La Via Appia rimane una scusa, un cammino lungo un tracciato che è scomparso o che si nasconde. Un itinerario verso il Mezzogiorno, verso quei luoghi d’Italia ancora sconosciuti, spesso non noti agli stessi suoi abitanti.
La chiamano Italia minore, ma minore non è. Che sia Lazio, che sia Campania, che sia Basilicata (la Puglia verrà), è una terra ricca, che ancora non ha saputo valorizzare le sue risorse.
I perché sono tanti e tante le contraddizioni. Ma questa terra ci stupirà in un futuro non troppo lontano.
La mia Appia è una via di comunicazione. Un filo conduttore attraverso la penisola che unisce le persone sotto un unico intento: creare un cammino partendo dal basso, senza aspettare che qualcosa piova dal cielo, ma agendo hic et nunc, qui ed ora.
Creare un cammino percorribile subito non richiede molti sforzi. Richiede la conoscenza del proprio territorio, sia “cartograficamente” che culturalmente. Richiede un itinerario che si possa “segnare” con rispetto, pennello e vernice.
Quanti ho incontrato sono appassionati della loro terra. Vorrebbero offrirle vita nuova, far sì che un movimento lento inizi a scorrere, da Roma a Brindisi, da Brindisi a Roma.
Perciò ho assunto volentieri il testimone portato da Paolo Rumiz attraverso le righe del suo libro “Appia” e con la sua esperienza nel camminarla.
L’ho raccolto e desidero trasformarlo in una guida, che diventi la “versione beta” di un mosaico, le cui tessere saranno posizionate da coloro che ne vorranno comporre concretamente un tratto, raccogliendone a loro volta il testimone.
Sarà una catena virtuosa, un atto politico (da polis, città in greco antico. Sarà un sogno che si realizza.
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