Amatrice: in viaggio nel cuore verde e selvaggio d’Italia

C’è un luogo nel cuore d’Italia, dove la natura pulsa di colori vividi e tonalità calde, dove le tradizioni si tramandano da secoli e secoli, dove i piatti della cucina tradizionale riflettono i profumi e i sapori della montagna.

24 agosto 2021 - 13:53

C’è un luogo nel cuore d’Italia, dove la natura pulsa di colori vividi e tonalità calde, dove le tradizioni si tramandano da secoli e secoli, dove i piatti della cucina tradizionale riflettono i profumi e i sapori della montagna.

Questo luogo è conosciuto in tutto il mondo grazie al piatto di pasta che dal suo toponimo prende il nome, ma oltre a questo c’è molto, molto di più. È Amatrice, scrigno appenninico che racchiude al suo interno un piccolo paradiso di natura, tradizioni ed eccellenze gastronomiche.

Benvenuti nelle Terre amatriciane

l grande cartello posto a fianco della strada statale – disegnata lungo il tracciato dell’antica Salaria, la consolare che un tempo collegava Roma a Porto d’Ascoli – avverte che la salita è culminata nel suo punto di maggiore altitudine.

I fianchi delle montagne, ammorbiditi da una folta vegetazione che ricopre i versanti, selvaggi, lasciano spazio ad un dolce altopiano curvilineo e rigoglioso, contornato dai profili degli Appennini.

È questo il saluto di benvenuto delle terre d’Amatrice, un cordiale abbraccio di natura incontaminata, dal forte profumo di bosco.

Il sole è scomparso dietro le creste dei Sibillini e l’ora della cena si avvicina ad ampi passi, troppo scontato un piatto di Amatriciana nel paese che le regala il nome?

C’è un ingrediente segreto che si cela dietro questo luogo, ingrediente che si rivela solo davanti a un bicchiere di vino e a un abbondante piatto di pasta: la cordialità di chi Amatrice la vive e la sente impressa sulla propria pelle, un’ospitalità rustica e sempre accomodante, pronta a far sentire a casa propria chi sceglie questo angolo d’Italia centrale per passare momenti di spensieratezza e vera e propria amicizia.

Il Lago di Scandarello è una meta irrinunciabile per gli appassionati di pesca perché ricco di pesci (Ph E. Ferri)

Lasciatevi guidare sui sentieri che si inoltrano tra i boschi, regalatevi qualche minuto in più per scambiare due parole con chi custodisce i segreti della cucina amatriciana, assaggiate i prodotti di eccellenza locali, che vanno ben oltre il famoso sugo con guanciale e pecorino.

Amatrice riesce a coniugare la sfuggente atmosfera di una terra di transito con il calore di una comunità coesa e innamorata della propria terra, arricchita nelle tradizioni dalle genti che per secoli hanno transitato da queste valli in bilico tra Adriatico e Tirreno.

L’amatriciano vive un legame indissolubile con l’altopiano, ha imparato nei secoli cosa vuol dire essere un punto d’incontro.

Lo si sente nel dialetto locale e nella parlata, laziale sulla carta ma abruzzese nell’anima, con sfumature di umbro e marchigiano. La terra che fino al 1927 costituiva l’ultimo lembo d’Abruzzo oggi appartiene alla provincia di Rieti ed è una “terra di confine” a tutti gli effetti, un piccolo angolo in cui si incontrano Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo.

I Monti della Laga imbiancati dalla neve fanno da cornice ai campi “addormentati” dalle rigide temperature invernali (Ph E. Ferri)

Ciò che qui invece non conosce confini, è la ricchezza di ambienti. Il territorio amatriciano appartiene al Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, e ne costituisce l’estrema propaggine settentrionale, là dove l’area protetta si incontra con il Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

La montagna permea le terre d’Amatrice, una montagna appenninica dall’aspetto diverso rispetto ai massicci che si ergono nelle vicinanze, ricoperta da boschi fittissimi e rigogliosi, che divengono pascoli solo alle quote più elevate.

I Monti della Laga e il territorio di Amatrice consentono belle passeggiate nella natura grazie a splendidi panorami (Ph M. Carlone).

È questa la peculiarità dei Monti della Laga, catena montuosa che ha proprio in Amatrice il suo capoluogo, una terra attraversata da innumerevoli corsi d’acqua che con il disgelo regalano linfa vitale, sul finire dei rigidi inverni.

E mentre alle spalle del borgo storico si ergono severe le vette del Pizzo di Sevo, del Cimalepri e del Monte Gorzano – la montagna più alta di tutto il Lazio – in lontananza fanno capolino le cime arrotondate dei Sibillini.

Eccola qua l’eccezionale normalità delle terre d’Amatrice: un luogo di natura vera e selvaggia che al contempo dona ad ogni viaggiatore la sensazione di sentirsi a casa propria, coccolato dalle delizie della tavola e circondato da una comunità sempre attiva, fatta di persone che questa terra la vogliono vivere fino in fondo.

Benvenuti ad Amatrice, la terra che ha imparato a resistere.

Amatrice da vivere, scoprire, assaporare

Quelle di Amatrice sono terre da camminare, osservare, gustare.

Un cammino senza fretta al sapore di montagna, da seguire a passo lento, rinfrescato dall’aria che soffia tra le cime d’Appennino.

Una montagna da scoprire nei suoi scorci più nascosti, una culla di prodotti gastronomici d’eccellenza, la cui origine si perde nella notte dei tempi, tradizioni che non conoscono confini disegnati sulla carta, frutto dell’incontro di comunità antiche.

Boschi, cascate, torrenti e ruscelli, alberi secolari e pascoli d’alta quota, ripide spaccature nella roccia che d’inverno diventano massicce cascate di ghiaccio: è solo una minima parte di ciò che le terre di Amatrice offrono agli amanti dell’outdoor.

Castagneto presso Voceto, frazione di Amatrice (Ph E. Ferri)

Si scrive Amatrice ma si legge Terre d’Amatrice: il vasto territorio comunale racchiude – oltre al capoluogo – 69 piccole frazioni che vanno a creare una fitta rete di borgate unite sotto un solo nome. Ciò che colpisce prima di ogni altra cosa, soprattutto per chi conosce le montagne dell’Appennino centrale, è la dominante verde che ricopre con fitti boschi tutto l’altopiano.

I Monti della Laga rappresentano infatti una peculiarità geomorfologica rispetto ai massicci circostanti: questa catena montuosa è formata perlopiù da rocce di arenaria e marna che – grazie alla loro ridotta permeabilità – impediscono all’acqua piovana di infiltrarsi nel sottosuolo.

Per questo motivo, dai pendii dei Monti della Laga scorrono innumerevoli ruscelli, torrenti e corsi d’acqua, alimentati da abbondanti piogge e da numerose sorgenti perenni, che sgorgano anche ad altezze elevate.

Un vero spettacolo che, sui versanti più ripidi, si trasforma in un tripudio di cascate e scivoli d’acqua quando comincia il disgelo nei primi periodi primaverili.

Tra le cime di queste montagne nasce il Tronto, fiume più lungo dell’area, che da Amatrice inizia la sua discesa verso Ascoli Piceno e l’Adriatico.

Il Lago di Scandarello è una meta irrinunciabile per gli appassionati di pesca perché ricco di pesci (Ph E. Ferri)

La terra delle acque non poteva non avere un proprio bacino: è il lago di Scandarello, nato nel 1924 in seguito all’edificazione di uno sbarramento artificiale. Il suo contorno curvilineo e sinuoso è lambito da prati e boschi di cerro mentre al suo interno nuotano indisturbati lucci, carpe, tinche, persici reali e siluri che in alcuni casi arrivano a pesare più di 50 kg.

Se si getta lo sguardo verso il basso dai monti che circondano la conca amatriciana, si possono ammirare le cerrete e i castagneti che ricoprono l’altopiano alle sue quote inferiori, mentre più in alto si sviluppano boschi di faggio.

Alberi monumentali come la Quercia di S. Angelo sono testimoni del tempo (Ph E. Ferri)

Queste aree boschive nascondono al proprio interno tanti piccoli tesori naturali che hanno le radici ben piantate su questo territorio: sono gli alberi secolari; cerri, castagni, larici, ciliegi e betulle, custodi pazienti di queste aree boschive da secoli e secoli.

Tra gli altri, il maestoso Cerro di Sant’Angelo è un esemplare che detiene il record nella sua specie, di albero più grande d’Italia. Alto più di 20 metri e inserito nella lista degli alberi monumentali d’Italia, è un robusto vecchietto che porta sulle proprie spalle oltre 600 anni di anzianità.

Una tale ricchezza vegetale non poteva che essere dimora ideale per gli animali della catena appenninica.

La varietà faunistica comprende gli abitanti più illustri del Parco: camosci appenninici, cervi, caprioli, cinghiali, oltre al predatore più celebre, il lupo appenninico. Non è raro poi veder volteggiare in aria numerose specie di falchi e altri rapaci di piccola taglia, mentre tra le praterie d’alta quota si nasconde la schiva Vipera di Ursini, una specie protetta che è stata decimata a causa dell’azione umana.

Fin dai tempi più antichi la presenza umana si è insediata sull’altopiano imparando a coglierne le risorse più preziose e sviluppando così una fiorente economia agricola e silvo-pastorale.

Le acque abbondanti e la ricchezza di pascoli crearono le condizioni ideali per l’allevamento delle greggi, che nei diversi periodi dell’anno si spostavano per il pascolo dai centri abitati alle quote più alte e viceversa.

La montagna si punteggiò così di numerosi “stazzi”, tipici insediamenti rurali edificati come punti di sosta nei pressi delle fonti d’acqua. La montagna era terra viva, attraversata dai sentieri su cui transitavano pastori e animali, viandanti e carbonai: i fitti boschi fornivano difatti abbondante legname che diventava carbone dopo una lunga lavorazione, e successivamente trasportato a valle sul dorso dei muli.

Correndo indietro nel tempo, la posizione strategica di Amatrice – a ridosso dello spartiacque che separa i corsi d’acqua diretti verso l’Adriatico da quelli che sfociano nel Tirreno – ne fece terra di transiti epici.

Sui fianchi dei suoi monti scorre il “Tracciolino di Annibale”, un percorso su cui si dice passò lo storico condottiero cartaginese nel suo avvicinamento a Roma.

Le tradizioni delle terre di Amatrice, dalla cucina all’artigianato, sono frutto di incontri millenari di uomini e donne, di chi è passato e di chi è rimasto, portando con sé un bagaglio di esperienze sempre più ricco.

L’Altopiano, che non ha mai ospitato grandi industrie, ha saputo tramandare nel tempo piccole produzioni artigianali frutto delle conoscenze contadine.

Dal 2016 c’è un’associazione che opera nel quotidiano per tramandare le conoscenze del patrimonio umano locale: è la Casa delle Donne di Amatrice e frazioni, un progetto nato per stimolare le attività delle donne che ad Amatrice sono rimaste anche dopo il terremoto del 2016.

Oggi l’associazione organizza laboratori dove è possibile toccare con mano le antiche lavorazioni della lana e del lino su telai originali, imparare l’arte manifatturiera della ceramica, apprendere le regole dell’apicoltura o dell’utilizzo delle erbe in cucina.

Assunta, la vicepresidente della Casa delle Donne, è l’artigiana esperta di tessitura. Lavora con l’antico telaio della nonna in una piccola bottega di Campotosto, a 15 chilometri da Amatrice.

Racconta che qui non c’è confine regionale che tenga: “nonostante Campotosto sia terra abruzzese, in provincia dell’Aquila, la tradizione tessile dei due borghi è la stessa, basata sulla filatura a mano e sulla successiva lavorazione a telaio”, ad ulteriore dimostrazione dei forti legami tra Amatrice e i borghi circostanti.

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Notizie utili

• Comune di Amatrice

Tel. 0746 83081
mail: uff.protocollo@comune.amatrice.rieti.it
sito web: www.comune.amatrice.rieti.it

 

• CAI Amatrice

Mobile 339 4731194
Presidente Franco Tanzi / Vice Presidente Catia Clementi
mail: sezione@caiamatrice.it
sito web: www.caiamatrice.it

 

• Pro Loco

Presidente, Adriana Franconi (Mobile 331 9717606)
Vicepresidente, Carmine Mondeforte (Mobile 338 8147346)
mail: info@prolocoamatrice.it

 

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