La ciociaria è una terra ricca di questi aromi: è un blocco d’appunti, messo lì e pronto a lasciarsi sfogliare dagli occhi del turista; un blocco pieno di attimi, di ambienti e di situazioni cariche di una schiettezza in grado di scuotere il processo della memoria umana. Così scriveva Cesare Pavese nel suo meraviglioso saggio “Del mito, dell’opera, dell’altro”: «…una piana in mezzo alle colline ti interessa per l’evidente carattere di luogo sacro che dovette assumere in passato… A questo luogo si dà un significato assoluto isolandolo dal mondo. Così sono nati i santuari. Così i luoghi dell’infanzia ritornano alla memoria».
La Ciociaria è una terra di passaggio, un largo e fertile budello protetto e stretto ai suoi due lati da rilievi appenninici e preappenninici, un’antica terra di transumanze, un punto strategico di collegamento con il Sud attraverso la Via Latina, una terra ricca di storia e natura.
Al confine con le province di Roma e Latina, i rilievi dei Monti Lepini, Ausoni ed Aurunci si rincorrono da Nord-Ovest verso Sud-Est, fino a costituire un unico sistema montuoso ben delimitato dal punto di vista geografico, morfologico e storico. I rilievi preappenninici laziali, conosciuti fino al 1700 come Monti Vosci, si presentano così come una terrazza naturale che scollina dolcemente verso il litorale tirrenico, una terrazza a cui il cuore della Ciociaria si arrampica da millenni, nel vano tentativo di spingere i propri confini verso il mare.
I Monti Lepini costituiscono il settore settentrionale della catena dei Volsci. L’aspetto più caratteristico è rappresentato dalla presenza di ampie conche montane come il Campo di Segni e di Montelanico, il Pian della Faggeta o il Pian della Croce. Un cenno a parte lo meritano i “chicots”, massi a forma conica che caricano il paesaggio di un aspetto quasi lunare, surreale, tale da giustificare l’appellativo di “campi d’anime”.
Per quanto riguarda la vegetazione, la peculiarità dei Monti Lepini risiede nella presenza di specie tipicamente mediterranee accanto a quelle appenniniche. Un fenomeno particolarmente interessante dovuto alla transitorietà climatica dell’area: nelle zone più calde, fitti boschi di leccio con sottobosco formato da cespugli di ginestra, sfumano improvvisamente nelle “fredde” foreste di faggio e carpino. Il patrimonio faunistico è ben rappresentato da specie erpetologiche (Colubro di Riccioli e Salamandrina dagli Occhiali) e dall’avifauna con oltre 160 specie di uccelli.
Superata la valle dell’Amaseno ci inoltriamo tra le asperità dei Monti Ausoni dove, tra boschi di leccio e quercia da sughero, affondiamo scarpe e sguardo nella terra rossa di Campo Soriano, un affascinante fenomeno morfologico prodotto della dissoluzione chimica del calcare da parte delle acque circolanti nelle rocce carbonatiche. Nelle viscere del massiccio montuoso, ecco le grotte di Pastena, una tra le più suggestive formazioni carsiche del nostro paese.
Contiguo al massiccio dei monti Ausoni, ecco l’altopiano dei Monti Aurunci, ultimo maestoso anello della catena preappenninica. Il millenario tracciato della via Appia Antica, con i suoi basolati di pietra vulcanica di colore grigiastro, ci guida tra i calcari chiari e tra le pendici asciutte e brulle del Parco Naturale dei Monti Aurunci. Circa 50 specie di orchidee colorano le rugosità monocromatiche che ricoprono la maggior parte del suo territorio, e arricchiscono il patrimonio floreale di un parco che, grazie alle 1900 piante censite fino ad oggi, riesce a far brillare gli occhi dei botanici più esigenti. Boschi di carpino e querce mesofite vivacizzano poi le zone più interne del Parco, mentre il versante meridionale è caratterizzato dalla presenza di specie tipiche della “gariga e della macchia mediterranea”.
Tra i monti Ernici e Lepini, si estende quel largo corridoio naturale costituito dalla valle del fiume Sacco e conosciuto, sin dal tempo dei romani, come valle Latina poiché questa strozzatura naturale era attraversata proprio dalla famosa via omonima. Detto anticamente Trerus, il Sacco è solo la parte iniziale di un percorso che si sviluppa lungo le placide terre della Ciociaria centrale: un concentrato di storia disposto a strati successivi e adagiato lungo le rive di questo vitale corso d’acqua.
Dall’età più lontana, documentata dai preziosi rinvenimenti di Anagni, attraverso la storia dei popoli italici, passando per la conquista romana, fino ad arrivare alle epiche gesta medievali, possiamo tranquillamente dire che la storia della Ciociaria sia passata quasi per intero tra le acque di questa vallata.
Tra i rilievi che dalla Valle del Sacco si snodano verso la Piana di Fiuggi, arriviamo sulle sponde del lago di Canterno uno specchio incastonato tra splendidi boschi e formatosi solamente nel 1821. Infatti, sino all’inizio del secolo scorso, non si poteva parlare, per il Canterno, di vero e proprio lago in quanto l’accumulo delle acque aveva solo carattere di periodicità; questo particolare fenomeno era determinato dalla presenza di un inghiottitoio attraverso il quale defluivano nel terreno sottostante. Quando l’inghiottitoio veniva intasato da detriti di origine naturale, le acque si accumulavano e formavano il bacino, per poi sparire improvvisamente una volta sfondata l’ostruzione naturale. Proseguiamo nella nostra esplorazione e arriviamo all’altezza dell’abitato di Isoletta d’Arce proprio dove il fiume Liri incontra il fiume Sacco, per proseguire poi la sua lenta corsa in direzione Sud-Est.
Nel 1925, lungo il fiume, precisamente nel territorio di San Giovanni Incarico, venne praticato uno sbarramento artificiale, con la costruzione di una centrale idroelettrica, che ha originato l’attuale lago. Uno sbarramento che ha determinato la nascita di un vero e proprio ambiente paludoso. Tutto il bacino lacustre è caratterizzato dalla presenza di alberi di alto fusto, la cui ubicazione è da attribuire essenzialmente alla tenuta degli argini, come le robinie, le roverelle, il rovere, i salici e i pioppi.
La vegetazione arborea è molto rappresentata e passando attraverso i vari ambienti è possibile incontrare sia le Pteridofite che le Fanerogame. Sempre nell’area compresa tra il Liri e il lago di San Giovanni è possibile fare un salto tra le meraviglie ospitate dalla Riserva delle Antiche città di Fregellae e Fabrateria Nova; uno scrigno ricco di natura e storia dove, tra Canne di palude e distese di tifa, affiorano i resti delle città di Fregellae, una colonia latina d’importanza fondamentale per la sua posizione strategica, e Fabrateria Nova scoperta nell’ansa del lago in località Isoletta d’Arce. Tra gli spazi verdi lasciati aperti dalla sua valle, risaliamo in direzione nord il fiume Liri fino ad inoltrarci, all’ombra dell’Appennino, nella piana del Fibreno con sue colline prospicienti il meraviglioso lago.
Situato nel versante sud-occidentale dei Monti della Marsica, il lago è originato da un sistema di sorgenti pedemontane che derivano dal bacino imbrifero carsico dell’alta Valle del Sangro in Abruzzo. Tra i mammiferi che popolano il territorio della Riserva Naturale figurano anche il riccio, la talpa, la nottola, lo scoiattolo ed il quercino. Il fondo del lago rappresenta una vera e propria foresta subacquea, con numerose specie vegetali di angiosperme ed alghe macrofite. Il bacino lacustre lungo il suo perimetro è circondato da un folto canneto, esteso per circa 50 ettari che in alcuni tratti raggiunge la profondità di circa 500 metri dalla riva.
L’ultimo “gigantesco” tassello della Ciociaria è rappresentato dalla dorsale appenninica che costeggia la provincia di Frosinone lungo tutto il versante nord-orienatale: una successione di monti composta dai Simbruini, dagli Ernici e dai Monti della Meta.
Il territorio dei Monti Simbruini è sostanzialmente compreso all’interno dei confini tracciati dall’omonimo Parco Regionale che si estende fra la valle dell’Aniene a nord-ovest, quella del Sacco a sud-ovest, il confine abruzzese a est ed i Monti Ernici a sud-est. Il nome Simbruini deriva dal latino sub imbribus, sotto le pioggie, una radice etimologica che rimanda in maniera inesorabile al saldissimo rapporto che lega questo territorio all’acqua, principale responsabile delle numerose formazioni carsiche presenti in zona e anche della ricchezza vegetale che differenzia il manto di queste cime.
Vasti querceti e dense faggete rivestono le pendici del massiccio; ma è consistente anche la presenza di una flora tipica dell’alta montagna, comprendente primule, crochi, soldanelle, genziane, carline e sassifraghe. La fauna del parco annovera tutte le specie tipiche dell’Appenino: dall’orso Marsicano, al falco Pellegrino, presente un po’ ovunque, fino a recentissimi e graditi ritorni come quello del capriolo.
I monti Ernici, grazie alla presenza di cime superiori ai 2000 metri, rappresentano un po’ il tetto di tutta la Ciociaria. Anche questo massiccio è caratterizzato dal fenomeno del carsismo, con grotte e doline anche di grandi dimensioni come nel caso del Pozzo d’Antullo, una grande voragine carsica con una circonferenza di circa 300 metri ed una profondità di 60, presente nel territorio di Collepardo. La leggenda racconta di contadini miscredenti che, dimenticando di santificare la festa, vollero battere il grano nel giorno dell’Assunta: il tutto sprofondò per intervento divino fino a generare la cavità dell’attuale pozzo.
Il fondo attraverso un articolato sistema di cunicoli sotterranei, è probabilmente collegato con le Grotte dei Bambocci, un gioiello della natura tempestato di stalagmiti e stalattiti. Sempre nello stesso territorio di Collepardo, è possibile fare un salto tra le sfumature del giardino “Flora Ernica”, un’Oasi gestita dal WWF impegnata nello sforzo di raccogliere tutte le piante spontanee dei Monti Ernici.
Ai confini tra Lazio, Abruzzo e Molise, le alture delle Mainarde e i Monti della Meta rappresentano l’appendice ciociara del “Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise”. Otto comuni, Alvito, Campoli Appennino, Pescosolido, Picinisco, San Biagio Saracinisco, San Donato Val di Comino, Settefrati e Vallerotonda, immersi in un paesaggio naturale assolutamente incontaminato, in un territorio coperto per due terzi da faggete che costituiscono una delle maggiori estensioni continue di tutto l’Appennino.
Le montagne del Parco presentano un paesaggio vario ed interessante in cui si alternano vette tondeggianti, tipiche dell’Appennino, a pendii dirupati dal tipico aspetto alpino. Luoghi affascinanti e resi magici dalla presenza di alcune delle specie più importanti della grande fauna italiana: orso bruno marsicano, camoscio d’Abruzzo e lupo. E proprio tra queste valli, questi fiumi e questi boschi incantati, con gli occhi ancora pieni di meraviglia e con il cuore gonfio di emozione, si conclude il nostro affascinante e intenso viaggio tra le bellezze naturali della Ciociaria.
La Ciociaria, proprio grazie alle sinuose forme del suo territorio, si presta ad essere attraversata in punta di piedi. Perché, fare trekking lungo i numerosi percorsi, significa anche assaporare i ritmi lenti dettati dalla natura che si offre, in tutto il suo splendore, allo sguardo attento e placido dell’escursionista. Ma camminare non è l’unico modo per godere appieno delle sue bellezze: l’infinito reticolo di mulattiere e sentieri che coprono come una ragnatela tutto il suo territorio dal fondovalle fino alle montagne, si offrono, infatti, per esplorazioni in mountain bike.
La Ciociaria, data l’abbondanza di montagne si presta ottimamente anche alla pratica del volo libero, parapendio e deltaplano. Per gli amanti dell’aria, in Ciociaria si trovano tre stazioni principali: la Valle di Comino, il Monte Scalambra e il Monte Cairo. La Valle di Comino è base ideale per le attività di volo libero grazie ai suoi tre voli: Atina San Donato e Montattico. Per gli appassionati di parapendio e deltaplano, il Monte Scalambra, con il decollo posto a circa 700 metri di quota, rappresenta il sito “storico” della Ciociaria. Da qui, il panorama si allarga allora fino ad abbracciare tutta la catena di montagne che, attraverso Acuto, culminano sopra Fiuggi con la punta della Monna nel versante laziale dell’Appennino. Un ulteriore asso nella manica del sito di volo è la presenza, più in alto sullo Scalambra, di ulteriori due decolli, un po’ più tecnici ma che permettono, in giornate avare di termiche, di partire ad una quota maggiore ed avere quindi più tempo a disposizione per cercarle. Il Monte Cairo con il suo grande prato in discesa che costituisce il decollo vero e proprio, è invece un sito facile ed adatto anche a piloti neofiti.
Le gole del Melfa nella valle di Canneto, il tratto del fiume Aniene in prossimità di Trevi sui monti Simbruini, il lago Posta Fibrino ed il fiume Garigliano si prestano splendidamente ad essere attraversati dagli amanti della canoa e del canotaggio.
Non potevano naturalmente mancare per gli appassionati del free climbing vertiginose pareti sulle quali cimentarsi in ardimentose arrampicate: tra i siti più interessanti ricordiamo i cinque settori dei Monti Lepini, per un totale di 120 falesie e vie di scalate; Picinisco e le Gole del Melfa; la Madonna delle Grazie in prossimità di Sora; la parete di Caprile nei pressi di Arce; gli Speroni del Trecciolino e varie località tra i Monti Aurunci e i Monti Ausoni.
Con un paio di sci ai piedi è possibile scivolare su molti pendii innevati della provincia di Frosinone: Campo Staffi è una delle più moderne stazioni sciistiche del centro Italia, con le sue piste collocate tra i 2000 e i 1500 in grado di soddisfare le capacità di qualsiasi sciatore. Campocatino, situata a 1800 metri tra i Monti Ernici e i Monti Cantari, comprende 10 chilometri di piste di varie difficoltà. La terza stazione sciistica ciociara è Prati di Mezzo, a 1400 metri in un’ampia radura sul versante laziale del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
In bici nella Riserva Naturale di Nazzano, Tevere-Farfa
Lungo la valle dell’Aniene
Le grotte di Pastena