Città italiane: è necessario ripensare la mobilità per il bene di tutti

È arrivato il momento per le città di lasciare strada alle persone, ripensare lo sviluppo urbano per favorire la mobilità sostenibile eliminando l'uso inefficiente delle auto. Un cambiamento che migliora la salute pubblica, la qualità della vita dei cittadini e fa bene anche all'economia

26 gennaio 2023 - 6:45

Buona parte della popolazione occidentale vive ormai nei centri urbani, luoghi nati per aggregare, fornire servizi e far crescere le comunità ma che, negli anni, hanno perso il loro ruolo.

Questo perché si sono sviluppate intorno ad un mezzo di trasporto, l’auto, anziché intorno all’uomo.

Il risultato lo abbiamo sotto gli occhi, centri urbani degradati, assediati dalle auto e dal traffico, inquinati e grigi.

Nei quali quasi tutti gli spazi aperti sono oggi occupati dalle automobili in sosta, spesso selvaggia, che invadono marciapiedi e aree pedonali rendendo la città inospitale.

Alla base di tutto c’è un errore culturale, che consiste nel considerare l’automobilista una categoria di cittadino a parte.

In realtà non esiste l’automobilista, esiste il cittadino che ha necessità di muoversi per andare al lavoro, a fare la spesa e per ogni altra esigenza personale.

E lo fa rispettando la conformazione delle città, se le strade e le infrastrutture sono interamente riservate all’auto non gli resterà che utilizzare questo mezzo.

 

Diamo strada alla persone

Il problema oggi è che questo stile vita urbano non è più sostenibile, non è adatto al benessere della persona e incide negativamente sulla salute delle collettività.

Ogni anno ci sono migliaia di morti in Italia provocati dall’inquinamento e centinaia di vittime di incidenti stradali, tutti questi dati hanno un comune denominatore: la città.

Città invasa dalle auto vs. città pedonale – Foto Shutterstock

Nei centri urbani avviene il maggior numero di sinistri stradali e si formano le maggiori concentrazioni di particolato e polveri sottili responsabili di buona parte delle malattie respiratorie. 

Si è arrivati a questo dopo decenni di separazione dei flussi, di un uso delle strade riservato in massima parte alle auto, che non devono essere mai interrotte nel loro incedere.

Ed ecco che nascono sovrappassi, sottopassi, ciclabili che si contendono spazio con i marciapiedi, tutto purché non venga mai intaccato lo spazio per le quattro ruote.

Il risultato? Città invivibili, pericolose e inquinate che non favoriscono la mobilità sostenibile.

Muoversi a piedi o in bicicletta diventa rischioso e le persone devono usare l’auto anche per pochi chilometri, spesso passando gran parte del tempo fermi in coda o a cercare parcheggio.

In tutta Europa si stanno studiando soluzioni per migliorare la qualità della vita nei centri urbani e i progetti vanno tutti nella stessa direzione: ridare spazio alle persone.

Potrà sembrare banale, ma i dati ci mostrano che le strade costituiscono circa l’80% degli spazi aperti delle città, superfici che dovrebbero essere impiegate per la vita delle persone, per la socialità e per le attività commerciali.

Oggi invece buona parte di quello spazio è occupato dalle automobili, per cambiare davvero direzione sarebbe importante capire che la strada è il luogo delle persone.

 

Alcuni numeri mostrano l’inefficienza dell’auto in città

In Italia abbiamo il record di auto per persona, le nostre città sono letteralmente invase da auto in sosta, spesso irregolare, oppure da lunghi serpentoni di traffico. 

Una ricerca europea dimostra che in media per il 92% del tempo le auto rimangono parcheggiate, mentre circa 1/3 del tempo in cui si muovono è impiegato per la ricerca di parcheggio.

Numeri che fanno capire l’inefficienza di questo mezzo di trasporto in città.

Altri studi hanno rilevato che il 40% dei tragitti urbani in auto sono inferiori ai 3 km e ben il 60% sono inferiori ai 5 km.

Sono distanze minime che potrebbero essere percorse a piedi o in bicicletta, impiegando probabilmente anche meno tempo.

Eliminare questi tragitti inutili significherebbe, da una parte, ridurre il traffico e l’inquinamento e, dall’altro, facilitare gli spostamenti a chi l’auto deve usarla per spostamenti più lunghi.

Una ricerca italiana ha stimato che ogni giorno, nelle maggiori città italiane, ci siano oltre 50 mila veicoli in sosta vietata.

Auto lasciate sui marciapiedi, sulle piste ciclabili, nei posti per disabili e che sottraggono suolo alle persone e alla vita sociale della città. 

 

Un primo passo: ridurre i posti auto e la velocità nei centri abitati

Quando la stampa locale pubblica notizie su tagli ai posti auto nei centri cittadini, spesso le reazioni della cittadinanza non sono positive.

Oggi è ancora difficile far capire quanto tolga l’auto alla città, quante responsabilità abbia in termini di mortalità per inquinamento e incidenti, ma anche per il degrado di interi quartieri e per il commercio.

Ad Amsterdam, dove già buona parte della popolazione si sposta in bici o a piedi, hanno approvato un piano per ridurre i posti auto di 1500 unità ogni anno per disincentivare ulteriormente l’uso di questo mezzo.

Un studio dell’università di Groningen afferma che questo è uno dei modi più efficaci per eliminare l’assedio dal traffico dai centri urbani.

In Italia siamo ancora molto indietro, un paio di dati sono indicativi:

  • A parità di popolazione abbiamo tre volte il numero dei morti della Gran Bretagna per incidenti stradali,
  • Ogni anno i sinistri stradali pesano sulle casse dello Stato per più di 17 miliardi di euro.

Oltre al numero di veicoli che circolano, l’altro principale fattore di rischio è la velocità, infatti abbassare il limite a 30 km/h ridurrebbe drasticamente il numeri di incidenti e la loro mortalità.

Se ci sono dubbi sui tempi di percorrenza, i numeri ci confortano, infatti passare da 50 a 30 chilometri orari di limite di velocità nei centri cittadini inciderebbe di appena 19 secondi sul tempo finale di percorrenza.

 

Le zone 30 nelle grandi città europee

Il punto centrale della questione non è creare più piste ciclabili o aree pedonali, ma intervenire sulla moderazione del traffico. 

La chiave sono interventi che riescano a redistribuire la superficie stradale favorendo gli utenti fragili della strada, cioè le persone che si muovo a piedi o in bicicletta, riducendo lo spazio per le auto. 

Solo in questo modo possono riconquistare spazi per la vita sociale, per il commercio e per muoversi a piedi o in bicicletta senza dover necessariamente seguire percorsi dedicati.

Un’inversione di tendenza, devono nascere percorsi automobilistici, con il limite di velocità di 30 chilometri all’ora mentre il resto della sede stradale deve essere libera per le persone che vogliano muoversi con altri mezzi o a piedi.

I vantaggi sono numerosi e concreti, i città come Amsterdam e Copenaghen hanno completamento ridisegnato la propria mappa urbana, liberandosi dai parcheggi e dal traffico. 

In queste città oltre la metà della popolazione si sposta quotidianamente in bicicletta o a piedi, le vittime di incidenti stradali e dell’inquinamento sono calate e interi quartieri, un tempo degradati, sono rifioriti grazie alla presenza di persone che vivono la strada.

Per raggiungere questo obiettivo sono state introdotte le zone 30, ovvero con limite di velocità per le auto a trenta chilometri l’ora e sono stati ridotti i parcheggi.

Le persone sono così tornate libere di muoversi a piedi o in bici su tutta la sede stradale, eccezion fatta per le corsie riservate alle auto.

In questo modo si sono eliminati gli spostamenti inefficienti, per intenderci quelli sotto i 5 chilometri.

Nel nord Europa hanno capito presto che questa nuova governance per lo sviluppo delle città non è nemica dell’automobilista ma, semmai, amica delle persone e delle città.

 

Anche Spagna e Francia stanno andando in questa direzione

Alcuni potrebbero obiettare che i paesi nordici hanno un’altra cultura e servizi molti diversi rispetto all’Italia. 

Lo stesso percorso di sviluppo urbano è stato intrapreso però anche da Spagna e Francia.

Grandi città come Madrid, Parigi e Barcellona stanno creando grosse aree pedonali nei loro centri, lasciano le auto ai margini, in direttrici con limite di velocità di 30 km/h.

La città catalana, in particolare, ormai da diversi anni ha avviato un processo di pedonalizzazione del centro che, nel giro di pochi anni, renderà tutta l’area urbana di Barcellona prevalentemente pedonale e zona 30. 

Una scelta inevitabile per un’amministrazione comunale attenta al benessere dei cittadini e alle risultanze scientifiche, infatti l’Agenzia per la Sanità Pubblica di Barcellona ha fornito al Sindaco dati molti indicativi sui benefici di questa nuova mobilità urbana.

In particolare questo progetto, quando sarà esteso a tutta la città, porterà a:

  • Prevenire 667 morti premature l’anno.
  • Aumentare l’aspettativa di vita di 200 giorni per ogni abitante. 
  • Consentire un risparmio economico di oltre 1,7 miliardi di euro.

I benefici principali per la salute sarebbero:

  • Riduzione dell’inquinamento atmosferico e delle collegate patologie.
  • Riduzione dell’effetto isola di calore nei periodi caldi.
  • Riduzione dell’inquinamento acustico.

 

La situazione in Italia

La strada è tracciata in tutta Europa, in Italia qualcosa inizia a muoversi. 

Il Comune di Milano ha stabilito che da gennaio 2024 tutto il centro città sarà zona 30 chilometri orari, una scelta che allinea la capitale economica  italiana alle altre capitali europee.

Il progetto invece è già attivo a Bologna, dove la giunta Lepore ha istituito zone 30, in buona parte del centro storico. Nei prossimi mesi questa scelta sarà probabilmente estesa a tutto il centro cittadino.

A livello nazionale però non esiste un organo che coordini lo sviluppo delle città e nemmeno delle linee guida nazionali che guidino le amministrazioni locali nei piani di sviluppo urbani, insomma non esiste una sorta di Agenda Urbana Nazionale.

Un caso unico in Europa e paradossale, infatti i luoghi in cui si concentrano più della metà degli italiani non hanno linee guida comuni di sviluppo. 

Il modo migliore per incidere velocemente e direttamente sulla qualità della vita delle persone sarebbe invece progettare una nuova idea di città che metta l’essere umano al centro e che sia modello di sviluppo per tutti i centri urbani d’Italia.

I fondi del Next Generation EU, secondo le linee guide fornite dall’Unione Europea, dovranno essere investiti in buona parte in progetti di promozione della mobilità sostenibile. 

Un’occasione da non perdere per rendere le città italiane più vivibili e in linea con le grandi capitali europee.

Una rivoluzione necessaria con tanti benefici e nessuna controindicazione, per rendere il nostro paese migliore.

 

 

 

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