Percorrendo la Costiera Amalfitana, uno dei tratti più affascinanti tra gli oltre 7500 chilometri dello sviluppo costiero italiano, è fin troppo facile provare genuina invidia per gli avventurosi viaggiatori romantici dell’Ottocento.
Molti di loro, scendendo dalle regioni del nord Europa alla scoperta del “Grand Tour d’Italia”, arrivati in questi territori sospesi tra cielo e mare non riuscivano più ad andarsene, contribuendo ad alimentare la leggenda di questo paradiso naturale, scosceso e selvaggio, che si tuffa nel blu cobalto del Tirreno.
Anche grazie a questo sviluppo turistico, poco più di un secolo fa ebbe inizio la costruzione della strada costiera, che affrancò da un isolamento millenario gli antichi borghi marinari che da Salerno a Napoli vivono arrampicati alle rocce della penisola dei Monti Lattari.
Quella strada, però, pensata e realizzata per cavalli e carrozze, non si adatta certo al moderno traffico e l’invidia per quei primi, fortunati scopritori di questi panorami, si scatena se si ha la sventura di trovarsi in uno dei quotidiani ingorghi che, per almeno sei mesi all’anno, paralizzano le tortuose stradine del promontorio.
Eppure esiste un momento in cui tempi e modi del viaggiare di quei fortunati si possono rivivere nella realtà di oggi.
Nel tardo autunno, ma anche in pieno inverno nelle giornate limpide e tiepide che il sud sa regalare, percorrere i sentieri che serpeggiano tra i valloni impervi, ben al di sopra del confine blu del mare, è un salto indietro nel tempo.
Ai tempi passati, quando le giornate erano scandite dall’incedere lento e costante del mulo, autentica “macchina da trasporto” sui sentieri che collegavano borghi e frazioni della Costiera Amalfitana.
Al centro del Mediterraneo, lungo il litorale campano, la dorsale rocciosa dei monti Lattari crea un selvaggio promontorio montuoso che si tuffa nel Tirreno e divide due tra le più belle coste di tutto il “Mare Nostrum”, con straordinari paesaggi verticali caratterizzati da una natura forse unica al mondo.
Una terra dove Oriente e Occidente si sono incontrati e scontrati, lasciando preziose testimonianze di stili, architetture, decorazioni, culture.
Etruschi, greci, arabi, siculi, normanni, francesi, spagnoli, che si sono contesi queste terre, si ritrovano, confusi, mischiati, nei dettagli di chiostri e campanili, nelle case cubiche tinte di bianco, nei vicoli pulsanti di vita marinara e di anima montanara.
Infiniti i fatti, gli spunti e gli aneddoti che possono venir fuori dai semplici racconti di qualche anziano pescatore che è ancora possibile incontrare mentre, dopo la pesca, rammenda le reti sulle piccole spiagge del promontorio.
Da questi racconti prendono vita storie sicuramente sconosciute a quei tanti turisti che dedicano solo una fugace visita a questi straordinari luoghi.
Gli uomini di questa terra, abili navigatori le cui gesta leggendarie sono giunte fino a noi cariche di emozioni, fin dall’antichità erano in possesso delle più sofisticate tecniche dell’andar per mari sospinti dai venti.
Esperti maestri d’ascia con una tradizione cantieristica tra le più forti del passato e provetti tecnici d’ingegneria contadina applicata allo sfruttamento delle verticalità dei terreni “sospesi”.
Artisti completi e creatori di forme (con le ceramiche e le maioliche) e astuti commerciati di sete, spezie e velluti che portavano lungo le rotte di tutti i mari esplorati; abili imprenditori ed instancabili lavoratori con le famose produzioni artigiane della carta e delle paste alimentari.
A parte l’ampia e fortunatissima parentesi del granducato medioevale e della famosa Repubblica Marinara, la costa e il suo entroterra vissero per lunghi secoli nell’isolamento più assoluto, tagliati fuori da ogni collegamento sia per mare che per terra.
Solo agli albori dell’epoca dei lumi (tra XVII e XVIII secolo) questi luoghi aspri e misteriosi, lontani e difficilmente accessibili, cominciarono a destare l’interesse dei più arditi viaggiatori del tempo: artisti, poeti, narratori, geografi e musicisti.
I quali, alla scoperta della solitudine a tutti i costi, viste le straordinarie meraviglie che potevano toccare con mano, cominciarono a privilegiare i paesaggi aspri e inviolati della costa d’Amalfi.
Gli abitanti di queste terre, molto prima dell’avvento del turismo, si sono adattati a saper fare tutto; un po’ per necessità, molto per abilità.
Il mare davanti, con le sue ricchezza ma anche con le sue insidie; una montagna, selvaggia e scoscesa, apparentemente inavvicinabile, alle spalle.
Questo connubio di anima marinara e contadina ha contribuito a formare uomini caparbi, che hanno saputo colonizzare gli orizzonti infiniti del Mediterraneo ma anche le rocce verticali del Monti Lattari, oggi mirabilmente “lavorati” da un sistema di terrazzamenti che danno uno dei limoni più pregiati del pianeta.
Valli isolate ricche d’acqua, cascate e torrenti, con rocce a strapiombo e profondi baratri, non hanno scoraggiato gli abitanti della penisola, che nel corso dei secoli hanno sviluppato un’agricoltura intensiva e specializzata, ricavata dai tipici terrazzamenti.
Qui domina la coltivazione degli agrumi, alternati alla macchia e al bosco, alle vigne aggrappate alle rocce, agli olivi e ai fichi d’India in tutti i punti dove l’aspra roccia lo ha reso possibile.
Ma la costa amalfitana, oltre a tramandare i ricordi e i fasti della leggendaria Repubblica Marinara, e a conservare le sacre spoglie dell’Apostolo Andrea, è anche legata al ricordo della produzione artigianale della carta che qui risulta estremamente pregiata.
Questa attività proviene, con molta probabilità, dal “Paese dei Mandarini”, la Cina, che, intorno al I secolo a.C., per mezzo di scambi commerciali con le popolazioni arabe lungo le rotte carovaniere per via terra (Samarcanda) e via mare (bacino mediterraneo medio orientale), giunse con imprecisate vicissitudini fino in Europa.
In Italia, e particolarmente nel Mezzogiorno, si produceva la pergamena che venne ben presto affiancata dalla bambagina, nome derivante da El-Marubig, città araba ove si produceva questo tipo di carta, realizzato con l’impiego di stracci e cenci.
Non c’è modo migliore per conoscere la storia millenaria e le affascinanti tradizioni della Costiera Amalfitana, che inoltrarsi lungo i sentieri che tagliano i costoni vista mare o si inoltrano nelle vallette ombrose fra il folto della macchia mediterranea.
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