Sunset view of OIA town in Santorini, Greece. - Foto Getty Images/shan.shihan
“Il 12 settembre la Mrkrì Kameni era completamente in fiamme. Improvvisamente tre fulmini illuminarono l’orizzonte da un estremo all’altro. Poi la nuova isola venne completamente scossa, si agitò e dondolò di qua e di là. Un cratere affondò ed enormi rocce vennero scagliate ad una distanza di tre miglia. Seguirono quattro giorni di calma. Poi il castigo di Dio riprese vigorosamente. Le ripetute eruzioni erano così forti che due persone non si potevano sentire tra loro, anche gridando l’una accanto all’altra. La gente corse nelle chiese. La roccia di Skaros traballò e tutte le porte delle case si aprirono con fragore. Fino al febbraio del 1708 le eruzioni non ebbero sosta. La strada attraversa un paesaggio “infernale” di roccia nera e l’odore di zolfo diventa sempre più intenso man mano che ci avviciniamo alla “bocca” del vulcano (Ph Enrico Bottino) Il 10 febbraio il vulcano scoppiò. Intere montagne vennero scagliate dai crateri, l’isola tremava, sordi muggiti mozzavano il respiro, il mare bolliva. Ogni due minuti una nuova eruzione. Questo inferno continuò fino al 13 maggio. La nuova isola si allargava e si alzava ininterrottamente. Il grande cratere ingrandì ancor di più per la lava. In seguito il castigo di Dio si calmò”. Così il gesuita Tarillon, nel 1707, descrive gli eruttamenti al centro della Caldera e la comparsa, dove poco prima c’era il mare, delle isole Paleà e Nea Kameni. La genesi della madre delle Cicladi 1456 a.C. Le case pendevano di qua e di là come culle di neonati. Un terribile terremoto le agitava, tanto che parevano canne al vento. Il mare ribolliva, la terra tremava, lingue di fuoco solcavano il cielo. Nuvole nere e densi vapori di zolfo venivano impietosamente sputate dall’Egeo. Il sole sparì per giorni e giorni. Santorini è un’isola vulcanica, costituita da un ampio cratere sventrato in parte per un fenomeno sismico avvenuto in età preistorica e invaso successivamente dal mare (Ph Enrico Bottino) Un’ultima esplosione, la più violenta di tutte, quella del cratere, inghiottì miliardi di metri cubi d’acqua marina e con essa 84 chilometri quadrati di terra, fagocitata negli abissi incandescenti dell’Egeo. Di un’isola praticamente rotonda, Stronghylì (perché così si chiamava allora Santorini), con un diametro di 15 chilometri, non rimase che uno spezzone di terra annerita, a forma di mezza luna. La gente venne strappata al mondo dai fragori dei terremoti, soffocata dai gas tossici. Il boato si udì a miglia e miglia di distanza, dal Golfo Persico alle colonne d’Ercole, e immense montagne d’acqua corsero lungo il Mediterraneo centro-orientale per abbattersi come una scure sulle coste di Creta. Il maremoto segnò il tramonto della fiorente civiltà minoica, privata della sua flotta navale, terrorizzata da quella apocalisse, ormai mercé della ascesa di Micene. Quest’evento vulcanico sconvolgente venne assimilato alla catastrofe che colpì Atlantide e narrata da Platone, che poneva la mitica oltre le colonne d’Ercole, al di là del mondo conosciuto. Santorini, però, già faceva parte delle consapevolezze geografiche di Greci, Egizi, Fenici. Ieri e oggi 1456 a.C. Prima di allora Thera doveva essere un’isola bucolica, rigogliosa, graziata dalla natura, come rivela un misterioso affresco rinvenuto nel sito archeologico di Akrotiri, celato per secoli da cenere e pomice: porti, sfarzosi palazzi, verdi vallate ricche di papiri e palme, attraversate da fiumi, vi sono riprodotte. Tramonto da Oia (Ph Enrico Bottino) Una meraviglia del mondo dunque, dove si sviluppò una civiltà ben strutturata, colta, abile e con talento artistico. Oggi, a distanza di catastrofici terremoti e violente eruzioni, Calliste è tornata ad essere la più bella delle Cicladi. Firà-Mesa Ghialòs: è la caratteristica e storica strada che da Firà porta giù al vecchio porto di Santorini (Ph Enrico Bottino) Gli aggettivi nel descriverla si sprecano e il perché è facile scoprirlo girando a piedi le cittadine, candide come la neve, in vertiginoso equilibrio sul baratro della Caldera, che abbraccia quel vulcano simbolo di distruzione e di rinascita. L’itinerario: a precipizio sul mare si Santorini Anche il clima è idilliaco, grazie al meltemi, che accarezza le case imbiancate a calce, sbatacchia le persiane blu come il mare, scrolla le pergole di bouganville. Un vento fresco che allontana la sensazione di calura, inevitabile per un’isola solare, dove i raggi per gran parte dell’anno abbagliano le verande sospese tra il cielo e il mare, e le cromatiche cupole delle chiese (a centinaia!), che con le loro croci e le loro campane si stagliano su un mare blu come l’inchiostro. Colori tenui e delicati che suscitano sensazioni di armonia, calma, abbandono, ai quali fanno eco le spiagge nere e rosse del versante meridionale e, soprattutto, le rocce della Caldera, dalle forme dure e cupe, nate dal ribollire di lava vulcanica che poi si è rappresa e indurita. _ Leggi la descrizione dell’itinerario “a precipizio sul mare di Santorini” L’itinerario: Santorini al cuore del Vulcano Questa mezza luna rappresenta un abbraccio quasi inquietante per chi proviene dal mare, elevandosi per centinaia di metri su un abisso, blu come l’inchiostro, che le ancore delle navi nemmeno raggiungono. n alto, sull’orlo orientale dell’antico cratere, quest’arco, partorita 4000 anni fa, si ammansisce riconciliandosi con l’uomo, stabilitosi arditamente qui, a filo del precipizio, attratto da un paesaggio unico, quasi soprannaturale. _ Leggi la descrizione dell’itinerario “Santorini: al cuore del vulcano”
“Il 12 settembre la Mrkrì Kameni era completamente in fiamme. Improvvisamente tre fulmini illuminarono l’orizzonte da un estremo all’altro. Poi la nuova isola venne completamente scossa, si agitò e dondolò di qua e di là. Un cratere affondò ed enormi rocce vennero scagliate ad una distanza di tre miglia. Seguirono quattro giorni di calma. Poi il castigo di Dio riprese vigorosamente. Le ripetute eruzioni erano così forti che due persone non si potevano sentire tra loro, anche gridando l’una accanto all’altra. La gente corse nelle chiese. La roccia di Skaros traballò e tutte le porte delle case si aprirono con fragore. Fino al febbraio del 1708 le eruzioni non ebbero sosta.
“Il 12 settembre la Mrkrì Kameni era completamente in fiamme.
Improvvisamente tre fulmini illuminarono l’orizzonte da un estremo all’altro. Poi la nuova isola venne completamente scossa, si agitò e dondolò di qua e di là. Un cratere affondò ed enormi rocce vennero scagliate ad una distanza di tre miglia. Seguirono quattro giorni di calma.
Poi il castigo di Dio riprese vigorosamente. Le ripetute eruzioni erano così forti che due persone non si potevano sentire tra loro, anche gridando l’una accanto all’altra. La gente corse nelle chiese.
La roccia di Skaros traballò e tutte le porte delle case si aprirono con fragore. Fino al febbraio del 1708 le eruzioni non ebbero sosta.
Il 10 febbraio il vulcano scoppiò. Intere montagne vennero scagliate dai crateri, l’isola tremava, sordi muggiti mozzavano il respiro, il mare bolliva. Ogni due minuti una nuova eruzione. Questo inferno continuò fino al 13 maggio. La nuova isola si allargava e si alzava ininterrottamente. Il grande cratere ingrandì ancor di più per la lava. In seguito il castigo di Dio si calmò”.
Il 10 febbraio il vulcano scoppiò. Intere montagne vennero scagliate dai crateri, l’isola tremava, sordi muggiti mozzavano il respiro, il mare bolliva. Ogni due minuti una nuova eruzione.
Questo inferno continuò fino al 13 maggio. La nuova isola si allargava e si alzava ininterrottamente. Il grande cratere ingrandì ancor di più per la lava. In seguito il castigo di Dio si calmò”.
Così il gesuita Tarillon, nel 1707, descrive gli eruttamenti al centro della Caldera e la comparsa, dove poco prima c’era il mare, delle isole Paleà e Nea Kameni.
1456 a.C. Le case pendevano di qua e di là come culle di neonati.
Un terribile terremoto le agitava, tanto che parevano canne al vento. Il mare ribolliva, la terra tremava, lingue di fuoco solcavano il cielo. Nuvole nere e densi vapori di zolfo venivano impietosamente sputate dall’Egeo. Il sole sparì per giorni e giorni.
Un’ultima esplosione, la più violenta di tutte, quella del cratere, inghiottì miliardi di metri cubi d’acqua marina e con essa 84 chilometri quadrati di terra, fagocitata negli abissi incandescenti dell’Egeo.
Di un’isola praticamente rotonda, Stronghylì (perché così si chiamava allora Santorini), con un diametro di 15 chilometri, non rimase che uno spezzone di terra annerita, a forma di mezza luna. La gente venne strappata al mondo dai fragori dei terremoti, soffocata dai gas tossici.
Il boato si udì a miglia e miglia di distanza, dal Golfo Persico alle colonne d’Ercole, e immense montagne d’acqua corsero lungo il Mediterraneo centro-orientale per abbattersi come una scure sulle coste di Creta.
Il maremoto segnò il tramonto della fiorente civiltà minoica, privata della sua flotta navale, terrorizzata da quella apocalisse, ormai mercé della ascesa di Micene.
Quest’evento vulcanico sconvolgente venne assimilato alla catastrofe che colpì Atlantide e narrata da Platone, che poneva la mitica oltre le colonne d’Ercole, al di là del mondo conosciuto.
Santorini, però, già faceva parte delle consapevolezze geografiche di Greci, Egizi, Fenici.
1456 a.C. Prima di allora Thera doveva essere un’isola bucolica, rigogliosa, graziata dalla natura, come rivela un misterioso affresco rinvenuto nel sito archeologico di Akrotiri, celato per secoli da cenere e pomice: porti, sfarzosi palazzi, verdi vallate ricche di papiri e palme, attraversate da fiumi, vi sono riprodotte.
Una meraviglia del mondo dunque, dove si sviluppò una civiltà ben strutturata, colta, abile e con talento artistico.
Oggi, a distanza di catastrofici terremoti e violente eruzioni, Calliste è tornata ad essere la più bella delle Cicladi.
Gli aggettivi nel descriverla si sprecano e il perché è facile scoprirlo girando a piedi le cittadine, candide come la neve, in vertiginoso equilibrio sul baratro della Caldera, che abbraccia quel vulcano simbolo di distruzione e di rinascita.
Anche il clima è idilliaco, grazie al meltemi, che accarezza le case imbiancate a calce, sbatacchia le persiane blu come il mare, scrolla le pergole di bouganville.
Un vento fresco che allontana la sensazione di calura, inevitabile per un’isola solare, dove i raggi per gran parte dell’anno abbagliano le verande sospese tra il cielo e il mare, e le cromatiche cupole delle chiese (a centinaia!), che con le loro croci e le loro campane si stagliano su un mare blu come l’inchiostro.
Colori tenui e delicati che suscitano sensazioni di armonia, calma, abbandono, ai quali fanno eco le spiagge nere e rosse del versante meridionale e, soprattutto, le rocce della Caldera, dalle forme dure e cupe, nate dal ribollire di lava vulcanica che poi si è rappresa e indurita.
_ Leggi la descrizione dell’itinerario “a precipizio sul mare di Santorini”
Questa mezza luna rappresenta un abbraccio quasi inquietante per chi proviene dal mare, elevandosi per centinaia di metri su un abisso, blu come l’inchiostro, che le ancore delle navi nemmeno raggiungono.
n alto, sull’orlo orientale dell’antico cratere, quest’arco, partorita 4000 anni fa, si ammansisce riconciliandosi con l’uomo, stabilitosi arditamente qui, a filo del precipizio, attratto da un paesaggio unico, quasi soprannaturale.
_ Leggi la descrizione dell’itinerario “Santorini: al cuore del vulcano”