Alcune caprette girovagano intorno eludendo la sorveglianza del padrone e aumentano la confusione, mentre due servette parlano tra loro, nei pressi della fontana. Numerose sono le volte che proteggono gli ingressi degli edifici, costruiti uno accanto all’altro quasi a voler trovare riparo dalle intemperie. Ci troviamo in una delle 14 piccole borgate delle Corti di Monchio (Montium, “dei monti”), addossate alle dolci linee che contornano le cime dell’Appennino parmense.
E dopo questo immaginario viaggio a ritroso si può tornare a guardare con occhi moderni il piccolo centro storico di Monchio delle Corti: il fondo stradale selciato con pietra arenaria e le case dai muri di sasso si fanno ancora leggere con il sapore del Medioevo. Sebbene oggi la neve dell’Appennino sia ormai lontana dal costituire una barriera invalicabile, ciò che segna la continuità nella storia dell’uomo è il rapporto stretto con la montagna, per i transiti, l’economia, l’allevamento, il legname, i prodotti alimentari. Sempre uguale a se stesso – almeno per quello che è il brevissimo arco temporale della civiltà umana – il profilo dei monti sovrasta e domina il paesaggio, e scandisce con i suoi colori la sequenza delle stagioni.
L’Appennino parmense, da sempre, è solcato da strade tortuose, obbligate ad assecondare l’orografia del luogo, e poi – arrivati a ridosso delle vette – da sentieri e mulattiere che hanno permesso il transito e i commerci con l’interlocutrice posta dall’altra parte del crinale, la Toscana, e in ultima analisi, con il resto dell’Italia peninsulare. È su questa rete di sentieri che vogliamo invitarvi a salire, fino a raggiungere il crinale sul quale corre il segnavia 00 della GEA, la Grande Escursione Appenninica, un itinerario che percorre tutto l’Appennino tosco-romagnolo e tosco-emiliano. Ma niente paura, la porzione della GEA compresa nel Parco dei Cento Laghi è molto ridotta. Il Parco Regionale di Crinale Alta Val Parma e Val Cedra si estende, infatti, tra il passo della Cisa e il passo del Lagastrello, nel territorio dei comuni di Corniglio e Monchio delle Corti. Lungo le escursioni di cresta descritte si viaggia ad un’altezza media di 1700 metri, toccando il punto più alto con la vetta del monte Sillara a 1864 metri. Un tempo i ghiacciai ricoprivano questi ambienti, alimentati anche dalle abbondanti precipitazioni. Il loro ritiro, assieme all’azione modellante, ha portato alla formazione di un succedersi di terrazzamenti alternati a depositi morenici. È l’ambiente ideale per la formazione dei tanti specchi d’acqua che assieme alle torbiere punteggiano le verdi vallate del Parco. Le prime conche lacustri si incontrano già presso i punti raggiungibili con l’automobile, ma gli esempi più belli si trovano in quota, circondati da boschi e praterie che si riflettono nelle acque. Alcune pozze resistono anche nelle immediate vicinanze del crinale che, una volta raggiunto, mostra un doppio volto: aspro e ripido sul versante toscano, più morbido e digradante su quello parmense. Visuali a perdita d’occhio attendono lassù, dalla vista sul Mar Ligure alla prosecuzione della catena appenninica, che sembra allontanarsi senza fine verso sudest.
Il lungo saliscendi tra le cinque cime che fanno da corona al lago Santo richiede attenzione maggiore per la ripidezza di alcuni tratti e per il dislivello complessivo (che può comunque essere abbreviato tramite uno dei tanti sentieri di raccordo).Dal rifugio Lagdei si imbocca il segnavia 727 e quindi il 723 risalendo nella faggeta fino a raggiungere le limpide acque del lago Santo, sulle cui rive si trova anche il rifugio Mariotti (m 1508). Sulla sponda opposta i cartelli guidano nuovamente nel bosco, dove s’incontra una serie di diramazioni alle quali è necessario tenersi costantemente a sinistra (i rami a destra portano ugualmente in cresta abbreviando l’anello). Dapprima sul 723 e poi sul 719, da sella Sterpara si percorre il limite superiore della Riserva Naturale Guadine Pradaccio, rimontando poi tra praterie e bassi arbusti fino al passo delle Guadine, popolato da una colonia di marmotte (m 1687). Qui al passo, sul segnavia 00 del crinale, inizia verso destra la lunga cavalcata, ben guidata dai cartelli presenti su ogni cima e intaglio. Dalle prime elevazioni del monte Aquila (m 1780) e dell’Aquilotto, dalla cresta dentellata e aerea si cala alla sella del Marmagna, per arrivare quindi al punto più elevato dell’escursione: il monte Marmagna (m 1851, grande croce e madonnina). Il saliscendi continua, con tratti spesso affacciati sui vertiginosi versanti toscani, per arrivare alla quota del monte Braiola (m 1821) e poi ancora avanti sui ripidi prati che portano in cima all’Orsaro (m 1831). Il percorso di cresta finisce alla foce del monte Fosco dove si piega a destra sul 725a, seguendo poi le indicazioni che riporteranno a Lagdei (attenzione alle numerose deviazioni). Da Corniglio oppure da Valditacca per la sterrata per il Passo della Colla e i Lagoni si arriva all’area turistica di Lagdei (m 1250, ampio parcheggio). Come arrivare: da Corniglio oppure da Valditacca per la sterrata per il Passo della Colla e i Lagoni si arriva all’area turistica di Lagdei (m 1250, ampio parcheggio).