Vernaccia: storia di un vino quasi perduto

18 marzo 2020 - 16:19

Marco è un geometra affermato di un piccolo paese della Sardegna, dove si occupa di progetti e ristrutturazioni; Elvio, un simpatico pensionato amante della natura, coltiva lavanda provenzale e ne ricava olii essenziali; Mauro, laureatosi brillantemente in ingegneria, abbandona una proficua e sicura carriera in città per occuparsi della cantina di famiglia…

Questi uomini vivono tutti in piccoli paesi della provincia sarda, probabilmente non si conoscono tra loro, ma sono legati da un amore sconfinato nel produrre un vino straordinario, la Vernaccia di Oristano.

Il vitigno bianco Vernaccia è senz’altro il più noto tra i vitigni sardi, anche se la sua presenza è limitata alla bassa valle del Tirso, in provincia di Oristano, con una superficie coltivata che non supera i 250 ettari complessivi. Il suo ristretto areale di diffusione permette di ipotizzare che sia stato introdotto dai colonizzatori fenici, fondatori di Tharros, l’approdo ubicato nella penisola del Sinis, e che da qui si sia diffuso nella retrostante pianura formata dalle alluvioni del fiume Tirso, dove ha trovato il suo habitat ideale e le condizioni ottimali per l’invecchiamento del famoso omonimo vino.

Il nome di questo vitigno è senz’altro di origine romana e starebbe ad indicare un’uva “vernacula”, cioè un’uva del luogo. Questa ipotesi etimologica spiega anche perché la denominazione “vernaccia” si sia diffusa in tutta la penisola e serva a designare quei vitigni locali altrimenti non classificabili, del tutto dissimili alla Vernaccia sarda.

La Vernaccia, primo vino sardo a cui è stata attribuita la DOC, è il simbolo e l’orgoglio dell’enologia sarda. La sua particolarità è dovuta soprattutto ad un affinamento per mezzo di lieviti “flor” (letteralmente “da fiore”), fatto che lo colloca nel panorama internazionale a fianco di vini come il Jerez o il Montilla-Moriles dell’Andalusia.

I terreni su cui viene coltivata la Vernaccia sono di diversa natura: quelli alluvionali più vicini al letto del Tirso vengono denominati “bennaxi” e sono profondi, freschi, a matrice limo-sabbiosa; quelli di origine più antica vengono chiamati “gregori” ed hanno la matrice ciottolosa mista ad argilla tenace con importanti problemi di drenaggio.

Sono presenti anche terreni sabbiosi, di derivazione alluvionale o dunale, mentre nella zona del Sinis si trovano terreni ricchi in carbonati. Il clima tipicamente mediterraneo, l’umidità costante e i venti di mare consentono alle uve di maturare lentamente, contribuendo in maniera significativa a conferire le particolari caratteristiche organolettiche al vino.

Un prodotto unico e straordinario

La vendemmia, effettuata di solito dalla seconda metà di settembre fino alla prima decade di ottobre, viene eseguita rigorosamente a mano da persone di esperienza, che eseguono una prima cernita tagliando solo i grappoli che presentano le caratteristiche idonee; i grappoli buoni vengono ancora controllati prima della posa nei cesti, in modo che non vi siano acini difettosi.

L’uva arrivata in cantina viene immediatamente pigiata e lavorata. Dopo una spremitura soffice ed una fermentazione naturale, il vino è trasferito in botti di media capacità, di castagno o di rovere, riempite al 75-80% del loro volume. Già al primo travaso, deve avere almeno 14 gradi alcolici naturali, mostrare particolari peculiarità e non presentare alcun difetto.

L’invecchiamento è davvero particolare: pochissimi vini al mondo possiedono la capacità di invecchiare biologicamente, in maniera assolutamente naturale, mediante il solo accorgimento di lasciare la botte scolma. È con la presenza dell’ossigeno, infatti, che nella parte superiore del liquido avviene la formazione di una pellicola chiamata “flor”, che altro non è che un vero e proprio laboratorio dove questi microrganismi lavorano incessantemente alla formazione del gusto e del profumo della Vernaccia di Oristano.

Quando il prodotto stoccato in botte arriva alla maturazione ideale, il vino viene imbottigliato affinché avvenga l’affinamento in assenza di ossigeno. Nonostante i lieviti utilizzino l’alcool etilico per il loro metabolismo, il grado alcolico aumenta di 0,5-0,8% vol. all’anno: questo arricchimento è dovuto al fatto che la molecola dell’acqua, più piccola di quella dell’alcool, filtra più facilmente dai pori delle sottili doghe delle classiche botti. Le annate più vecchie, anche di oltre 10 anni, hanno gradi alcolici che possono superare i 20% vol.

La “Vernaccia di Oristano DOC”, dal punto di vista analitico ed organolettico, si presenta di colore giallo dorato ambrato, profumo delicato, alcolico con sfumature di fior di mandorlo, sapore fine, sottile, caldo, con leggero e gradevole retrogusto di mandorle amare.

Le migliori annate di questo vino acquistano un bouquet complesso e singolare, particolarmente intenso, che in sardo è definito con il termine univoco di “Murruai”: quel particolare gusto amarognolo ma equilibrato ed armonico, legato agli aromi di fiori di pesco e di mandorlo, accentuati dalla sua alcolicità, legati al colore ambrato e ramato luminoso, costituiscono quell’insieme altrimenti indescrivibile.

Facciamo vino pensando alla terra che amiamo perché ci sembra di rispettare la volontà dei nostri antenati che hanno dato tutto, tutto se stessi e ci hanno lasciato una sola grande eredità: produrre questi vini meravigliosi …

Paolo Contini, produttore

Un vino da tutelare

La millenaria storia vitivinicola della Vernaccia, comprovata da numerosi documenti storici, rappresenta la testimonianza della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e le peculiarità del vino di Oristano.

La Vernaccia di Oristano è il “vino sardo” per eccellenza, diverso da tutti gli altri vini continentali, omonimi e non; un prodotto come pochi, che ha uno stretto legame con il suo territorio e con tutto il paesaggio che lo circonda, elevato a simbolo dall’intera comunità isolana e in quanto tale considerato patrimonio da proteggere e valorizzare.

Il sommelier di fama mondiale Luca Gardini lo ha posto tra i migliori cento vini del mondo, l’illustre prof. Sante Cettolini, Preside della Regia Scuola di Viticoltura e di Enologia di Cagliari ebbe a scrivere:

la Vernaccia di Oristano va giudicata con i sensi e non con gli strumenti del chimico; è il suo aroma che vale, è la delicatezza del suo assieme che ti conquista; è quel suo curioso sapore di frutta, di amarognolo, pieno di grazia, che non vi stanca mai, anzi vi seduce…

Nonostante la bontà indiscussa di questo prodotto, la Vernaccia di Oristano oggi rischia di scomparire per sempre dal mercato enologico. Gli elevati costi di produzione, una lavorazione pressoché artigianale, un consapevole disinteresse della classe politica locale ed una totale assenza di supporto istituzionale sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza dei preziosi vitigni.

Alcune Cantine riescono a produrre Vernaccia grazie al rilancio e alla vendita di altri ottimi vini locali ma questo probabilmente non sarà sufficiente se non avrà inizio una valida strategia di promozione e valorizzazione oltre ad un serio e vincente piano di rilancio.

Si ringraziano per la preziosa consulenza e cortese disponibilità il dott. Mauro Contini e Mauro Putzolu.

Testo e foto di Massimo Piacentino

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