Il succedersi di inverni sempre più miti, ad esempio, ha spinto l’istrice a diffondersi più a nord della Valle dell’Arno, superando l’Appennino toscano per colonizzare anche la parte meridionale della Pianura padana. L’istrice (Hystrix cristata), il più grande roditore europeo, splendido e ricco di fascino, avvolto nel suo strascico di aculei, è particolarmente schivo e davvero difficile da incontrare. La “spinosa”, come viene chiamato l’istrice in maremma, è attiva principalmente dopo il calare del sole, quando esce alla ricerca di cibo.
Durante le notti di luna piena, sceglie di evitare con cura gli spiazzi aperti, dove potrebbe essere esposto alla vista; di giorno invece riposa in spaccature tra la roccia o in tane che scava nel terreno grazie ai robusti unghioni delle zampe anteriori. Come gli etruschi, “il popolo invisibile”, per via della capacità di vivere in completa sinergia con l’ambiente circostante, la spinosa trascorre la sua vita quasi del tutto inosservata. Se non fosse per gli aculei, peli modificati di cui è ricoperto il dorso dell’animale, che talvolta cadono a terra o nelle piccole buche dove trova gustosi tuberi di cui nutrirsi, l’istrice sarebbe a tutti gli effetti paragonabile ad uno spirito del bosco che silenzioso e invisibile si muove tra gli alberi e ne protegge l’armonia.
Questo singolare animale ha una lunghezza media di 60-82 centimetri, possiede una coda lunga 8-17 centimetri e pesa dai 13 ai 27 chili. Nota la sua capacità di adattamento in habitat anche molto differenti tra loro: dalla macchia mediterranea alle aree semidesertiche fino a quelle forestali. In Italia è diffuso in gran parte del territorio dai tempi antichissimi e predilige le aree scarsamente o per nulla antropizzate con presenza di abbondante vegetazione. L’istrice pur essendo un animale fuggevole, può essere avvistato soprattutto nell’area etrusca, dove la spinosa vive in un ambiente contraddistinto da fenomeni vulcanici, da cui si sono originati gli altipiani tufacei dove fiumi e torrenti hanno scavato il proprio percorso generando le forre, che rendono quest’area così ricca di acqua.