Vita in città e ansia: quali sono i legami e camminare nella natura come rimedio

Più della metà della popolazione mondiale vive in ambienti urbani, entro pochi decenni questa percentuale potrebbe salire fino al 70%. Alcuni studi hanno dimostrato che vivere in città aumenta del 40% il rischio di ansia e depressione, ma camminare nella natura può prevenire questi problemi

26 settembre 2024 - 7:42

Alcuni studi hanno accertato che vivere in città può aumentare l’incidenza di ansia e depressione: ma la natura può aiutare

Le statistiche hanno evidenziato come gli abitanti di centri urbani hanno una predisposizione all’insorgenza di patologie legate all’ansia e alla depressione del 40% in più rispetto a chi vive in aree naturali.

Questi dati hanno spinto alcuni ricercatori a cercare la risposta ad una domanda: “In che modo l’esposizione ad un ambiente naturale può migliorare la salute mentale?”

 

Camminare nella natura per la salute mentale

I primi che hanno cercato di trovare una risposta al quesito sono stati un gruppo di ricercatori dell’Università di Stanford.

Gli studiosi hanno condotto uno studio che aveva proprio l’obiettivo di comprendere gli effetti positivi che camminare nella natura poteva avere sulla psiche umana.

I ricercatori sono riusciti a trovare un legame tangibile tra l’attività fisica in ambienti naturali e la riduzione del rischio di ansia e depressione.

Camminare in un bosco, in campagna o anche in un parco urbano può avere importanti effetti positivi sulla mente, influendo sull’equilibrio chimico, fino a migliorare complessivamente la nostra salute mentale.

Questo è quanto hanno capito i ricercatori di Stanford dopo aver svolto alcuni studi ed esperimenti.

 

I primi dati sul fenomeno

Negli anni dello sviluppo industriale, nei paesi occidentali, le popolazioni si sono concentrate nei centri urbani.

Tanto che in diverse nazioni industrializzate le principali città hanno iniziato ad espandersi senza sosta, come cerchi concentrici si sono sviluppate grigie periferie prive di spazi verdi e parchi.

Negli stessi anni iniziavano a riscontrarsi un numero sempre crescente di patologie legate all’ansia e alla depressione che andavano a colpire proprio gli abitanti di queste aree.

Diversi studi statistici hanno evidenziato come gli abitanti delle grandi città abbiano un rischio maggiore di cadere in stati di ansia e depressione rispetto a chi vive in ambienti meno urbanizzati.

Inoltre, tra gli abitanti delle città, chi non ha accesso ad aree verdi ha una maggiore predisposizione a problemi psicologici rispetto ai concittadini che vivono nei pressi di parchi o giardini.

Il nesso tra le esperienze outdoor in aree naturali e la maggiore resistenza all’ansia e alla depressione era stato già intuito, era meno chiari però quali fossero le ragioni scientifiche.

 

Le esperienze nella natura cambiano il nostro cervello

Gregory Bratman, ricercatore della Emmett Interdisciplinary in Environment and Resources presso la Stanford University, ha voluto proprio approfondire questo legame.

Il suo team era già impegnato nello studio degli effetti psicologici della vita urbana e questa ricerca avrebbe potuto contribuire a rendere più completi i risultati.

Un primo esperimento condotto dal team di ricercatori di Bratman aveva evidenziato come gli studenti del campus universitario di Stanford che abitualmente camminavano in aree verdi erano meno soggetti a momenti di sconforto e di calo di attenzione rispetto ai colleghi che passavano quasi tutto il loro tempo in città.

Vita in città e ansia: quali sono i legami

In un successivo studio, pubblicato nella Proceedings of the National Academy of Sciences, il dottor Bratman e il suo staff hanno deciso di esaminare attentamente quale effetto può avere una camminata nella natura su quella tendenza psicologica detta brood.

Il brooding, noto tra scienziati cognitivi come ruminazione morbosa, è uno stato mentale familiare a molti di noi.

Uno stato d’animo che porta a  “rimuginare” continuamente sulle situazioni negative, su quello che sta andando male nella vita, fino al punto di non riuscire quasi a pensare ad altro.

Questo stato mentale è considerato pericoloso per il nostro equilibrio mentale, in molti casi anticipa l’insorgere di stati depressivi o ansiosi.

Gli studi hanno dimostrato che proprio questo brooding si verifica con un’incidenza molto più alta nelle popolazioni cittadine rispetto a chi vive in campagna.

Uno degli elementi che il dottor Bratman ha trovato più interessante è l’area del cervello coinvolta in questi processi, la corteccia prefrontale subgenuale, che mostrava un’attività particolarmente intensa nei soggetti più predisposti.

I ricercatori hanno capito che monitorando l’attività di questa parte del cervello avrebbero potuto comprendere quando una persona si trovava in uno stato di brooding e quindi prossimi a cadere in una condizione di ansia o depressione.

Questo parametro, certo e misurabile, ha permesso al team di scienziati di riuscire a paragonare scientificamente lo stato mentale di chi vive in città rispetto a chi vive nella natura.

Per farlo il team di ricercatori ha coinvolto 38 persone volontarie in uno studio. 

A queste persone è stato chiesto, in prima battuta, di compilare un questionario per determinare il loro normale livello di brooding.

Dopo di che si è verificata l’attività cerebrale della corteccia prefrontale subgenuale di ogni volontario, utilizzando scansioni per tracciare il flusso sanguigno di quella parte di cervello.

Lo svolgimento dell’esperimento

Per svolgere questo test gli scienziati hanno diviso i partecipanti in due gruppi, senza seguire criteri particolari. Ai gruppi sono stati affidati due compiti diversi.

_ Il primo gruppo doveva recarsi in un’area verde, senza strade o edifici nelle vicinanze, nei pressi dell’università di Stanford e camminare per 90 minuti nella natura, senza compagni e senza poter ascoltare musica.

_ Il secondo gruppo, invece, aveva il compito di andare a Palo Alto, e camminare in un’area molto urbanizzata, costeggiando un’autostrada a più corsie molto trafficata.

Subito dopo aver terminato le loro camminate i volontari dovevano rientrare in laboratorio per essere sottoposti agli stessi accertamenti svolti prima della partenza.

I risultati avevano confermato quanto si aspettavano i ricercatori. Il gruppo di persone che aveva camminato a Palo Alto, vicino all’autostrada e nel traffico non avevano mostrato nessun segno di miglioramento.

Le risposte al questionario e le rilevazioni delle attività cerebrali mostravano i medesimi livelli di brooding.

I risultati dell’altro gruppo, che aveva passato 90 minuti a camminare nei tranquillo per i sentieri del parco di Standford, erano molti diversi.

Le misurazioni del flusso sanguigno cerebrale e le risposte ai questionari hanno mostrato miglioramenti significativi della loro salute mentale.

I pensieri negativi erano diminuiti così come il flusso sanguigno nella corteccia prefrontale, sintomo di una maggiore tranquillità a livello cerebrale.

 

I risultati e le considerazioni finali

Questi risultati hanno evidenziato “piuttosto chiaramente” che camminare nella natura è un ottimo strumento per migliorare il proprio stato mentale, in particolare per chi vive nelle città.

Lo stesso Dott. Bratman ha affermato che è solo un primo risultato e che molto resta ancora da capire, ci sono tanti fattori da spiegare.

Il tempo necessario per avere dei benefici, il tipo di ambiente migliore e quali aspetti della natura incidano maggiormente.

Camminare nella natura, anche per poco tempo, è uno strumento essenziale per recuperare l’equilibrio mentale, anzi sono risultati che mostrano che avere città con aree naturali accessibili possa migliorare la qualità della vita.

 

Ripensare lo sviluppo urbano

È fondamentale per i progettisti urbani e la classe politica, soprattutto locale, capire il rapporto tra l’esposizione alla natura e la salute mentale.

Questo studio fa parte di un crescente numero di ricerche che esplora le connessioni tra natura e benessere umano.

Negli Stati Uniti un interessante progetto chiamato Natural Capital, una joint venture dell’Istituto Stanford Woods, dell’Istituto per l’Ambiente dell’Università del Minnesota e del WWF, ha l’obiettivo di quantificare il valore delle risorse naturali per la collettività

Un progetto per informare e sensibilizzare i governi e le istituzioni sui legami tra ambiente naturale, vita urbana e patologie legate all’ansia e alla depressione e spingere uno sviluppo sostenibile delle città.

 

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