Toscana sotterranea: in viaggio tra miniere e archeologia industriale
Vogliamo proporvi una chiave di lettura diversa della Toscana, quantomeno inedita, che rifugge da quei paesaggi celebri in tutto il mondo e che hanno tolto notorietà ad unarealtà altrettanto emozionante ma sconosciuta ai più.
Manifestazioni spontanee e insolite della natura lasciano ancora libertà allo stupore quando si sceglie di scendere in profondità, per ritrovarsi nell’oscurità di un ambiente insolito quanto straordinario.
Questo mondo da indagare, che nulla ha da invidiare alla Toscana più famosa e rinomata, è fruibile finalmente grazie ai molteplici interventi realizzati in questi anni.
Numerose opere, che vanno dalla messa in sicurezza delle grotte e dei siti minerari, alla costruzione di infrastrutture per l’accessibilità, la mobilità e l’accoglienza turistica.
In questo mondo caliginoso, lungo chilometri di cunicoli collegati per mezzo di fornelli, discenderie e rimonte, il visitatore scoprirà i metodi di perforazione, le tecniche estrattive, l’uso dell’esplosivo, con un coinvolgimento totale nel mondo esclusivo del minatore.
Colline Metallifere nascoste
A Massa Marittima, fulcro di una delle più importanti zone di estrazione mineraria delle Colline Metallifere, fu redatto il più antico codice minerario del mondo, il Lex Mineraria.
Un documento legislativo dove veniva stabilito che diventava proprietario della miniera chi dopo averla scoperta la rendeva “viva” con lavori di estrazione dei minerali.
Tramontava così il principio secondo il quale il proprietario delle terre né era padrone fino al cielo (usque ad coelum) e fino agli inferi (usque ad inferos).
Oggi l’antica miniera di Massa Marittima, che si addentra nel travertino della collina sovrastante il centro storico della cittadina, è stata parzialmente riconvertita a fini turistici e didattici (percorso guidato di un’ora).
Grazie al contributo degli stessi ex minatori, sono stati ricreati i loro ambienti di lavoro, dal deposito del legname necessario per armare le gallerie a quello dell’esplosivo, dalla riservetta del sorvegliante alla mensa, dalle discenderie ai fornelli di getto.
Ricordiamo che a Massa Marittima, oltre al Museo della Miniera è possibile visitare il Museo di Arte e Storia delle Miniere.
Sempre nelle Colline Metallifere, il borgo di Montieri legò la sua economia all’estrazione del rame e di quell’argento che serviva a coniare le monete degli Aldobrandeschi e dei Vescovi volterrana.
Ancora oggi nella Buca delle Fate e nel sottobosco di querce, faggi e lussureggianti castagneti del Mons aeris (monte di rame), si possono rinvenire loppe fusorie che tradiscono lo stesso sistema di sintesi rinvenuto presso la zona etrusca di Populonia.
A pochi chilometri dal Golfo di Follonica, sulle pendici del Monte Calvo, fino a pochi decenni fa era attiva una delle più importanti miniere di pirite d’Europa, oggi convertita nel Parco di Gavorrano, che si articola in due grandi complessi archeominerari.
L’area estrattiva Ravi-Marchi (itinerario di un’ora / lunghezza del percorso 600 metri) e il Parco delle Rocce (itin. 1 ora / 800 metri), con il Museo in Galleria (itin. 1 ora / 300 metri) e il Teatro, incantevole cava semicircolare utilizzata per spettacoli teatrali estivi.
Parco Archeominerario di San Silvestro
Il Parco archeominerario di San Silvestro, sulle colline a nord di Campiglia Marittima, racconta la storia di un vasto territorio minerario, ricco di giacimenti di rame, piombo ed argento.
A piedi e su un trenino particolarmente amato dai più piccoli, il turista vivrà l’irripetibile esperienza di percorrere i luoghi di estrazione e lavorazione dei minerali, attività che si sono protratte dal periodo etrusco fino al 1976.
Il percorso nella miniera (al cui interno la temperatura è di 13-14° C) e quello sul treno minerario rappresentano un modo divertente e diverso di vivere “la storia”.
Cuore del parco è Rocca San Silvestro, villaggio medievale di minatori e fonditori di metallo, che offre un itinerario, unico nel suo genere, attraverso i resti di abitazioni, della chiesa, del cimitero, della zona signorile e dell’area industriale.
Radiosa e fiera, incurante delle sferzate del vento, la Rocca torreggia sulla campagna circostante, conservando orgogliosamente il suo ”pezzo” di storia.
Il Parco Minerario dell’Isola d’Elba
L’Elba nel primo dopoguerra era meta preferita degli inglesi.
In quel tempo una piccola nave a diesel – le avventurose traversate del “Calimero” degli anni ’70 – traghettava cose e persone dalla terra ferma alle coste dell’isola ed impiegava fino a quattro ore per portare a termine la traversata.
Ora il continente è più vicino, appena mezz’ora da Piombino, una traghettata tanto breve da invogliare i turisti a raggiungere l’Elba anche solo per un week end.
Suggeriamo di riporre da parte per una volta l’immagine di assolate spiagge e acque cristalline, per percorrere insieme a guide autorizzate un inedito itinerario nella storia delle miniere dell’Isola, rese oggi visitabili grazie al Parco Minerario.
Istituito per recuperare e promuovere le aree estrattive e di lavorazione del minerale, oggi dismesse, il Parco tutela un patrimonio di indiscusso valore culturale, storico e scientifico, strettamente legato al territorio e alla sua gente.
Il monte Amiata: uno dei più importanti giacimenti al mondo di cinabro
Il monte Amiata emerge dalla vasta superficie delle dolci colline toscane mostrando il suo profilo austero.
L’atmosfera serena che si respira grazie alla semplicità dei suoi borghi e alla generosità della natura, non distrae il visitatore da una realtà altrettanto importante, quella dei giacimenti minerari sfruttati per l’estrazione del cinabro, l’elemento principale del mercurio.
Questa attività dava e toglieva il pane alla gente dell’Amiata: storie di salari difficili, problemi di salute dei lavoratori, minatori morti nell’oscurità delle gallerie.
Negli anni le persone hanno pagato anche l’effetto tossico del mercurio, di cui allora nemmeno si sospettava, tanto che nelle campagne era utilizzato per dare un rosso vivo ai pavimenti di mattone.
L’attività estrattiva e la lavorazione del cinabro, utilizzato sin dall’epoca etrusca, venne interrotta nel 1973 con la chiusura di uno dei più grandi siti minerari di mercurio del mondo, quella del Siele.
Gallerie, pozzi e lo stabilimento di trasformazione, sono stati bonificati e resi visitabili tramite un percorso – previa prenotazione – che consente di attraversare la Riserva Naturale del Pigelleto Piancastagnaio, per giungere al villaggio minerario.
Sempre nell’area mineraria del Monte Amiata, il Museo di Abbadia San Salvatore, ospitato nell’antico edificio della Torre dell’Orologio, illustra la storia del mercurio a partire dalle popolazioni del Neolitico agli etruschi ai romani, fino all’epoca moderna.
Inoltre, a bordo di un trenino si può visitare l’interno di una galleria dove è stato ricostruito l’ambiente di lavoro dei minatori.
Val di Cecina, il Museo delle Miniere di Montecatini
Gli etruschi furono maestri nell’utilizzazione delle risorse del sottosuolo (rame, salgemma, alabastro, lignite, sorgenti sulfuree), arte che si tramandò nelle generazioni, dai romani ai Medici, al Granducato di Toscana, imponendosi infine nell’Ottocento con l’affermarsi dell’industria metallurgica.
Nell’’800 si registrò anche l’acquisizione di importanti diritti per i lavoratori, dalla regolamentazione del lavoro minorile all’istituzione della cassa mutua, all’assistenza garantita alle vedove e agli orfani, conquiste sociali che videro primi artefici i minatori di Montecatini.
Dalle vicine miniere di Caporciano nacque nel 1888 una delle maggiori società minerarie d’Europa, la Montecatini S.p.a, divenuta poi Montedison.
La più grande miniera di rame d’Europa, cessò l’attività all’inizio del ’900, riconvertita oggi in un parco museale di archeologia industriale.
Qui due brevi e facili itinerari – da farsi attrezzati di casco da minatore e impermeabile forniti dalla direzione – conducono il turista alla scoperta della diga del Muraglione e del pozzo Alfredo, principale luogo di estrazione del rame.
A Montecatini si può visitare il Museo delle Miniere, ospitato nel trecentesco Palazzo Pretorio.
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