È un percorso che attraversa i luoghi per condurci all’incontro con i sapori, con quei prodotti che fanno l’eccellenza enogastronomica silana.
I grani antichi, riscoperti e valorizzati da molte aziende agricole del territorio, i funghi, le castagne e i deliziosi frutti di bosco che ricoprono generosi le ampie foreste.
Poi gli squisiti formaggi come il caciocavallo silano DOP. Imperdibili sono anche i salumi che si ricavano dal suino nero calabrese, allevato rigorosamente allo stato brado.
Infine la patata della Sila IGP dall’inconfondibile sapore.
Partiamo da San Giovanni in Fiore, l’affascinante capitale spirituale della Sila, già esplorata nell’itinerario “Fra storia, tradizioni e leggenda”.
San Giovanni in Fiore, con il suo centro storico che si arrampica a spirale su una collina, è famosa per l’Abbazia Florense, fondata da Gioacchino da Fiore nel XII secolo, e rappresenta un’importante meta culturale e religiosa.
Immaginiamoci come viaggiatori esperti e innamorati del luogo, desiderosi di portare a casa un ricordo tangibile: la pitta ‘mpigliata.
Questo dolce nuziale, tipico di San Giovanni fin dall’inizio del XVIII secolo, racchiude sapori, odori, tradizioni e valori della Sila.
È una sorta di torta rotonda costruita e chiusa a spirale, un’imitazione gastronomica della topografia del paese che le ha dato i natali.
Per tutelare questo dolce identitario, è nata l’Accademia della pitta ‘mpigliata, con l’obiettivo di ottenere un riconoscimento europeo, affinché questo prodotto sia riconosciuto come espressione della tradizione e dell’identità locale.
Appena usciti da San Giovanni in Fiore e percorrendo la SS107, il paesaggio urbano cede il posto a quello naturale. Le abitazioni diventano sporadiche e gli alberi, in particolare i pini larici, dominano il panorama.
Questi alberi, con le loro chiome fitte e slanciate, creano un’atmosfera quasi magica, rendendo il viaggio un’esperienza unica.
Arrivati in località Montagnagrande, si apre uno scorcio di paesaggio tipicamente italiano, con ciliegi in fiore che lasciano intravedere prati verdi e ondulati.
Non è raro avvistare animali selvatici come cervi, volpi e lepri, o greggi di pecore e mucche, che si sentono a casa in questo ambiente. La biodiversità qui è ricca e ben preservata, offrendo agli escursionisti la possibilità di immergersi in una natura rigogliosa e incontaminata.
Proseguendo il viaggio, il paesaggio cambia ulteriormente: i pini restano sullo sfondo mentre i campi e le praterie prendono il centro della scena.
Ci troviamo vicini al lago artificiale dell’Ariamacina, poco distante dalla Piana di Carlomagno, dove d’estate si incontrano le mandrie di vacche podoliche, riconoscibili per le lunghe corna.
Questa razza, legata indissolubilmente al territorio, si nutre solo di erbe e arbusti spontanei, conferendo al latte e alla carne un’alta qualità.
Il rito della transumanza si ripete ancora oggi, e il caciocavallo silano DOP ne è una testimonianza: un formaggio a pasta filata celebre per le sue proprietà organolettiche.
I più antichi documenti che attestano la produzione del caciocavallo silano risalgono al Cinquecento, legando questo formaggio alla storia e alla tradizione del latifondo calabrese.
San Nicola Silano, una piccola località dove un tempo faceva tappa la tratta ferroviaria dell’altopiano, offre un’esperienza unica: gustare una colazione o un pranzo nei vecchi vagoni trasformati in punti di ristoro.
Qui, oltre a incontrare le mandrie di vacche podoliche, si possono osservare numerose specie di uccelli migratori.
Gli amanti della bicicletta possono invece godere di un facile giro ad anello attraverso le campagne della Serra Carlomagno, un percorso che offre viste spettacolari sui campi e sui boschi circostanti.
Riprendendo il viaggio lungo la SP211, l’altopiano si apre in tutta la sua bellezza, trasformandosi da pianura in collina, poi in roccia e infine in borgo.
Tra le conifere e le architetture selvatiche spunta l’ambiente rurale, con le fattorie che diventano protagoniste del panorama.
La coltivazione della patata della Sila, avviata nel 1811, ha trasformato il territorio, diventando un simbolo della dedizione al lavoro degli abitanti.
Questa patata, con la sua alta concentrazione di amido, è particolarmente apprezzata per il suo gusto e la sua consistenza.
Accanto a questa produzione, i frutti di bosco come fragole, lamponi, mirtilli, more, ribes e uva spina rappresentano un’importante risorsa economica.
Questi frutti, coltivati tra i 600 e i 1000 metri di altitudine, sono sempre più ricercati per le loro proprietà benefiche per la salute. Le aree montane della Sila sono anche note per la presenza di antiche varietà di grano, che oggi sono riscoperti per la loro qualità nutrizionale.
Aziende locali si dedicano alla produzione e lavorazione di farine macinate a pietra, utilizzate nella panificazione.
Farine integrali dal grano “Jermano”, ricco di fibra e glutine, e dal grano Verna e Senatore Cappelli, con poco glutine, sono molto apprezzate per i loro benefici nutrizionali.
Superata Croce di Magara e la riserva dei Giganti della Sila, proseguendo verso Camigliatello Silano, si percepisce il legame profondo tra uomo e natura.
Qui, la sostenibilità è una chiave di lettura fondamentale per vivere in armonia con l’ambiente, rispettando i ritmi della natura e le sue necessità.
Giunti alla località Moccone, il turista deve scegliere tra proseguire verso il cuore agricolo dell’altopiano o scendere lungo la Strada del Cannavino.
Proseguendo verso Lagarò, si attraversano campi coltivati e si incontrano allevamenti di suino nero di Calabria. Questo animale, perfetto per produrre salumi dal gusto deciso, è tornato in auge dopo aver rischiato l’estinzione negli anni ’70.
Il suino nero è resistente alle malattie e ai climi avversi, rendendolo ideale per l’allevamento allo stato brado nei grandi spazi aperti della Sila.
Il paesaggio che si attraversa è fatto di caseifici, agriturismi e aziende agricole, che si susseguono e tentano il viaggiatore con cartelli lungo la strada che invitano a fermarsi.
Tanti i prodotti e piatti tipici che è possibile assaporare: formaggi vaccini e ovicaprini, miele, olio, conserve, patate, salumi e castagne.
I funghi, con oltre tremila specie presenti in Sila, sono una vera e propria religione locale. Ogni specie ha il suo nome e la propria peculiarità: dai porcini neri ai rositi, passando per i vavusi, le mazze di tamburo e i gallinacci.
Da Lagarò, il viaggio prosegue sulla SP206 attraversando frazioni come Piano d’Arnice, Contrada Pastamolla e Contrada Ferrante, fino a giungere ad Acri.
Tanti i prodotti e piatti tipici che è possibile assaporare: formaggi vaccini e ovicaprini, miele, olio, conserve, patate, salumi, castagne.
E funghi, che qui in Sila sono una religione: oltre tremila specie, un vero e proprio “pantheon” micologico, dove ogni divinità ha il suo nome e la propria peculiarità: dai porcini neri ai rositi, passando per i vavusi, le mazze di tamburo e i gallinacci.
Il borgo di Acri, con le sue architetture religiose, palazzi nobiliari e botteghe artigiane, rappresenta una perla di cultura e tradizioni.
Acri è nota per il Santuario di Sant’Angelo d’Acri, una figura religiosa importante della Calabria, e per il suo centro storico che conserva ancora l’atmosfera di un tempo.
Da Lagarò il nostro viaggio prosegue sulla SP206 in direzione nord-ovest, attraversando le frazioni disseminate lungo la strada per Acri: Piano d’Arnice, Contrada Pastamolla, Contrada Ferrante e altre ancora. Le strade si fanno strette e il viaggio avventuroso.
I campi cedono il passo alle asperità della collina brulla, ai contrafforti modellati dal vento e dai millenni. La vallata diventa corridoio.
Sarà l’ultimo passaggio propiziatorio nel ventre della Sila prima di giungere ai tre colli dove sorgono le case di Acri, altra perla di cultura e tradizioni, con le sue architetture religiose, i suoi palazzi nobiliari e le tante, preziose, botteghe artigiane.
Il viaggio fra i sapori silani prosegue oltre il valico di Monte Scuro, lungo il tracciato tortuoso e panoramico della storica Strada del Cannavino.
In breve, si perde quota e i paesaggi mutano notevolmente. Lungo questi costoni l’aria della Sila si mescola con sentori mediterranei.
Il clima più mite consente di cogliere un ultimo gioiello del patrimonio enogastronomico locale: il vino prodotto dal vitigno Magliocco, antichissima varietà calabrese che proprio a Spezzano della Sila vanta uno dei suoi presidi.
Pochi ettari coltivati alle porte del paese, dai quali nasce un vino rosso che al palato del viaggiatore stanco e assetato regalerà una grande soddisfazione, rievocando ad ogni sorso profumi, colori e ricordi della terra silana appena attraversata.
Ma il territorio presilano è rinomato per un’altra specialità culinaria: il piatto tipico della coccìa o cuccìa, preparato durante le feste patronali a base di grano bollito con carne di capra e di maiale, successivamente cotto nel forno a legna nei tradizionali tinielli.
Proseguendo nel comune di Rovito, nella località Travale, si incrocia un’altra antica coltura vitivinicola, quella che dà origine al Nerello; un vino nobile e ricco, fino a pochi anni fa dimenticato, ma di cui una cantina locale ha saputo rievocare il sapore inconfondibile, frutto di una lavorazione naturale e interamente artigianale.
Da ammirare anche i vitigni del comune di Lappano dove, dalle uve del Magliocco, del Gaglioppo e del Greco Nero, si producono ottimi e raffinati vini rossi.
Questi vini, prodotti con metodi tradizionali, offrono un’esperienza gustativa unica, legata alla storia e alla cultura del territorio.
Il viaggio prosegue verso la valle del Crati, passando per la moderna Rende, dove si trova l’Orto Botanico dell’Università della Calabria.
Questo orto, con le sue collezioni di piante rare e autoctone, è un luogo di studio e conservazione della biodiversità. La strada sale verso il centro storico di Rende, che, con i suoi profumi e colori, richiama più la costa che la montagna.
Dai paesi della fascia presilana, il percorso più diretto per scendere verso la tappa finale del nostro viaggio è sicuramente quello della scorrevole superstrada che punta veloce verso la valle del Crati.
Ma ormai l’abbiamo imparato: la velocità non è la dote migliore per il turista che vuole assaporare lo spirito autentico di questo territorio.
Meglio proseguire lungo i tortuosi tornanti della SP232 per gustarsi così l’incontro con altri indimenticabili panorami, infiniti scorci di vita quotidiana fra le frazioni e le abitazioni rurali e assistere all’ennesima, straordinaria metamorfosi del territorio.
Scendendo di quota il pino ha lasciato il posto alla vite a questa ora si affianca l’olivo.
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