5 benefici del cammino sulla salute mentale: quali sono e come agiscono!

L'esercizio fisico moderato, come può essere una camminata, migliora notevolmente il benessere mentale a qualsiasi età. Scopriamo gli studi che spiegano i benefici del camminare sulla nostra mente e quali sono i principali

16 maggio 2024 - 15:06

Camminare fa bene alla nostra mente: vediamo quali sono i benefici!

Camminare è sempre un ottimo modo per acquisire fiducia e sviluppare la relazione tra salute fisica e mentale.

Infatti, l’attività fisica, così come il cammino nello specifico, contribuiscono a rilasciare endorfine (sostanze chimiche che promuovono la felicità) mentre ci muoviamo.

Camminando si riducono anche i livelli di ormoni dello stress come il cortisolo, e questo fa sì che la nostra capacità di rilassarci e distenderci venga aumentata.

Stare all’aperto durante una passeggiata ci espone anche alla luce naturale, fattore che può migliorare ulteriormente il nostro umore aumentando i livelli di vitamina D e favorendo un senso di realizzazione e controllo.

Nonché un’ottimizzazione dell’autostima e della propria fiducia. I benefici per la salute mentale derivanti da una camminata sono diversi e hanno delle specifiche ragioni fisiologiche alla base che forse è bene conoscere.

Specie se si è deciso di intraprendere qualche percorso escursionistico durante questa stagione.

 

1- Cammina favorisce il rilascio di endorfine

Camminare, questo è noto, contribuisce a rilasciare endorfine note anche come “ormoni della felicità”.

Le endorfine sono sostanze prodotte dal cervello, classificate come neurotrasmettitori, ovvero messaggeri chimici nel corpo.

Quando queste vengono rilasciate dal nostro organismo possono aiutare ad alleviare il dolore, ridurre lo stress e generare una sensazione di euforia e benessere.

I benefici fisici derivanti dall’allenarsi con regolarità sono conosciuti, tuttavia, altrettanto importanti sono quelli per la salute mentale, scatenati in gran parte dalle endorfine.

Il loro rilascio è legato allo svolgimento continuo dell’attività e avviene dopo circa 30 minuti di sforzi.

Per questo motivo un allenamento a bassa intensità, come la camminata, è il più indicato allo scopo in questione.

Secondo uno studio del 2017, infatti, la maggior parte delle persone prova sentimenti euforici legati al rilascio di endorfine dopo un’ora di movimento a intensità moderata.

Un esercizio si dice moderato quando svolgendolo si riesce ancora a parlare, pur essendo a tratti a corto di fiato, come capita quando si cammina a passo svelto.

Un’ulteriore spinta alle endorfine potrebbe essere garantita praticando sport in gruppo.

2- Il cammino contribuisce a combattere ansia e depressione

L’esercizio fisico a basso impatto, come ad esempio una camminata, può aiutare a ridurre drasticamente i sintomi della depressione.

Uno studio pubblicato su Jama Psychiatry ha rilevato che un’ora di camminata veloce potrebbe ridurre il rischio di sviluppare un disturbo depressivo maggiore del 26%, e aiuterebbe anche a migliorare l’umore.

Grazie a un’altra ricerca, inoltre, i ricercatori dell’Iowa State University hanno scoperto che camminare, all’aperto, al coperto o su un tapis roulant può contribuire a generare sensazioni di gioia.

Più in generale, il cammino può migliorare le funzioni cerebrali.

Tra queste la memoria, i processi decisionali, i livelli di attenzione e può persino aiutare a pensare più velocemente e in modo più creativo.

Uno ulteriore studio, realizzato su persone in età avanzata che hanno camminato per fare esercizio fisico, ha mostrato notevoli miglioramenti nelle capacità di memoria e nella materia bianca.

Quest’ultima corrisponde all’area del cervello associata all’invecchiamento composta da fibre nervose che consentono alle cellule di inviare e ricevere messaggi.

_ Leggi l’articolo che spiega perchè camminare previene ansia e depressione:

 

3- L’ambiente in cui si cammina è decisivo per il nostro stato mentale

L’impatto immediato che gli ambienti naturali hanno sul nostro stato mentale è davvero decisivo.

Recenti studi hanno dimostrato che camminare nella natura può ridurre lo stress, l’ansia e anche i pensieri negativi.

Gli ambienti sereni, lontani dal caos della vita urbana, offrono infatti una tipologia di lucidità mentale unica.

“Interagire con la natura può avere effetti simili a quelli della meditazione”, ha dichiarato Marc Berman, ricercatore di psicologia dell’Università del Michigan.

Le passeggiate regolari in ambienti naturali possono migliorare l’umore, migliorare la capacità di attenzione e aumentare i sentimenti di felicità e appagamento.

C’è poi da considerare anche il bagno nella foresta, conosciuta anche come “Shinrin-yoku”.

Questa pratica consiste nel trascorrere del tempo nella foresta per trarre benefici per la salute fisica e mentale.

Questo approccio terapeutico affonda le sue radici in antiche tradizioni, ma è stato divulgato e studiato scientificamente soprattutto in Giappone.

L’idea di base è che l’immersione nella natura, in particolare nelle foreste, possa ridurre lo stress, migliorare l’umore, aumentare l’energia.

Ma può persino potenziare il sistema immunitario grazie all’inalazione dei composti fitochimici emessi dalle piante.

 

4- Camminare aumenta l’afflusso di sangue al cervello 

Quando si è in movimento, talvolta, si può avere la sensazione che i pensieri scorrano meglio rispetto a quando si è fermi.

In questo senso, anche una breve passeggiata può aumentare la creatività e la capacità di risolvere problemi.

L’attività fisica, infatti, stimola il flusso di sangue al cervello e l’ossigenazione, che a sua volta può migliorare la propria abilità di pensiero laterale.

Ma può anche contribuire a ridurre l’insorgenza dell’Alzheimer.

A evidenziarlo è uno studio pubblicato online sul Journal of Alzheimer’s Disease, condotto su anziani che avevano subito una lieve perdita di memoria, e a cui è stato affidato un programma di esercizi per un anno.

Circa il 25% delle persone dopo i 65 anni inizia infatti ad avere un lieve decadimento cognitivo che ne influenza la memoria e le capacità di ragionamento e che, in alcuni casi, progredisce verso la demenza.

Come dimostrato dallo studio, questo è collegato a un ridotto afflusso di sangue al cervello dovuto a un irrigidimento dei vasi sanguigni che portano ossigeno alle cellule.

La ricerca è stata condotta su 48 tra uomini e donne dai 55 a 80 anni con una diagnosi di lieve decadimento cognitivo.

I volontari sono stati sottoposti a test e risonanza magnetica al cervello, e sono stati assegnati casualmente a due gruppi per due diversi programmi di allenamento.

Il primo consisteva in un programma di esercizi aerobici moderati (da 3 a 5 sessioni da 30/40 minuti di esercizio come una camminata).

Il secondo, invece, prevedeva solo un programma di stretching per un anno.

Coloro che hanno eseguito un esercizio aerobico hanno mostrato una minore rigidità dei vasi sanguigni nel collo e un aumento del flusso globale di sangue al cervello, mentre questi cambiamenti non sono stati trovati nelle persone che hanno seguito il programma di stretching.

 

5- Migliora l’attività dell’ippocampo

Stando a uno studio pubblicato dall’Università del Maryland, “School of Public Health”, un esercizio fisico carente, insieme a un’elevata propensione genetica per l’Alzheimer, comportano una riduzione del 3% del volume dell’ippocampo.

L’attività motoria, al contrario, può preservare l’ippocampo e combattere il declino cognitivo mantenendolo stabile.

L’ippocampo è una regione cerebrale importante per la memoria e l’orientamento spaziale ed è la prima ad essere colpita dall’Alzheimer.

Di norma, si perde una certa parte del volume di questa regione mano a mano che l’età avanza.

Tuttavia, chi è predisposto allo sviluppo dell’Alzheimer mostra anche un’atrofia dell’ippocampo più pronunciata nel tempo.

La buona notizia è che l’attività fisica può offrire “protezione dalla neuro-degenerazione associata a rischio genetico per la malattia di Alzheimer”, ha sottolineato il dottor J. Carson Smith, ricercatore in chinesiterapia presso l’Università del Maryland.

Smith riferisce inoltre che l’attività fisica mostra le potenzialità per preservare il volume dell’ippocampo nei soggetti predisposti alla malattia degenerativa.

Questo significa che è possibile  ritardare il declino cognitivo e la comparsa dei sintomi di demenza negli individui affetti dalla patologia attraverso l’attività motoria, come ad esempio la camminata.

 

 

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