Un intervista allo scrittore Erling Kagge, uscita sul Guardian, in occasione dell’uscita del suo ultimo libro dal titolo “Camminare: un gesto sovversivo”, nel quale l’autore affronta a 360° l’impatto che il camminare e lo spostarsi a piedi ha avuto sulla sua vita e sul suo approccio al mondo e a quello che lo circonda.
Cresciuto nella Norvegia degli anni ’70, in una famiglia che non possedeva un’auto e amava fare escursioni, Erling Kagge è convinto che una delle prima frasi ad aver pronunciato sia stata: “Quanto manca ancora?”
Fin dalla sua adolescenza ha abbracciato la filosofia di vita dei suoi genitori. “A quel punto, per me, camminare non era solo andare da A a B“, dice. “Aveva un valore in sé“. Tanto che a 27 anni, andò al Polo Nord e, meno di tre anni dopo, divenne il primo a camminare al Polo Sud da solo – un viaggio di 50 giorni senza radio . Un anno dopo decise di scalare l’Everest.
Ora, a 25 anni di distanza, padre di tre figli e capo di una delle più grandi case editrici norvegesi, la maggior parte delle passeggiate di Kagge è decisamente più vicina a casa.
Erlin Kagge nella sua casa nelle vicinanze di Oslo, circondato da libri.
Cammina per due miglia fino al suo ufficio di Oslo ogni mattina, fa escursioni nei boschi nei fine settimana e passa molte serata a girovagare per i quartieri della sua città per esplorarli e conoscerli meglio.
Ovunque vada e qualunque sia la sua destinazione camminare è sempre il suo mezzo di conoscenza preferito. Ha seguito il percorso della rete fognaria e della metropolitana di New York dal Bronx fino all’oceano perché, dice, “È interessante vedere la città dall’interno.”
Ci sono voluti quattro giorni per attraversare Los Angeles, una città dove l’auto è la regina incontrastata delle mobilità e camminare in alcune parti della città è ritenuto perfino sospettoso, tanto che Kagge è stato persino fermato per un controllo dalla polizia.
A Dublino, ha deciso di seguire un percorso letterario e, più nello specifico, la strada percorsa da Leopold Bloom il protagonista dell’Ulysses di James Joyce, un cammino che gli ha permesso di approfondire la sua comprensione dell’opera.
Camminare è ritmico, mettere un piedi davanti all’altro. Proprio come il suo precedente bestseller “Silenzio”, pubblicato in 37 lingue, anche Camminare è tascabile. Un’opera in cui si intrecciano punti di vista e riflessioni personali con quelle di scienziati, poeti e filosofi.
“Avrei potuto scrivere un libro su come camminare aiuta il tuo cuore, i tuoi polmoni e come aiuta il clima“, dice Kagge. “Quella metà è importante. Ma volevo concentrarmi sull’altra metà – continua Kagge – come camminare ha cambiato la vita, cosa fa ai nostri pensieri ed emozioni, e il modo in cui ci ha resi quello che siamo. “
Kagge inizia parlando di sua figlia Solveig, di quando ha mosso i suoi primi, incerti, passi. “Guardare Solveig provare a camminare, inciampare e rialzarsi era come vederla diventare se stessa. La sua personalità, i suoi interessi e i suoi impulsi sono stati tutti rivelati mentre si spingeva in avanti. Mentre ciò accadeva, la nonna di Kagge aveva smesso di camminare – le sue protesi al ginocchio ormai logore non le permettevano più di spostarsi.”
“Camminare su due gambe”, continua Kagge, “ha gettato le basi per tutto ciò che la nostra specie è diventata“. Ha permesso all’Homo sapiens di percorrere lunghe distanze, cacciare in nuovi modi, esplorare, imparare e crescere.
Mentre ancora non comprendiamo appieno la connessione tra camminare e intelletto, abbiamo sempre saputo che esiste tra di loro un legame forte.
Innumerevoli pensatori e creativi sono stati avidi camminatori: Socrate, Platone, Aristotele. Darwin aveva l’abitudine di camminare due volte al giorno, lo definiva il suo “percorso del pensiero”. Charles Dickens camminava per tutta Londra, tre o quattro ore per ogni uscita.
Quando spostiamo il corpo, spostiamo anche i nostri pensieri
Camminare in città è un ottimo strumento per esplorare e scoprire nuovi angoli e scorci
Nel 2014 la Stanford University ha condotto degli esperimenti che sembravano confermare una relazione causale tra lo stato mentale e le capacità intellettive della persone e la loro abitudine a camminare.
Questi esperimenti sono stati condotti affidando ad alcune persone attività studiate per mettere alla prova il pensiero creativo, sono state divise poi in gruppi, alcuni sono rimasti per lo più sedentari durante l’esperimento, altri invece hanno seguito un programma di cammino quotidiano.
Ebbene questi ultimi hanno aumentato le loro capacità creative, misurate dai test, in modo esponenziale dopo aver fatto delle camminate.
“Ho sempre saputo che l’effetto era lì, ma finché non ho scritto il libro, non mi sono mai preoccupato del perché“, racconta Kagge. “Il pensiero non è vincolato alla nostra mente ma è influenzato da tutto il nostro corpo. Quando muoviamo il corpo, spostiamo anche i nostri pensieri, le nostre emozioni, tutto si libera e circola“.
Il cammino offre diversi spunti per occupare la mente cosciente ma, allo stesso tempo, libera il nostro subconscio e lo lascia libero di vagabondare, di uscire dagli schemi abituali, di vedere la propria vita da un’altra prospettiva, insomma libera la mente creativa.
Pensieri banali si confondono con quelli importanti, i ricordi si acuiscono, le idee e le intuizioni scivolano in superficie: “Quando cammini è bello pensare, ma è anche meglio non farlo“, dice Kagge, che preferisce spegnere il suo smartphone. “Quello è proprio il momento in cui trovi risposte a domande che non sapevi nemmeno di avere.”
Anche il ritmo ha un ruolo essenziale, infatti Kagge afferma che “Quando vai veloce, e aumenti il ritmo, tieni a distanza i tuoi pensieri e le tue emozioni“.
Un’attività fisica settimanale, anche nelle vie del proprio quartiere, ha grandi benefici
Ricorda un passaggio di Milan Kundera che esplora questo legame. Quando vogliamo ricordare qualcosa, istintivamente rallentiamo, quando invece vogliamo dimenticare o scuotere un pensiero, prendiamo il ritmo.
Ma Kagge non affronta il camminare solo come strumento per aumentare la creatività e ritrovare il proprio equilibrio mentale ma anche come mezzo di scoperta e conoscenza.
Visitare un luogo a piedi è il modo migliore per conoscerlo davvero: “Noti gli alberi e gli edifici, ma anche le persone“, dice.
“Oggi puoi vivere una vita in auto e dietro uno schermo, senza mai vedere le persone che vivono intorno a te. È pericoloso. Se i politici camminassero invece di arrivare con le loro belle macchine o volare in elicottero, forse prenderebbero decisioni più rilevanti per la gente.
“Sottolinea anche che la maggior parte delle rivoluzioni inizia con il camminare – e che essere sedentari e fermi dietro uno schermo ci rende vittime più facili del controllo“
Al giorno d’oggi abbiamo scelto di stare molto seduti, spesso ci spostiamo in macchina o in autobus, approfittando di ogni momento vuoto per collegarci ai social media, guardare le mail o scrivere messaggi.
“Essere impegnati è come una religione, tutto è orientato a risparmiare tempo, ma una parte importante della nostra vita è sprecata“, dice Kagge.
In Norvegia, i bambini vanno a scuola a piedi, c’è ancora una forte cultura legata alla mobilità lenta, ma c’è anche un grande consumo di tempo legato agli smartphone, alla TV e a vivere attraverso altre persone.
Spesso una delle scuse maggiori per non camminare è dire che “non abbiamo tempo”, ma è un grosso malinteso.
La maggior parte delle persone sottovaluta il tempo che ha a disposizione, se riuscisse a vedere nel complesso quanto tempo impiega nelle diverse attività giornaliere riuscirebbe di certo a ritagliare tempo per camminare.
Erling Kagge, ex avvocato, studioso di filosofia, appassionato e collezionista di Arte e oggi proprietario di una delle più grandi case editrici della Germania
In effetti, lo stesso Kagge è la prova che è possibile rallentare il ritmo, camminare di più e allo stesso tempo riuscire ad ottenere risultati che la gran parte di noi riconoscerebbe come grandiosi.
Era un avvocato in una grossa azienda, ma questo non gli consentiva di avere tempo per organizzare la sua vita come desiderava, per rallentare il ritmo.
Per questo ha fondato una casa editrice, Kagge Forlag, che è cresciuta costantemente (è quella che ha prodotto Norwegian Wood, la sorpresa del fenomeno editoriale Scandi sull’impilamento del legno).
È anche un appassionato collezionista d’arte, ha studiato filosofia a Cambridge e ha lavorato nel suo tempo libero come modello per Rolex.
“Come ogni camminatore sa, camminare ti aiuta a fare le cose” e aggiunge. “Quando ti muovi velocemente per risparmiare tempo, anche il tempo scorre veloce. Sono sempre colpito da quanto poco tempo hai effettivamente risparmiato guidando. Quando cammini, il tempo si dilata.“
Passeggiare con Kagge attraverso il parco rende l’intervista diversa, una piacevole chiacchierata, diversa da quello che succede stando seduti in un ufficio o in un luogo chiuso.
I discorsi sono meno formali e impacciati, le parole scorrono più facilmente e le associazioni mentali risultano più facili. Forse è per questo che Steve Jobs preferiva tenere le suo riunioni più private e importanti camminando per i numerosi sentieri di Palo Alto.
Prima della conclusione dell’intervista Kagge confessa di avere ancora parecchie camminate nel cassetto dei sogni “Ho così tante idee nella testa“, dice. “Quando arrivo in posti nuovi, mi piace sempre cercare di raggiungere gli aeroporti a piedi, attraversando così le aree esterne, i sobborghi, le zone cuscinetto delle città.”
Spiega che l’anno scorso, a Boston, ha provato a camminare dal suo hotel verso l’aeroporto. “Avevo guardato online e sembrava possibile ma poi, in pratica, ci si trova a dover superare un fiume e a passare dentro lunghe gallerie che sono progettate solo per le auto. Alla fine, ho dovuto arrendermi. Ma la prossima volta, ci riproverò. “
Per Kagge, è tutta esplorazione, è sempre nuovo e questo è il punto.
Quando si guida la macchina si bada solo a quello che fanno gli altri veicoli, perdendosi gran parte di quello che ci circonda.
Quando invece si cammina, anche in un’area sub urbana o in una periferia, si proverà sempre qualche esperienza: ci sarà sempre un particolare, un angolo, una persona che attirerà la nostra attenzione e ci donerà qualche sensazione.