Sicilia patrimonio dell’Umanità: Etna, Pantalica, Palermo, Cefalù e Siracusa

19 marzo 2020 - 14:11

Prosegue il nostro viaggio, rigorosamente a piedi, tra i siti UNESCO Patrimonio dell’Umanità.

Questa settimana ci mettiamo in cammino per scoprire le bellezzedell’isola della Trinacria, in Sicilia

L’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto”. Fu questo il pensiero di Johann Wolfgang von Goethe, stregato dalle forme, dai colori e dai sapori dell’isola della Trinacria durante il suo primo viaggio in Italia.

Disegnò l’itinerario, narrò le tappe che la giovane aristocrazia europea avrebbe scoperto nell’Ottocento; grazie a lui la Sicilia divenne una tappa obbligata del “Grand Tour” e ancora oggi le pagine di “Viaggio in Italia” sono una delle migliori promozioni di una regione che rappresenta un raro esempio di contaminazione benevola di dottrine e culture di origine diversa: occidentali, arabe e bizantine.

Il nostro viaggio può iniziare dalla Sicilia occidentale attraverso un paradosso temporale, ossia dal 2 aprile 1787 quando uno dei più grandi letterati tedeschi sbarcò sulla costa settentrionale della Sicilia, a Palermo, la città arabo-normanna che nel 2015, insieme alla vicina Monreale e alla Cattedrale di SS. Salvatore di Cefalù, è stata riconosciuta 228 anni dopo Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.

Dalla mole della cattedrale normanna, insieme a nove meraviglie civili e religiose risalenti all’epoca del regno normanno di Sicilia (1130-1194), può iniziare il nostro viaggio in una regione in grado di proporre tutto l’anno soluzioni diverse e qualificate nell’ambito del turismo outdoor.

Ma anche la Sicilia orientale, eternamente baciata dal sole, si era posta al centro della letteratura italiana ed europea grazie al contributo di scrittori, quali Goethe – sempre lui – e De Amicis, innamorati dei colori e dei profumi di questo territorio, percepito in tutta la sua selvaggia bellezza a bordo delle carrozze della Circumetnea. Siamo così arrivati ai piedi del vulcano ha ormai imparato a convivere con questi fenomeni incontrollabili fatti di esplosioni, emissione di scorie incandescenti, ceneri e blocchi litici.

Anche l’Etna è stato riconosciuito Patrimonio dell’Umanità, anno 2013, l’immenso vulcano personificazione del soprannaturale per le civiltà che si sono succedute ai suoi piedi, dai Greci ai Latini, dai Cristiani ai Normanni, fino ai giorni nostri.

Questa settimana facciamo “il pieno” con la Sicilia grazie ad un altro sito UNESCO, riconosciuto nel 2005: Siracusa e le Necropoli Rupestri di Pantalica.

Siracusa e le necropoli rupestri di Pantalica

Anno di iscrizione: 2005

Pantalica e Siracusa sono la storia del Mediterraneo, la terra e il mare: i popoli della terra che abitavano la Sicilia e i popoli del mare, i Greci, che arrivati dalla costa si dimostrarono, come gli Spagnoli in America, più evoluti, più forti e quindi distruttori del passato per realizzare il futuro

La pietra, “timpa” in dialetto siciliano, è l’elemento comune del sito Patrimonio dell’Umanità “Siracusa e la Necropoli Rupestre di Pantalica”. Pietra perché il territorio della Sicilia sud-orientale è caratterizzato da una pietra bianca e facile a modellarsi da parte del vento, dell’acqua e dell’uomo; una pietra alla quale nei secoli i contadini hanno cercato di strappare la poca terra disponibile e che caratterizza tutto il paesaggio collinare che degrada verso il mare.

A Pantalica, la timpa, scolpita e scavata profondamente dall’acqua del fiume Anapo e del torrente Calcinara, è stata custode di migliaia di uomini sepolti al suo interno nella immensa necropoli, casa per i popoli bizantini che vi si rifugiarono per fuggire ai barbari e quadro su cui dipingere Cristo, santi e angeli nelle affascinanti chiese rupestri. A Siracusa invece la pietra è stata strumento per costruire templi, case, teatri ed anfiteatri nella splendida epoca greca, romana e bizantina in cui la città primeggiò nel mondo allora conosciuto per importanza e splendore.

Pantalica, figlia della roccia

La Necropoli di Pantalica che contiene più di 5.000 tombe (sec XIII e VII a.C.). Nella Necropoli rimangono dei ritrovamenti dell’epoca bizantina, così come i reperti dell’Anaktoron (Palazzo del Principe).

L’area di Pantalica è caratterizzata da un altopiano calcareo profondamente inciso dai canyon (definiti “cave” nel dialetto locale) scavati dal fiume Anapo e dal torrente Cava Grande. La presenza di formazioni carbonatiche attraversate e corrose dall’acqua per millenni ha permesso la nascita di numerose cavità carsiche, come la Grotta Trovato e la più grande Grotta dei Pipistrelli, che deve chiaramente il suo nome alle folte colonie di chirotteri viventi al suo interno.

La notevole diversità ambientale che caratterizza il territorio della Riserva rende possibile la presenza di un’incredibile moltitudine di specie animali e vegetali, alcune delle quali particolarmente rare e minacciate.

Tra queste, particolare rilevanza assumono alcune varietà endemiche dei monti Iblei, come l’ortica rupestre e l’Elicriso ibleo o le quasi trenta specie di orchidee presenti.

Non meno interessante risulta essere la fauna, ad iniziare dalla presenza della rara trota macrostigma, che costituisce una delle ragioni che portarono all’istituzione della Riserva Naturale Pantalica, Valle dell’Anapo e T. Cava Grande, trattandosi di una specie ittica molto esigente ed elusiva che l’escursionista avrà la fortuna di osservare se si avvicina con circospezione alle rive.

Molti i rettili presenti e tra questi alcuni rivestono un’importanza particolare come il colubro leopardino, dalla vistosa livrea a rombi rossi. Per andare alla scoperta degli innumerevoli aspetti storico-naturalistici dell’area basta percorrere uno dei numerosi sentieri che attraversano la Riserva.

Riserva di Pantalica tra natura e archeologia

Siracusa, adagiata sul mare

L’antica Siracusa rappresenta una testimonianza, unica nel suo genere, dello sviluppo della civilizzazione mediterranea. Per costruire “la più grande e bella città greca”, come la definì Cicerone, migliaia di schiavi e di sapienti artigiani strapparono alla terra immense quantità di timpa realizzando le enormi latomie ancora oggi visitabili nel cuore del centro abitato. La pietra in passato ha custodito al suo interno la prima e più importante comunità cristiana d’Europa, fondata direttamente da San Paolo, che a Siracusa come altrove per difendersi dalle persecuzioni romane si rifugiava nelle catacombe, seconde per estensione solo a quelle di Roma.

Quella stessa pietra bianca e morbida nel periodo barocco è stata utilizzata per realizzare splendide chiese e palazzi, che si sono spesso sovrapposti ai luoghi sacri più antichi, come la cattedrale costruita sul tempio di Athena, di cui conserva ancora alcune mura e colonne. La maestria di centinaia di artigiani e artisti esperti ha consentito di realizzare il meraviglioso giardino di pietra incastonato nel mare che è l’isola di Ortigia, cuore storico e vivissimo della città.

Siracusa oggi rappresenta un’immersione unica nello spirito del Sud Italia e nella storia della Sicilia in particolare, e può essere considerata senza ombra di dubbio una delle perle più preziose del Mediterraneo: passeggiare a Siracusa è l’idillio dell’appassionato di archeologia, ma anche il godimento di chi vuole respirare la più pura aria della Sicilia, dove tutto sa di antico, sacro e lontano.

Nel centro storico ogni elemento svela la sua storia: gli odori ed i sapori della cucina ci narrano di greci, romani, bizantini, ebrei, arabi, normanni, spagnoli e francesi, così come le voci del dialetto, i modi di fare, le abitudini della gente.

Ogni pietra in quella che fu capitale dell’Impero bizantino ci racconta dei 3000 anni di un popolo che in quell’isola ha avuto il suo cuore pulsante.

Così come l’altro simbolo di Siracusa, il papiro, che cresce rigoglioso ovunque e venne utilizzato per secoli per la produzione di carta molto pregiata, ci parla del fascino dell’Egitto durante il periodo ellenico e della dominazione araba.

Il primo nucleo dell’antica Siracusa venne fondato dai coloni greci arrivati da Corinto nell’VIII secolo a.C. Sul suolo di questa città rimangono i resti del Tempio di Atena (sec. V a.C.), in seguito convertito a cattedrale.

Rimangono inoltre i resti di un teatro greco, un anfiteatro romano e molte altre costruzioni. Queste testimonianze attestano la turbolenta storia della Sicilia dalla dominazione dei bizantini a quella dei Borboni, passando attraverso l’egemonia araba, normanna, di Federico II (Hohenstaufen, 1197-1250) e da quella degli Aragonesi.

Bene protetto dall’UNESCO – SIRACUSA (Ph Enrico Bottino)

Etna: il respiro della terra

Anno di iscrizione: 2013
Area di riconoscimento UNESCO: 19.237 ha
Area tampone: 26.220 ha

Il sito Patrimonio dell’Umanità riguarda la parte più alta del vulcano più attivo al mondo. L’attività eruttiva, testimoniata dai numerosi coni avventizi che come tante piaghe si sono aperti attorno all’Etna grazie a eruzioni susseguitesi nei millenni, continua ad influenzare la vulcanologia, la geofisica e altre discipline della scienza della Terra.

La gente che vive ai piedi del vulcano ha ormai imparato a convivere con questi fenomeni incontrollabili fatti di esplosioni, emissione di scorie incandescenti, ceneri e blocchi litici. Viaggiare sulla littorina della Circumetnea durante uno di questi spettacoli, dove l’Etna decide di mostrare tutta la sua potenza, diventa un’esperienza davvero affascinante e indimenticabile.

L’Etna ogni anno attira studiosi di tutto il mondo che cercano di comprendere gli imprevedibili capricci della montagna più famosa della Sicilia e del Mediterraneo.

In un paesaggio bizzarro ed eternamente baciato dal sole, si susseguono a varie quote associazioni arboree e floreali particolarmente ricche e varie, dalle macchie e garighe alle foreste di leccio e querce, dall’areale del pino laricio agli habitat estremi sopra i 2000 metri, dove pietra scura e sabbia grigia sembrano gli elementi dominanti del paesaggio etneo.

In realtà le pendici del grande cratere sono in grado di regalare molto di più del solo paesaggio “lunare”: durante una escursione è possibile scoprire inconsueti cuscini floreali di spino santo, l’Astragalus siculus, saldamente ancorati al suolo per colonizzare il nero deserto fatto di ceneri e lapilli.

Grazie all’esteso apparato radicale questa pianta pioniera riesce a rendere più coerente il terreno lavico, offrendo rifugio sicuro ad altre e più delicate specie, alcune delle quali endemiche dell’Etna: la viola dell’Etna (Viola aethnensis), il Centograni Ethense e la bellissima saponaria (Saponaria sicula), simbolo del parco.

Qui la vegetazione è assolutamente unica e in condizioni ambientali davvero estreme, quando meno te lo aspetti, a quote superiori ai 2500 metri si possono ammirare piante endemiche esclusive come il senecio (Senecio aethenensis), il romice (Rumex aethnensis), l’antemide (Anthemis aetnensis) e la robertia (Robertia taraxacoides). Siamo al limite possibile della vita.

Queste “pioniere d’altitudine” sono il risultato di una strenua selezione tra le specie vegetali che colonizzavano le alte pendici etnee, e se pensiamo ai venti impetuosi e alle eruzioni vulcaniche possiamo affermare che si tratta ancora una volta del miracolo evoluzionistico della natura.

La valle del Bove

Sotto al vulcano

Lo scorrimento del magma non è un fenomeno esclusivamente di superficie.

Profondi canali coperti da pareti laviche, soggette a crolli e successivo consolidamento, responsabili di un’attività mai sopita, hanno determinato la formazione di circa 250 grotte: la più famosa è quella del Gelo che nel suo ventre nascosto conserva l’unico nevaio perenne dell’Etna.

Questi ambienti sotterranei hanno rivestito un fondamentale ruolo per la sopravvivenza delle popolazioni che si sono succedute nell’area etnea: prima spazi adibiti a dimora, culto o sepoltura dagli uomini che negli antri cercavano luoghi per vivere, poi rifugi per gli esploratori che si avventuravano lungo le pendici del vulcano e, infine, “nivere” dove accumulare la neve e conservare l’acqua per i villaggi e i pastori.

Alcune caverne sono oggetto di studio da parte degli speleologi, oppure meta di escursioni in compagnia di guide esperte, e ancora aule didattiche per gli alunni delle scuole che visitandole scoprono le antiche tradizioni del luogo.

La Grotta del Gelo

Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale

Anno di iscrizione: 2015
Area di riconoscimento UNESCO: 6,235 ha
Area tampone: 483,008 ha

Palermo

Situata sulla costa settentrionale della Sicilia, Palermo arabo-normanna comprende una serie di nove strutture civili e religiose risalenti all’epoca del regno normanno di Sicilia (1130-1194): due palazzi, tre chiese, una cattedrale, un ponte, come bene come le cattedrali di Cefalù e Monreale.

Collettivamente, sono un esempio di sincretismo socio-culturale tra culture occidentali, islamiche e bizantine sull’isola che hanno dato origine a nuovi concetti di spazio, struttura e decorazione.

Portano anche testimonianza della feconda convivenza di persone di diverse origini e religioni (musulmani, bizantini, latini, ebrei, lombardi e francesi).

Trekking in città: Palermo sotterranea

L’interno della Cattedrale di Cefalù è impreziosito da vicaci mosaici, in particolare quelli del Cristo Pantocratore, nella parte alta del catino absiale (Ph Enrico Bottino).

Cefalù, il gusto del bello

Anche a Cefalù senza dubbio c’è profumo di storia.

E il tempo gli ha consegnato uno stupendo monumento normanno: la Cattedrale del SS. Salvatore (1131 d.C.), una delle più imponenti architetture religiose della Sicilia, incantevole nel tardo pomeriggio quando i morbidi raggi di sole ne accarezzano la facciata, oppure di notte grazie ad una sapiente illuminazione artificiale.

Simbolo della riconquistata Cristianità, Ruggero II volle la Cattedrale ad onore e gloria del SS. Salvatore, nel luogo che lo vide sopravissuto a una terribile tempesta nel suo viaggio di ritorno da Napoli. La facciata del Duomo guarda direttamente il mare, quasi volesse proteggere più da vicino la popolazione al sopraggiungere silenzioso dei predoni saraceni.

Trekking in città: Cefalù

 

Testi di Enrico Bottino, Giovanni Amato, Antonio Scrofani, Vincenzo Romano