungere le latitudini dell’Africa.

Se non siete esperti osservatori di avifauna non preoccupatevi: nei punti salienti sono disposti pannelli informativi che spiegano anche il funzionamento delle Casse di espansione, che consentono di moderare le piene del Secchia e proteggere dal rischio di esondazioni i comuni di Rubiera, Campogalliano e Modena.

Queste località, servite dalla linea ferroviaria, consentono piacevoli pedalate fino alla Riserva, lungo un paesaggio plasmato dall’acqua e dall’uomo.

Da segnalare sicuramente la Ciclovia del Secchia, tassello della più lunga Ciclopista del Sole, tratto italiano di EuroVelo7 che dalla Norvegia si spinge a Malta, al centro del Mediterraneo, facendo tappa anche a Modena, riconosciuta Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, e alla pieve romanica di San Faustino, vicino Rubiera.

L’acqua, sempre lei, segna il paesaggio compreso fra il torrente Crostolo e la sponda sinistra del fiume Enza, nella Riserva naturale dei Fontanili di Corte Valle Re, esempio di risorgive di pianura, dove in prossimità delle pozze di acqua limpida si registra la presenza della rana verde, della raganella italiana, del rospo smeraldino, del tritone punteggiato e del panzarolo, un piccolo pesce endemico della pianura padano-veneta, molto raro a livello regionale.

La cintura formata dalla rigogliosa vegetazione igrofila (ontani, salici, sambuco, olmi, canneti), nasconde ad occhi indiscreti la presenza della tartaruga palustre, l’arvicola, la pavoncella, l’upupa, il martin pescatore, la gallinella d’acqua, il falco di palude, l’airone e il chiurlo.

Sono 3 i sentieri attrezzati che consentono l’osservazione di una ventina di sorgenti naturali chiamate “fontanili” e che mostrano edifici di interesse storico-architettonico. A pochi chilometri dalla Riserva merita una visita il Museo Cervi che ha come elementi centrali la Resistenza e la trasformazione del paesaggio agrario delle campagne.

Il Museo e dedicato ad Alcide Cervi e ai suoi sette figli, che presero attivamente parte alla Resistenza e che nel dicembre 1943 vennero fucilati dai fascisti nel poligono di tiro di Reggio Emilia.

Testo di Enrico Bottino / Foto di Enrico Bottino e Archivio Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità “Emilia Centrale”

 

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