Il Casale del Cavaliere deriva il suo nome dalla famiglia Cavalieri, che costruì il Casale, probabilmente, agli inizi del XIV secolo. Data la sua posizione elevata, su un costone tufaceo, doveva avere funzioni di difesa e sorveglianza di questa sponda sinistra dell’Aniene, a somiglianza del vicino Castello di Lunghezza, dal quale era visibile invece la sponda destra.
In un documento del 1398 esso è indicato come parte delle proprietà di Paolo Novelli, con il nome di “Palazzetto dei Cavalieri”. Successivamente viene in possesso della famiglia Mattuccio e cambia il suo nome in “Mattuzzi”.
È così che lo designa una delle più famose mappe storiche della città di Roma, quella di Eufrosino Della Volpaia nel 1547. Ha un aspetto decisamente diverso da quello odierno, anche se nel nucleo più vecchio se ne riconoscono ancora le caratteristiche di casale fortificato, con ingresso presidiato dalla sua robusta torre.
Nel 1555 risulta appartenere a “m.s. Jacopo del Cavaliere” e nei primi anni del Seicento a “Ottavio Cavaliere”, al quale si devono probabilmente i lavori di ripristino e abbellimento condotti sull’edificio preesistente (è ancora oggi visibile la scritta “1607”).
Circa un secolo dopo, anche il primo catasto dello Stato Pontificio, il Catasto Alessandrino del 1659 parlerà del luogo, definito “tenuta del Cavaliere”, di proprietà dei Padri di S. Giovanni Casavita e “…confinante con la Tiburtina, le tenute di Castellarcione di Agostino Maffei e del Principe Borghese, il Teverone (così si chiamava l’Aniene nel suo basso corso), la tenuta delle monache di Campo Marzio e quella di Casa Rossa…”. Il Catasto Alessandrino lo raffigura quindi come un casale turrito, con edifici disposti intorno ad esso.
Un’altra antica mappa della città, disegnata dall’architetto Antonio del Grande nel 1661 lo ricorda come “Casale del Cavaliere de Padri Benfratelli”. Ai Padri il casale rimase fino al 1804, quando l’intera tenuta venne acquistata dall’Ospedale di S. Spirito e poi dagli Ospedali Riuniti di Roma. Dal 1978 divenne proprietà del Comune di Roma. Il resto, come sappiamo, è storia recente.
La frisona è una razza bovina apprezzata per la capacità di produrre molto latte. Originaria, come dice il nome, della Frisia (tra Paesi Bassi e Germania) si è poi sviluppata in ceppi locali in molte altre parti del mondo (Frisona Italiana, ad esempio, nel nostro Paese).
Ha un mantello variamente pezzato nero o rosso, corna corte, un’altezza al garrese che varia dai 130 fino ai 150 cm e può raggiungere pesi dai 550 agli 800 kg. Le sue produzioni di latte sono molto alte: in un solo periodo detto di “lattazione” (all’incirca di 305 giorni all’anno), una sola mucca può produrre fino a 9.200 kg di latte.
In Italia, nella maggior parte dei casi, le mucche di razza Frisona sono sottoposte ad un allevamento di tipo “intensivo”, vengono cioè allevate all’interno di stalle chiuse, nelle quali vengono munte due volte al giorno per tutto il periodo della lattazione.
Verranno spostate in un altro settore solamente nei due mesi che precedono il parto e dopo di questo, finché producono il colostro quale nutrimento del piccolo. Dopo di ciò, il vitello viene separato e portato in una stalla a lui destinata, dove viene nutrito con farine di latte per 2-3 settimane.
Nella Tenuta del Cavaliere, invece, diversamente dal metodo classico, le Frisone sono allevate secondo più moderni criteri ecologici. Nel rispetto dei disciplinari previsti, il loro allevamento è di tipo più estensivo rispetto a quello classico; esse sono libere di muoversi nei vasti spazi antistanti le stalle, aree aperte dedicate all’esercizio ed al libero movimento.
Pochi sanno che la variante italiana della Frisona è stata selezionata a poca distanza dall’attuale tenuta di Castel di Guido, nella Bonifica di Torre in Pietra, nel 1929.
Qui il conte Carandini, proprietario del fondo, acquistò ad un’asta della Carnation Milk Farm di Seattle in USA un toro che si rivelò il vero “capostipite” della nuova razza Frisona italiana.
Dal 1950 in poi, la nuova razza inizio a sostituire quella bruna, che allora andava per la maggiore, specialmente negli allevamenti in pianura. Attualmente, la sua maggiore area di diffusione è il nord Italia, specialmente in Lombardia ed Emilia Romagna.
Nella tenuta è possibile passeggiare, arrivarci in bicicletta, addirittura pagaiare lungo le serpentine curve dell’Aniene che lambiscono la Tenuta del Cavaliere. Il segreto è armonizzare le grandi potenzialità dell’azienda dall’alto valore naturalistico, storico e produttivo.
TENUTA DEL CAVALIERE
Ritorno alla Natura
Via della Tenuta del Cavaliere, 102
Lunghezza – Roma Est