Man wearing an orange jacket and gloves adjusts his beanie while enjoying a peaceful walk in a colorful autumn park
Quando da bambino cominciai ad andare in montagna fui vittima (come molti) delle “angherie” della mamma, che in montagna non ci andava, ma che la immaginava come un luogo desolato e inospitale, tipo Polo Nord in inverno…
Partivo per la gita primaverile sulle colline brianzole equipaggiato con un paio di maglioni, giacca in piumino, calzoni di velluto e tre o quattro paia di calzettoni.
Se c’era da dormire in rifugio nello zaino ci finiva anche una coperta, che non si sa mai, magari non ne hanno abbastanza.
Ph.: Gettyimages/Dima Berlin
Quello che poi non poteva assolutamente mancare erano la berretta e la maglietta della salute (lana fuori e… lana sulla pelle!), possibilmente da indossare già prima della partenza, anche ad agosto!
La mamma forse esagerava un po’, ma ora che ho qualche capello bianco in testa e qualche escursione in più nelle gambe mi tocca ammetterlo: accidenti, aveva ragione lei, almeno sulla maglietta della salute e sulla berretta!
Esperienza e un po’ di studio insegnano: il dorso e la testa sono fra le parti del corpo che disperdono maggior calore, il primo per una questione di ampiezza di superficie, la seconda per via della densità di vasi sanguigni che la irrorano.
Una loro corretta termoregolazione è quindi essenziale per il comfort dell’escursionista.
Della maglietta della salute nella sua versione contemporanea, cioè dell’intimo per l’outdoor, abbiamo già parlato in un precedente articolo (Abbigliamento intimo tecnico o base layer).
Anche di come gestire la temperatura del capo in ambienti caldi abbiamo già argomentato.
Visto che ormai l’autunno è alle porte, qui ci concentriamo sulla berretta, inseparabile compagna degli escursionisti quando le temperature cominciano a scendere.
Data la sua importanza strategica, la scelta di questo capo di abbigliamento non è solo una questione estetica, ma dipende ampiamente dall’ambiente di utilizzo e dalla tipologia di attività che andremo a a fare.
Chi sui sentieri ci va di corsa, come gli appassionati di trail running, o anche chi fa passeggiate “leggere”, magari senza salire troppo di quota, non ha certo bisogno di mettersi in testa uno scafandro completamente isolante.
In condizioni di clima non troppo rigido o svolgendo un’attività aerobica che porta il nostro corpo a produrre molto calore, è meglio puntare su berrette realizzate con materiali molto traspiranti e idrofughi.
Ph.: Gettyimages/Maryviolet
Si può anche optare per la soluzione più minimale rappresentata dalle fasce che lasciano scoperta la testa ma proteggono le orecchie, cioè le zone di massima dispersione del calore.
Quando l’ambiente che ci sta attorno comincia a diventare “glaciale”, è meglio che la nostra berretta più che nella traspirazione sia abile nella conservazione del calore.
Sul mercato c’è una vastissima gamma di prodotti di questo tipo, da quelli in materiali più tradizionali come la lana, a quelli in fibre sintetiche o miste.
Qualsiasi sia la vostra scelta al momento dell’acquisto prestate attenzione anche al comfort, cercando di capire che effetto vi fa tenere addosso la berretta.
Non tutte le forme e non tutti i materiali si adattano a tutte le teste e a tutte le pelli e camminare indossando una berretta che genera prurito o un qualche fastidio è davvero una cosa insopportabile!
Occhio anche alla forma: sul “cucuzzolo” ci potete mettere pure i sonagli se volete, ma è essenziale che il capo sia costruito in modo da tenere ben coperte le orecchie.
Se poi siete escursionisti che non disdegnano percorsi tecnici sui quali serve indossare un casco, ad esempio le vie ferrate, cercate i non esagerare con le forme fantasiose perché la berretta dovrete riuscire ad infilarla sotto “l’elmetto” senza assumere le sembianze di Marge Simpson.
In certe condizioni particolari è il vento più che l’effettiva temperatura ambientale ad influire sulla nostra percezione del freddo.
È il famoso effetto Wind chill, che causa un aumento della dispersione del calore corporeo.
Quando il vento non è solo uno zefiro primaverile, ma comincia a somigliare più a una bufera è opportuno avere a portata di mano una berretta realizzata in materiale anti-vento e che magari non copra solo la parte superiore della testa, ma protegga anche, guance, mento e collo (il classico passamontagna o balaclava).
Vediamo una selezione dei migliori modelli di cappello da trekking per la montagna disponibili sul mercato.
Un marchio celebre del mondo dell’outdoor, nato negli Stati Uniti, e diventato celebre tra gli appassionati di tutto il mondo, fondato nel 1966, tra i suoi prodotti propone anche un cappello per l’outdoor ispirato ai modelli militari dell’esercito USA.
Un basco a cupola ribassata e visiera frontale contro i raggi del sole, dalla forma piuttosto tradizionale, con un profilo aderente, interamente realizzato in cotone con maglie aperte, per garantire massima traspirabilità.
Sul retro è presente una fascia per allargarlo o restringerlo a seconda della necessità. Questo prodotto è disponibile in tre colorazioni (nero, beige e verde iguana) e in due taglie (S/M e L/XL).
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Un cappello che ha nella traspirabilità e nella ventilazione i suoi punti di forza, molto confortevole grazie alle forme studiate per aderire bene alla testa.
Il design prende le migliori caratteristiche del modello precedente e le migliora, costruito con tessuti ancora più leggeri (UPF 50+) e una silhouette più sottile.
Alcuni cappelli da montagna sacrificano la visibilità in favore della protezione, questo modello invece è progettato per garantire un buon equilibrio tra visibilità e protezione, infatti il bordo a conchiglia sull’Ultra Adventure si ferma proprio davanti all’orecchio. L’orlo rimane rigido anche al vento, proteggendo il viso dal sole in ogni condizione.
Le dimensioni regolabili permettono di vestire perfettamente questo cappello. Progettato con fori per gli occhiali da sole e nastro riflettente per situazioni di scarsa illuminazione, si ripone facilmente nello zaino.
Il Columbia Bora Bora II Booney si apprezza anzitutto per la qualità dei materiali costruttivi che garantiscono un’ottima traspirabilità, anche in condizioni di caldo intenso.
La sudorazione è minima, il calore si smaltisce molto velocemente, rispetto agli altri cappelli per proteggersi del sole ha uno stile un po’ diverso, manca un vera e propria frontale.
Però la copertura garantita è comunque buona grazie anche al tessuto UPF 50.
La possibilità di regolarlo e il laccio per legarlo sotto il mento garantiscono stabilità anche in ambienti molti ventosi. Quando arriva il momento di riporlo nello zaino, lo si piega comodamente.
Il cappello “da deserto” di Salewa è progettato come un tradizionale berretto con visiera leggermente convessa, una sua caratteristica è la protezione per il collo molto ampia e su tutti i lati, è possibile in ogni caso rimuoverla.
È un cappello pensato per proteggere dal sole ma anche dagli insetti, lo sporco non è un problema, i materiali costruttivi permettono di lavarlo in lavatrice a 50°. Disponibile in tre taglie: small (56 cm), medium (58 cm) e large (60 cm) e otto colori diversi.
Un cappello realizzato con tessuto UPF 50+ progettato per proteggere viso e collo, con attenzione anche per il design. Uno dei più belli tra quelli che vi abbiamo consigliato.
Questo cappello è stato progettato in Canada, ed è prodotto con metodo artigianale, infatti le cuciture sono confezionate a mano.
Il bordo solido mantiene la sua forma anche col vento forte oppure quando viene riposto nello zaino, un attrezzo resistente e performante, adatto per chi cerca l’eccellenza.
L’unico inconveniente è che tutte queste qualità hanno un prezzo un po’ più alto della media..
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